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mercoledì 27 agosto 2014

L’ALMANACCO DEL BUON PAGANO NEL MESE AUGUSTANO – A.D. VI KAL. SEPT. (27 agosto)




ANTE DIEM SEXTUM KALENDAS SEPTEMBRES

DIES NEFASTUS PRIORE (giorno nefasto solo nella prima parte della giornata, fasto dopo mezzogiorno).

OGGI IUPPITER SARA’…
Velatus priore, serenus posteriore

SI RICORDA IN QUESTO GIORNO
VOLTURNALIA – Festa in onore del dio Volturno, Vulturnus, padre della ninfa Giuturna, Iuturna, patrona della sorgente che alimentava il lacus Iuturnae, nel Foro.

413 a.C. – gli strateghi atenieri Nicia e Demostere decidino di lasciare l’assedio di Siracusa: la spedizione ateniese va verso il disastro.

I MORTI DEL GIORNO
1394 d.C. – muore Chokei Tenno, discendente della dea Amaterasu e imperatore del Giappone

IL NUMEN DEL GIORNO: ATTIS
Attis è un antico dio Frigio: è il paredro della Grande Madre di Pessinunte (Cibele), il servitore eunuco che guida il carro della dea, e il suo culto seguì l’espansione di quello della Dea, arrivando a Roma nel 204 a.C. per disposizione dei Libri Sibillini; il suo culto è associato ad altri riti di fertilità come quelli in onore di Adone.
La sua nascita è alquanto complessa: si narra che Zeus voleva accoppiarsi con la Grande Madre sul Monte Agdos, ma lei lo respinse; parte dello sperma cadde su una pietra, la ingravidò e ne nacque il demone bisessuale Agdistis.
Questi era tanto forte, potente e oltraggioso che gli dei decisero di punirlo: Dioniso gli portò in dono del vino e lo accompagnò a bere in cima a un grande albero di melograno (o di mandorlo, a seconda delle versioni), finché Agdistis si addormentò ubriaco in bilico su un ramo. Con una cordicella Dioniso gli legò i genitali al ramo e, sceso in terra, scosse l'albero con tutta la sua forza. Nel brusco risveglio il demone precipitò, strappandosi di netto i genitali: così Agdistis morì dissanguato, mentre il suo sangue bagnava il melograno e lo faceva rifiorire rigoglioso e carico di succosi frutti.
Da quelle parti passava Nana, figlia del fiume Sangarios, colse un frutto dall’albero e rimase incinta; nacque così Attis, che il nonno espose sulle montagne, ma fu allevato dalle capre e poté sopravvivere (in frigio “capra” si dice “attagos”, da qui il nome del dio).
A questo punto il mito si sviluppa secondo due varianti principali: secondo la prima, Attis divenne il grande amore di Cibele, che suonava la lira per lui, e lo teneva perennemente occupato negli amplessi. Ma, ingrato, Attis volle abbandonare quelle gioie e fuggì per vagare sulla terra alla ricerca di un'altra donna, ignorando che Cibele lo sorvegliava dall'alto sul suo carro trainato da leoni. Accadde che Attis giacque con una mortale sotto le fronde di un alto pino, convinto che esse potessero nasconderlo agli occhi della dea: ma lei si rivelò, e vistosi scoperto, Attis fu assalito da un rimorso tormentoso e implacabile, finché all'ombra del pino si evirò e morì.
Secondo l’altra variante, il giovane Attis, cresciuto, si recò a Pessinunte per sposare la figlia del re Mida (sì, quello dal tocco dorante). Ma Agdistis, che evidentemente non era morto, era in agguato: innamorato del giovane, al matrimonio fece impazzire tutti gli invitati e anche Attis, che in delirio si tagliò i genitali sotto un pino; dal suo sangue nacquero le viole mammole. Cibele, vendendolo così bello, ottenne che il suo corpo divenisse incorruttibile.
Sia quale sia la versione, la morte e resurrezione di Attis furono viste come simbolo del ciclo vegetativo della primavera, e il culto progressivamente acquistò una connotazione misterica e soteriologica.
In suo onore, i sacerdoti del suo culto, detti Galli (o Galloi) si castravano; le feste più importanti a Roma cadevano durante l’equinozio di Primavera, ed erano dette Megalesia.


La strana nascita di Agdistis ricorda quella di Erittonio da Efesto e dalla Madre Terra: è da appurare se i due miti abbiano un’origine comune, o l’uno sia l’origine dell’altro.

La leggenda della castrazione di Agdistis si ritrova pressoché uguale nelle sue linee anche in una variante non biblica della storia di Noè: ne parleremo quando (e se) riprenderemo le chiacchierate sul Diluvio interrotte QUI.

Secondo Esiodo anche Afrodite (così come le Erinni, i Giganti e le Ninfe Melie) nacque dal sangue derivante da una castrazione: quella di Urano.

Di esseri nati da una pietra ce ne siamo occupati QUI e QUI .

La strana gravidanza di Nana ricorda in un certo senso quella dell’interessantissima Storia dei Due Fratelli egizia, che un giorno vi racconteremo.

Anche Zeus fu allevato dalla capra Amaltea. L’equivalente frigio di Zeus era chiamato Sabazio (anche se in alcuni tratti del suo mito ricordano piuttosto Zagreo\Dioniso)

L'"ago di Cibele", la pietra nera (forse di origine meteorica) portata da Pessinunte a Roma ha grande rilevanza nelle vicende del romanzo Anno 1000.

IL DETTO
Heus! Etiam mensas consumimus (Accidenti! Stiamo mangiando anche le mense!)
L’Eneide riporta diverse profezie sul viaggio di Enea e sul futuro di Roma che da lui nascerà. Una di queste fu una profezia\maledizione lanciata dalle Arpie: i Troiani avrebbero finalmente trovato la terra a loro assegnata dagli dei solo il giorno che, per sfamarsi, sarebbero stati costretti a divorare anche le mense.
Nel settimo libro del poema Virgilio narra che i Troiani approdarono infine alle rive del Tevere. Qui, stanchi ed affamati, posero il poco cibo rimasto su sottili focacce: dopo aver mangiato il cibo, si mangiarono anche le focacce; al che Ascanio\Iulo esclamò: “Heus! Etiam mensas consumimus!” (Eneide VII, 116). Al che Enea capì di essere finalmente arrivato al termine del suo lungo viaggio.

COLTIVARE CON GLI ANTICHI

Ma col tredici del mese che inizia guardati
dal porre mano alla semina; ottimo è invece piantare.
Il sesto dal mezzo del mese è dannoso alle piante,
ma è buono a far nascere maschi; è dannoso invece alle femmine,
e per nascere e per il matrimonio.

(Esiodo, Opere e Giorni)

TRE RIGHE, UN LIBRO
O. Muck, I segreti di Atlantide, SIAD, 1979
Uno dei capisaldi della reinterpretazione evemeristica del mito di Atlantide, una delle fondamenta dell’Atlantide storica, al centro dell’Oceano, distrutta dalla cosiddetta Cometa della Carolina dodicimila anni fa. Un libro che, a differenza di molti suoi epigoni, si fa leggere con piacere.

IL REGALO DEL GIORNO
Acipensis (Lo storione)

Mandate lo storione alle mense del Palatino:
doni rari ornino le mense ricche d’ambrosia.

(Marziale, Xenia, XCI)

LA RICETTA DEL GIORNO (a cura di Gavio Apicio)
Ut carnem salsam dulcem facias (Per rendere dolce la carne salata)
Renderai dolce la carne salata, se prima la cuocerai nel latte e dopo nell’acqua.
 (De Re Coquinaria, I, VIII)

IL CONSIGLIO DEL GIORNO

Tutto vince il lavoro assiduo, e la necessità sprona nei momenti difficili.

(Virgilio, Georgiche, I, 145-146)


 NB: immagini, video e traduzioni non mi appartengono e sono qui solo a corredo di un divertissement. Questo blog non ha fini di lucro.

giovedì 23 maggio 2013

I Sette a Tebe 5 - Partenopeo


Partenopeo, figlio di Atalanta, contro la porta di Borea.
Lo affronterà Attore, uomo schivo di vuote vanterie.
Ma la sua mano sa quel che deve fare, e Tebe resisterà.


Ora ti parlo del quinto,
che ha schierato le sue truppe alla porta di Borea,
vicino alla tomba del figlio di Zeus, Anfíone.
Giura per la sua lancia, in cui confida, e che onora piú del Dio, e piú delle sue pupille,
che distruggerà la rocca dei Cadmei,
a dispetto di Zeus. Cosí grida
questo germoglio di una madre venuta dai monti,
uomo e fanciullo, viso di fanciullo, e appena
sulle sue gote cresce la lanugine:
germina fitta, perché il sevo dell'età la spinge. Il suo nome è da ragazza; ma egli,
con animo crudele, truce sguardo, sta
contro la porta, e non è immune da vanterie.
Sopra lo scudo rotondo, bronzea
difesa del corpo, agita l'infamia di Tebe, la carnivora Sfinge,
inchiavardata in saldi chiodi,
lucida figura impressa a sbalzo;
e fra gli artigli serra
un uomo di Tebe, perché su lui le frecce
piombino più fitte.
E non farà un piccolo mercato della guerra,
e non vorrà aver percorso invano una così lunga strada,
Partenopeo d'Arcadia. E' ospite della città d'Argo,
e farà pagare un lauto scotto: scaglia minacce contro di noi.
Oh Dei! Fate che non s'avverino!
(Da I Sette a Tebe di Eschilo, mia riduzione e adattamento)

Notula
L'Arcade Partenopeo era figlio di Atalanta e Ippomene (o Melanione), per i quali vedi QUI le strane circostanze di nozze alla frutta (ma non con fichi secchi).
Ospite del re di Argo, partecipa alla guerra, unico dei capi a non venire dall'Argolide o a non essere genero di Adrasto.


NB: L'immagine non mi appartiene, questo blog non ha fini di lucro

venerdì 27 agosto 2010

MIGRANTI - Argo e le Danaidi 2


Un pretendente al trono che torna da lontano. Per di più con 50 figlie a carico. E con una fretta maledetta di stanziarsi in città per resistere al bellicoso arrivo di 50 nipoti, figli del fratello. Ecco in sintesi la storia di Danao e delle sue figlie fino ad ora.
La storia di un "immigrato di ritorno" (anche se, forse, le sue ascendenze erano quanto meno dubbie) che, da buon eroe culturale, porta innnovazioni e nuovi culti in Grecia, ma ha il problema di far sposare le figlie con la popolazione locale.
Da lui avrà origine la nobiltà greca che così si trovò ad essere discendente di, appunto, un emigrato, delle autrici di una strage di massa e di un gruppo di corridori.
Ma vediamo come andò.

Abbiamo detto che, grazie al presagio del lupo che attacca una mandria argiva, Danao diventa re di Argo. In ringraziamento, l'egizio fonda un santuario di Apollo Licio (Apollo del Lupo), e poi aspetta. Perché il nuovo re è sicuro che i figli del fratello Egitto lo stiano inseguendo, ed è sicuro che, da buoni generi, una volta sposate le figlie, uccideranno il suocero e gli prenderanno il trono.
Ma Argo non da molte garanzie in caso di guerra: infatti è priva di acqua, e tutti possono immaginare quanto questo sia importante in una città assediata nella calda estate greca. Si dice che la piana fosse stata maledetta da Poseidone, che ritirò tutte le acque dall'Argolide perché la città preferì dichiarare suo nume protettore Era piuttosto che lo "Scuotitore di terra".
Così Danao manda in giro le sue figlie (straniere) a cercare ciò che i locali non hanno trovato: una sorgente.
Mentre vagava da sola, Amimone, una delle Danaidi, fu aggredita da un satiro che le voleva usare violenza: ma alle grida della ragazza apparve Poseidone stesso, che respinse il satiro scagliandogli contro il suo tridente. Il tridente mancò il colpo e si conficcò nella roccia, ma il satiro fuggì.
A questo punto Poseidone violentò (o sedusse, la confusione su quanto accade tra giovani anciulle umane e gli dei è d'obbligo!) Amimone, e poi le concesse di estrarre il tridente: dalla roccia sgorgò la Fonte di Amimone, che diede origine al fiume (e alla palude) di Lerna.

E il giorno tanto temuto giunse: da una nave sbarcarono 50 giovani, i figli di Egitto. Volevano ciò che avevano chiesto tempo prima: sposare una Danaide per ciascuno. In questo mito (ma anche in tanti altri) l'ereditarietà del trono sembra proprio andare per linea femminile...
Forse Egitto non si sente sicuro del suo diritto al trono, e quindi vuole l'unione tra i suoi figli e le figlie del fratello per togliere ogni dubbio. Qualche malizioso autore suppose che l'intenzione dei 50 baldi giovani fosse quella di uccidere le donne (e lo zio\suocero) dopo la prima notte di nozze.
Danao sospetta che, a prescindere dal destino delle figlie, lui comunque sarà presto eliminato. Quindi rifiuta, e i suoi bellicosi nipoti asssediano Argo.
Benchè le Danaidi si ingegnino ancora una volta, scavando pozzi (di cui almeno quatto sacri), alla fine la città deve arrendersi per sete, e Danao cede alle richieste dei figli di Egitto.

Così vengono celebrati i 50 matrimoni, con criteri di scelta degli sposi alquanto singolari: a volte una Danaide era destinata a un figlio di Egitto perché le rispettive madri avevano lo stesso rango, altre volte perché il nome di un'altra era simile a quello del futuro sposo: nei casi più "disperati" si dovette ricorrere alla sorte, con estrazione dei nomi da un elmo.
Durante la festa nuziale, però, il diffidente \ previdente padre consegnò a ciascuna figlia uno spillone da capelli: il singolare dono di nozze doveva servire a colpire a morte lo sposo non appena si fosse addormentato in seguito alle fatiche della prima notte.
Così 49 Danaidi nella notte obbedirono al padre e a mezzanotte uccisero i mariti. Solo Ipermestra risparmiò il marito Linceo: questi aveva rispettato la sua verginità, e la sposa, riconoscente, chiese consiglio alla dea (vergine e cacciatrice) Artemide. Su suggerimento divino, Linceo fuggì a sessanta stadi dalla città, in un luogo chiamato... Lincea (è dubbio se il nome ci fosse prima o dopo la sua fuga), dove, in mancanza di cellulare, accese una fiaccola per segnalare alla sposa che era arrivato sano e salvo.

Danao mise sotto processo Ipermestra per disubbidienza, ma il tribunale la assolse, sostenendo che la fedeltà coniugale prevaleva sull'obbedienza agli ordini del padre. Così Linceo potè rientrare ad Argo, ed essere riconosciuto erede al trono. Atena ed Ermes, con l'approvazione di padre Zeus, purificarono le fanciulle dal delitto, con l'acqua della Palude di Lerna.
Le teste dei figli di Egitto uccisi furono sepolte a Lerna, e i corpi ad Argo. Quando Egtto, tempo dopo, giunse in Grecia, alla notizia della fine di figli si rifugiò ad Aroe, dove morì.

Danao ora, da buon padre, aveva però il problema di "sistemare" le figlie. Bandì così una gara di corsa tra i pretendenti: chi fosse arrivato primo avrebbe il diritto di prima scelta tra le fanciulle, il secondo il diritto di seconda scelta e così via fino al quarantanovesimo classificato. Solo che i contendenti furono ben meno di 49! E a buona ragione: il premio erano le nozze con donne nobili sì, ma che erano
a) straniere
b) omicide
c) magari anche pazze e disposte a ripetere l'exploit dello spillone con i nuovi mariti...
Così solo pochi presero il rischio. Ma la prima notte delle (seconde) nozze andò bene, ovvero senza nessun nuovo morto. Così il padre replicò la corsa e stavolta il successo fu garantito: tutte le Danaidi trovarono marito.
I discendenti di queste nozze furono chiamati Danai, nome che si estese a tutti i nobili dell'Ellade dell'età eroica, che in vari modi si imparentarono con loro.
Così i Greci si poterono dire a buon titolo discendenti di un immigrato, di corridori e di un gruppo di omicide!

Lieto fine, dunque?
Beh, proprio no. Anche se le sue intenzioni non fossero state queste fin dall'inizio, ben presto Linceo uccise il suocero. Pare avrebbe voluto fare lo stesso con le cognate ma gli Argivi (dobbiamo immaginare d'accordo con i nuovi mariti delle Danaidi) glielo impedirono.
Quanto alle Danaidi, una volta defunte ebbero sorti diverse: Ipermestra fu premiata per la sua fedeltà al marito, le altre furono condannate e dai Giudici dei Morti (altri discendenti di immigrati...) a raccogliere in eterno da un fiume infernale dell'acqua... con degli orci bucherellati come setacci.
La loro punizione era, dunque, eterna.

Alcune piccole note...
Secondo altri mitografi non fu solo Ipermestra (o Ipermnestra) a risparmiare lo sposo, ma anche la sorella Amimone. In effetti, secondo alcune fonti, la condanna delle Danaidi colpisce solo 48 sorelle (Ipermestra e Amimone non sono condannate dai Giudici dei Morti).
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che Amimone ebbe un figlio da Poseidone, e ciò potrebbe essere bastato per avere l'esenzione dalla pena.
Ma si sopetta che "Amimone", ovvero "senza colpa" sia solo un soprannome, e che quindi la Danaide che risparmiò il marito alla fin fine sia stata proprio e solo Amimone\Ipermestra...

Gli Argivi celebravano diversi riti legati a questa vicenda: a Lincea celebravano una festa annuale con l'accensione di vari falò per ricordare la fuga di Linceo; celebravano altresì la cosiddetta Gara Imenea (Imeneo, figlio di Apollo e di una Musa, o di Dionso e Afrodite presideva alle nozze) per commemorare le due gare che portarono alle nuove nozze delle Danaidi.

Si narra che le Danaidi importarono i Misteri di Demetra dall'Egitto, le Tesmoforie: esse furono celebrate ad Argo fino al ritorno dei Dori. Dopo allora questi Misteri sopravvissero in Acadia.

Poseidone era stato sconfitto nella competizione per il "patrocinio" di Argo: lui e la sorella Era si contendevano questa terra, ma il fiume Inaco (l'antenato di Danao secondo la versione "greca" delle origini), e in suoi fratelli fiumi Cefiso e Asterione preferirono la dea. Il dio delle acque e dei terremoti non la prese bene, come abbiamo detto.

La vicenda del patrocinio di Argo non fu il solo caso da cui Poseidone uscì sconfitto: l'Attica gli preferì Atena; Nasso andò a Dioniso; Egina a Zeus; l'acropoli di Corinto toccò ad Elio. Poseidone ottenne solo l'Istmo di Corinto e metà di Trezene (l'altra metà toccò ad Atena... e il mito di Teseo riprende questo doppio protettorato).
A quanto pare l'unica terra che ottenne senza problemi fu Atlantide... che infatti si riprese con terremoti e inondazioni a casua dell'empietà dei suoi abitanti. Sempre che Platone non abbia inventato tutto!

Da Amimone e Poseidone nacque Nauplio il vecchio, che fu un grande navigatore: fu infatti il primo ad orientarsi sulla Grande Orsa e fondò il porto di Nauplia. Egli fu il nonno del Nauplio (II) che fu padre di Palamede e portatore di tante sventure (specie marittime) agli eroi di ritorno da Troia.

Secondo alcuni la vicenda di Amimone precede la presa di potere su Argo.

E' indubbio che tutta la storia delle Danaidi si lega al concetto dell'acqua che manca: arrivano dal mare; cercano una fonte e sono la causa del fiume e della Palude di Lerna (di cui la mostruosa Idra fu l'emblema); una di loro ha rapporti con Posedione, dio delle acque, e ne nasce un figlio navigatore e fondatore del porto di Argo; scavano pozzi; per l'eternità sono constrette a cercare di trasportare dell'acqua...

La storia di Danao ed Egitto si inserisce in una sequela di lotta tra fratelli o parenti che proseguirà e sarà tipica della famiglia: saranno rivali i nipoti di Linceo (Acrisio e Preto) e lo saranno Eracle ed Euristeo (cugini).

La gara per ottenere una donna nobile (spesso la figlia del re) in matrimonio si ritrova in vari miti: in quello di Enomao e Pelope, di Eurito ed Eracle, nella gara per la mano di Atalanta. Nella storia di Ulisse e Icario abbiamo una variante (la "fuitina" degli sposi), e se vogliamo in questo campo rientra anche la sfida proposta da Penelope ai Proci, con la gara dell'arco.
Leggermente diverso è il caso di Pelia ed Admeto, dove lo sposo dovette aggiogare al carro delle fiere per ottenere le nozze.
E' da ricordare come, nel caso di Enomao e di Eurito, queste gare sfociarono con la morte del vecchio re.
Il mito di Danao è una variante: Linceo non partecipa alla gara ma uccide comunque il suocero.

L'uccisione del vecchio re da pare del nuovo re\paredro della donna che garantiva la regalità ha quindi due varianti: da un lato l'uccisione è fatta dal genero, dall'altra è il figlio o il nipote. Quando l'uccisione nasce da una rivalità sucoero\genero, la premeditazione è spesso dichiarata (vedi il mito di Pelope); quando risale alla parentela diretta, il mitografo "addolcisce" la vicenda e inserisce un elemento di fatalità per cui l'uccisore non riconosce l'ucciso.
Anzi, spesso, il futuro omicida sta cercando la futura vittima per riconciliarsi con lui. Così accade nel mito di Perseo e Acrisio (nipote e nonno), in quello di Telegono e Ulisse (figlio e padre), di Altemene e Catreo (figlio e padre)... Edipo uccide il padre Laio non sapendo chi ha di fronte.

Un'ennesima variante è quella del mito di Egeo e Teseo: il figlio è la causa indiretta della morte del padre (suicida).

Il numero di figlie di Danao (e di figli di Egitto) è convenzionale: 50 sono i Tespiadi figli di Eracle, 50 l'insieme di figli e figlie di Priamo, 50 sono le Nereidi (che però talvolta arrivano fino a 100, ovvero 50+50).
Secondo Graves (I miti Greci, 60.3) 50 era il numero delle sacerdotesse della Luna, riunite in collegio e incaricate di far piovere nel paese con riti magici.

L'idea che i figli di Egitto intendessero sposare le figlie di Danao e poi uccidere il suocero rientra nella logica che vede il re\sposo della dea, ormai vecchio, venisse sostituito e ucciso dal nuovo re\nuovo sposo della sacerdotessa rappresentante la dea, in modo da avere sempre un sovrano "vigoroso" e fertile che garantisse in questo modo la fertilità del suolo.
Il fatto che Danao anticipasse i generi, lo mette nella stirpe di Caino: secondo alcuni Caino non era più malvagio di Abele, ma solo più veloce, e uccise il fratello prima che questi potesse fare lo stesso con lui!

Come abbiamo accennato, la radice dei "migranti" Danao\Danaidi si può collegare a quella della celtica Dea Danu, da cui discesero i Tuatha dè Dannan, le popolazioni divine che invasero l'Irlanda nell'età mitica. Altri immigrati...

giovedì 15 ottobre 2009

MITOLOGIA COMPARATA - Fiori di melo, tempo di spose... again!

I casi fortunati capitano, specie se la mente vacilla e la memoria non è più quella di una volta. Così accade che pensavo di aver trovato, e postato a Voi, vaste masse, tutti gli episodi mitici che collegavano delle mele, spesso d'oro, ai matrimoni di dei o eroi. Tutti i riferimenti contenuti nei libri letti (non su Internet, orrore per i bardi!) durante la mia carriera di onesto appassionato di mitologia.

E invece basta una connessione che non vuole arrivare, un libro lasciato sulla scrivania accanto al pc, sfogliare a caso... Il libro è quello di Brian Branston, intitolato "Gli dei del Nord", che spesso è stato ri-consultato e usato nei post dedicati ai miti norreni. La pagina è la 276, il capoverso il quarto. Non cercavo certo il mito delle nozze di Frey, che ricordavo solo per la spada data come dote (o forse no). Eppure una rapida lettura ed ecco la sorpresa: un nuovo episodio, letto oltre quindici anni fa e finito nei remoti meandri della mente, chissà se divorato dai Langolieri del cervello, che riemerge, e ancora una volta, ci dà un segnale del legame tra mele e nozze!

La storia in breve: Frey è figlio di Njordhr, di cui abbiamo parlato più volte. Frey è il giovane campione dei Vanir, ma in quel momento si trova ad Asgard, non è chiaro se prima o dopo che la guerra in cielo portò lui, il padre Njordhr e la sorella Freya a vivere definitivamente assieme agli Aesir, come pegno della pace tra i due popoli divini dopo quel conflitto. Sta di fatto che Frey riesce a salire sull'Alto Seggio di Odino, Hlidhskjalf, e da lì osserva tutto il mondo. La sua attenzione viene attirata dalla luce emessa da Gerdhr, figlia del gigante Gymir, e subito se ne innamora. Ma l'unione tra i due non poteva essere approvata né dai Giganti, né tantomeno da Aesir e Vanir (e neppure dagli elfi, ci specifica lo Skìrnirsmàl, opera della prima metà del X secolo).

Frey deperisce e si chiede in una muta malinconia, finché il padre gli manda Skìrnir, un amico d'infanzia del figlio: a lui Frey racconta la sua infelice passione e gli chiede di fare da intermediario, rintracciare la donna e portargliela, anche se il padre di lei fosse stato contrario. Skìrnir chiede che Frey gli ceda il suo "cavallo che corre nell'oscurità", per compiere il viaggio, e la sua celebre spada che combatteva da sola, ma non è chiaro se la voglia per se o per offrirla a Gymir come dono di nozze.
Sta di fatto che, dopo un viaggio periglioso, Skìrnir arriva a casa di Gymir, e viene ricevuto da Gerdhr... e a questo punto offre alla gigantessa undici mele d'oro in cambio del matrimonio con Frey. Gerdhr rifiuta questo dono, così come l'anello Draupnir che appartiene a Odino e che ogni notte produce magicamente otto sue copie. Gerdhr cederà solo quando Skìrnir passerà a minacciarla di scagliare maledizioni sempre più terribili se la gigantessa non acconsentirà alle nozze.
Dopo nove giorni ci sarà l'incontro tra Frey e Gerdhr, e il matrimonio sarà celebrato. Ma la magica spada è perduta per lo sposo, e Frey la rimpiangerà quando, il giorno del Ragnarokkr, il Crepuscolo degli dei, dovrà affrontare a mani nude Surtr, il Gigante del Fuoco: Frey verrà annichilito da Surtr che così potrà dare alle fiamme il cielo.

Ancora una volta ci troviamo un episodio che vede le mele come offerta di nozze: Branston ipotizza che si tratti delle mele di Idhunn, le mele che possono dare l'eterna giovinezza, le stesse mele che abbiamo visto all'origine del mito delle nozze tra Njordhr e Skadhi.
Casualmente un altro matrimonio tra uno dei Vanir e una gigantessa...

Una breve nota
Malinconia per malinconia, causata forse dall'amore. Amici di infanzia chiamati per capire cosa tormenti il giovane erede... Sì, ok, la ricorrenza delle trame narrative è ormai assodata, ma una reminiscenza di questa storia non può forse ritrovarsi nella vicenda di Amleto e in Rosenkrantz e Guilderstern? Sì, è vero, non c'è un padre da vendicare e uno zio usurpatore.
Però se pensiamo che dietro Amleto, secondo Santillana e von Dechend (nel volume "Il Mulino di Amleto"), si nasconde l'antica divinità nordica di nome Amlodhi...

domenica 13 settembre 2009

MITOLOGIA COMPARATA – Fiori di melo, tempo di spose 3


Abbiamo parlato di come in alcuni miti indoeuropei ed in particolare greci, le mele siano legate al matrimonio.
Oggi racconteremo due storie in partenza tanto simili da sembrare l'una la variante dell'altra. In esse una mela cotogna e un altro pomo (non d’oro) sono lo spunto per narrare due matrimoni. E' pur vero che queste due vicende più che al mito sembrano appartenere alla sfera della narrazione amena, ma la dea Artemide (solitamente non legata alle nozze) vi svolge un ruolo essenziale.

Ermocare Ateniese si innamorò di Ctesilla, una giovane di Ceo figlia di Alcidamante. L’Ateniese scrisse su un pomo un giuramento nel quale la ragazza si impegnava davanti ad Artemide a sposare nessun altro se non Ermocare, e lo gettò dentro il tempio di Artemide dove in quel momento si trovava Ctesilla.
La ragazza, presa dalla curiosità, raccolse il pomo e, incautamente, lesse a voce alta ciò che vi era scritto sopra: così si trovò legata al giuramento, e a nulla servì lanciare lontano il pomo, in preda alla vergogna.
Ermocare, rispettoso delle tradizioni, andò a trovare Alcidamante, e chiese in sposa Ctesilla: il padre della ragazza acconsentì, ma rimandò le nozze.
Passò del tempo: Alcidamante dimenticò la promessa e decise di fidanzare la figlia a un altro. Ma mentre nel tempio si svolgeva il rito, Ermocare entrò. Questa volta Artemide in persona intervenne, e Ctesilla si innamorò di Ermocare.
Con l’aiuto della nutrice di lei, i due giovani fuggirono ad Atene, e lì nacque loro figlio. Ma Artemide volle punire Alcidamante per non avere rispettato il giuramento suo e della figlia: Ctesilla morì di parto.
Durante i funerali, si vide una colomba levarsi dal letto funebre: il corpo di Ctesilla era scomparso. Quando Ermocare e gli abitanti di Ceo consultarono l’oracolo, esso disse loro di tributare un culto ad Afrodite Ctesilla, nuovo nome della giovane divinizzata.

La vicenda di Aconzio e Cidippe sembra ricalcata sulla vicenda di Ermocare e Ctesilla (o viceversa): i due giovani provengono dalle stesse città, seppure invertite; quasi identico è il modo in cui avvenne la loro unione e i luoghi dove ci fu il giuramento non voluto; però la conclusione è più lieta, e questa versione è più diffusa tra gli scrittori.
Si dice che un giovane di Ceo, tal Aconzio, fosse molto bello ma appartenente a una famiglia agiata ma non nobile. Andato alle feste di Delo, vide Cidippe, bella quant’altre mai: fu il classico colpo di fulmine... a senso unico.
Cidippe non si era neppure accorta del giovane, e nel corso dei festeggiamenti si recò al tempio di Artemide. Aconzio l’aveva seguita: il giovane aveva trovato una mela cotogna, e con la punta di un coltello vi aveva scritto sopra la seguente frase: “Giuro sul tempio di Artemide di sposarmi con Aconzio”; entrato nel santuario lanciò il frutto a Cidippe.
L’ingenua ragazza, incuriosita, lesse a voce alta la frase, e così fece un involontario giuramento alla presenza della dea.
Non sappiamo in realtà se Cidippe fosse disponibile a corrispondere all’amore di Aconzio, di certo il padre non ne sapeva nulla e, da buon padre ateniese, si diede da fare per trovare marito alla figlia.
Ma per tre volte, ogni volta che il padre organizzava una cerimonia di fidanzamento per lei, la ragazza si ammalava tanto gravemente che il rito doveva essere rinviato.
Appena ciò avveniva, Cidippe tornava sana.
Aconzio nel frattempo si struggeva d’amore per la ragazza, e qualcuno giunse addirittura a sospettare che avesse gettato un maleficio su Cidippe. Ma l’oracolo di Delo svelò al padre di lei la verità: la malattia era mandata da Artemide ogni volta che Cidippe stava per venire meno al suo inconsapevole giuramento.
Così il padre, prese informazioni sulla famiglia di Aconzio e trovato che non c’era nulla di indegno nell’imparentarsi con essa, acconsentì alle nozze.
Pare che i due sposini vissero insieme felici e contenti.

Nota: che sia un caso che la legge di gravità di Newton, che regola l’attrazione tra i corpi, sia stata leggendariamente scoperta grazie a una mela?

giovedì 10 settembre 2009

MITOLOGIA COMPARATA – Fiori di melo, tempo di spose 2


Proseguiamo l’esplorazione dello strano legame che unisce il mito relativo al matrimonio con una mela, spesso e volentieri d’oro.
Stavolta non parleremo, però di furti di mele d’oro, anche se l’astuzia non manca.

Abbiamo già raccontato della mela d’oro con sopra scritto “Alla più bella”: la perfida Eris, dea della discordia, la lanciò sul tavolo del banchetto nuziale di Teti e Peleo, cui assistevano tutti gli dei.
Un matrimonio, una mela d’oro... e come conseguenza la Guerra di Troia!

Ma il legame più stretto tra mele d’oro e matrimonio appare nel mito di Atalanta, dove le mele sono il mezzo che porta al matrimonio di un vergine riottosa.
Atalanta era una vergine cacciatrice, e come accadeva per altre donne della mitologia greca (o della fiaba) era assai difficile da sposare: secondo alcuni per una profezia che minacciava la sua trasformazione in animale dopo le nozze, secondo altri per devozione alla dea Artemide, altra vergine cacciatrice.
Se in altri miti per il padre a non volere dare la mano della figlia (e il regno) a un futuro genero, il caso di Atalanta era simile a quello della lirica Turandot: era la donna stessa a non volersi sposare, e anzi lei imponeva ai pretendenti una prova impossibile, con la condizione che se lo spasimante non avesse avuto successo sarebbe stato ucciso.
Atalanta era velocissima: così sfidava i pretendenti in una gara di corsa, si dice che desse al pretendente un leggero vantaggio, e che lo inseguiva con una lancia, con la quale lo uccideva non appena lo raggiungeva. Ormai molti erano stati battuti e uccisi, quando Ippomene (o, secondo altri, Melanione) decise che avrebbe tentato al prova.
Dalla sua parte aveva l’astuzia della dea dell’amore, Afrodite, sempre disponibile a sabotare i propositi di castità dei fedeli di Artemide. La dea dell’amore aveva dato al giovane tre pomi d’oro, si dice provenienti dal Giardino delle Esperidi, suggerendogli la strategia: ogni volta che Atalanta si avvicinava, Ippomene lasciava cadere una mela d’oro; Atalanta, curiosa, forse innamorata, o semplicemente avida (e se fosse così il mito avrebbe già i connotati maschilisti odierni delle teorie sulle ragioni di alcuni matrimoni), per tre volte si chinò per raccoglierne una, perdendo il ritmo, la gara... e lo stato di nubile.
Il matrimonio si celebrò, e pare che Atalanta, alla fine, non ne disprezzasse le gioie. Da vergine cacciatrice divenne un’amante fin troppo appassionata: durante una caccia lei e il marito entrarono in un santuario di Zeus (ma secondo altri si trattava di un Tempio della Madre degli Dei Cibele) e non riuscirono a trattenersi dal... “famolo in un luogo strano”. Sta di fatto che la divinità cui apparteneva quel luogo sacro punì entrambi, trasformandoli in leoni.
I Greci credevano che, in conseguenza di ciò, i leoni non si accoppiassero tra di loro, ma solo con i leopardi.

Nota: si dice che il famoso frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva fosse una mela. E si dice anche che la conoscenza che esso diede fosse quello della sessualità...

lunedì 7 settembre 2009

MITOLOGIA COMPARATA – Fiori di melo, tempo di spose 1


Le future spose indoeuropee sapevano bene quando sarebbe arrivato il momento delle sospirate nozze: non tanto in occasione dei fiori d’arancio (scoperti quando i migranti giunsero sulle rive mediterranee) ma quando le mele arrivavano sui rami degli alberi.

In effetti vari miti legano un matrimonio alla presenza di mele più o meno dorate. Alcuni narrano del furto di una o più mele d’oro regalo di un matrimonio o come presupposto del matrimonio stesso.

Narra il mito greco che la mela d’oro poteva essere un regalo nuziale. Si racconta che, in occasione del matrimonio di Zeus ed Era, la Madre Terra avesse regalato a sua nipote un melo che produceva frutti dorati; Era, la regina degli dei olimpi, aveva tanto gradito il dono da piantare il magico albero nel suo giardino che si trovava a Ovest, alle pendici del Monte Atlante. Lì alcune versioni dicono che le Esperidi, figlie di Atlante, si occupavano del giardino, ma secondo altri in realtà le fanciulle divine rubavano abusivamente le mele. Sta di fatto che la dea pose a guardia del suo albero il drago Ladone: solo Eracle, nel corso di una sua celebre fatica, poté cogliere di nuovo quei frutti.

Un giardino con mele d’oro (con furto allegato) compare anche in una leggenda caucasica, ricordataci nel Libro degli Eroi di Dumèzil, come premessa di una storia legata a un matrimonio.
Si dice che nel giardino dei Narti crescesse un melo, i cui fiori erano azzurri come il cielo che produceva una sola mela alla volta: ed era una mela d’oro, brillante come il fuoco. Ogni vola che il frutto veniva staccato, in una mattina ricresceva.
Si narra che il magico frutto fosse in grado di guarire ogni ferita e malattia, ma per quanto i Narti facessero la guardia, qualcuno durante la notte riusciva sempre a rubarlo.
Quando il turno di guardia toccò all’eroe Uaerhaeg questi inviò nel giardino i figli Aeshar e Aeshaertaeg. Essi riuscirono a vedere che al momento in cui “giorno e notte stavano per separarsi”, tre colombe si posavano sull’albero per prendere la mela. I due campioni Narti ne ferirono una e, seguendo le tracce di sangue, giunsero al regno sotto il mare di Donbettyr, il genio delle acque.
Lì Aehsaertaeg sposò Dzerasse, la figlia del genio che si tramutava in colomba assieme alle sorelle per rubare le mele.

Un giardino e delle mele d’oro (dell’immortalità) ci sono anche nel mito del rapimento di Idhunn. I Vichinghi credevano che gli dei fossero sì immortali, ma non eternamente giovani e potenti: per restare tali, essi dovevano nutrirsi delle mele d’oro che la dea Idhunn, moglie del dio-poeta Bragi, raccoglieva nel giardino degli dei.
Era successo che Loki aveva fatto uno sciagurato patto col Gigante Thjazzi: per riavere la libertà, il briccone di Asgard aveva dovuto promettere che avrebbe rapito la dea della giovinezza (e le sue preziose mele) e l’avrebbe consegnata al Gigante. Cosa che accadde.
Le conseguenze furono disastrose: gli Aesir, gli dei del Nord, invecchiavano e incanutivano. Facendo due più due, scoprirono che Loki era stato l’ultimo a parlare con la dea. Così, dopo una serie di minacce, il Briccone dovette partire alla volta della reggia di Thjazzi per recuperare Idhunn e riportare la giovinezza agli dei.
E il matrimonio? C’è anche qui: Thjazzi morì nell’inseguire la preda che gli era stata sottratta, e sua figlia Skadhi giunse ad Asgard cercando vendetta. Per placare la furia della gigantessa, gli dei le promisero un marito inc mabio del padre ucciso. Questio marito, dopo il concorso di “bellezza podalica” narrato nel post del 16 giugno 2009, fu Njord, il dio del mare.
Poi il matrimonio non fu felice, ma evidentemente la presenza delle mele non garantisce il successo di un’unione!

Nel prossimo post racconteremo come delle mele (non rubate) entrino a far parte di alcune vicende della mitologia greca che sarebbero sfociate in un matrimonio.

Nota: ok, forse non c’entra nulla col mito, ma come dimenticare che il promesso sposo della dottoressa Elliot Reid nel serial tv Scrubs, interpreta il ruolo di un ladro di mele messicano nei loro giochini prematrimoniali???? Archetipi collettivi che a volte ritornano?