sabato 13 giugno 2009

GO(D)Ssip - Concorsi di bellezza divina 1

L’estate porterà anche quest’anno con sé la solita pletora di concorsi di bellezza per maschi, femmine, cantanti, mamme, frequentanti spiagge...

Anche i nostri amati dei ogni tanto si dilettavano in gare di bellezza, anche se con premi (e conseguenze) certamente non paragonabili a una foto su un rotocalco estivo.

Ovviamente la vasta folla conoscerà il celeberrimo Giudizio di Paride, la causa prima (?) della Guerra di Troia.
I presupposti in sintesi: gli dei sono al banchetto delle nozze di Teti e Peleo, ma come sempre qualcuno viene escluso. Cioè la vecchia zia Eris.
Anche gli dei sono un po’ da capire: in fondo, invitare a un matrimonio la dea preposta alla Discordia non sembrava di buon auspicio (e infatti il matrimonio andò male lo stesso). La dea, vendicativa, si intrufola lo stesso e lancia sul tavolo una mela d’oro con una scritta enigmatica: “Alla più bella”.

Apriti cielo! Subito si alzano tre dee, che da buoni modelli per le donne mortali, non accettano di essere seconde a nessuno in bellezza.
Si candidano al ricevere la mela Afrodite, dea dell’Amore e della bellezza, Era, la moglie ufficiale di Zeus, regina degli dei, e Atena, la dea delle arti e della guerra (e, a differenza delle altre due, sempre vergine, benché anche Era avesse i suoi trucchetti).

Zeus, l’arbitro per eccellenza, è in difficoltà. Scontentare la moglie (abbondantemente cornificata), la figlia nata dalla sua testa o l’altra figlia che lo avvince nelle trame amorose?
Il saggio re degli dei si comporta da alto burocrate: vista la rogna che può portare solo guai, scarica la palla a un piccolo sottoposto, con la banale giustificazione che, per decidere quale sia la dea più bella, meglio chiedere al mortale più bello. Ovvero Paride.

E’ pur vero che secondo alcuni mitografi, dietro la mela e la seccatura della decisione, c’era proprio un piano di Zeus per rovinare Troia attraverso Paride, ma nel dubbio, tocca al mortale risolvere un problema divino... e beccarsi le conseguenze.

Così Ermes, l’araldo (il Carlo Conti della situazione) si reca da Paride, lo blandisce e lo informa dell’incarico. Ovviamente un rifiuto o una dichiarazione di incapacità a scegliere non è possibile (Paride non è un burocrate di alto livello: in quel momento fa il pastore, e non può scaricare l’arduo giudizio al suo ovino prediletto).

E qui succede ciò che si mormora succeda in ogni concorso di bellezza: il giurato cerca di approfittare delle concorrenti, e le concorrenti, lungi dallo schifarsi, anzi cercano di corrompere il giurato.

Paride se la gioca bene. Dichiarandosi abbagliato dalla bellezza delle dee, diversa per ognuna, ma splendente, chiede un supplemento di valutazione: ovvero vuol vedere le dee nude!
Cosa mica da poco: Atteone vide nuda Artemide, e la dea per punizione lo tramutò in cervo e lo fece sbranare dai suoi cani. Il fatto che Artemide non fosse nella terna delle finaliste a questo concorso, forse ci fa immaginare che più che per punire un oltraggio, Artemide volesse evitare che Atteone raccontasse qualche particolarità fisica della dea non attraente (cellulite? Gambe storte?).

Comunque le dee accettano. Non c’è in ballo l’oltraggio di un mortale che le veda nude, c’è da far schiattare le altre due per l’eternità!

E così la prima delle dee si presenta al pastorello...

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