martedì 16 giugno 2009

GO(D)Ssip - Concorsi di bellezza divina 3

Se il Giudizio di Paride è il concorso mitico di bellezza femminile più conosciuto, non tutti sanno che c’è stato anche un concorso di bellezza maschile.
Per di più feticista.

Dalla calda Grecia ci dobbiamo spostare al freddo Nord, nel Valhalla. Qui Odino e Loki ne avevano combinato un’altra delle loro uccidendo il gigante Thjazzi.
Certo, questo non era stato un galantuomo (aveva rapito Idunn, la custode delle mele d’oro dell’eterna giovinezza… toh! Mele d’oro anche qui!), ma in fondo era un gigante!

Sta di fatto che Skadhi la montanara, figlia di Thjazzi, venne alle porte di Asgard
a chiedere soddisfazione. Gli dei avevano giocato sporco, quindi accettarono di dare un guidrigildo alla Gigantessa: non potevano restituire a Skadhi il padre, quindi le avrebbero dato in cambio un marito (l’altra condizione era quella di farla ridere, e se ne sarebbe occupato Loki… ma questa è un’altra storia). In più Odino gettò gli occhi di Thjazzi (due gemme) nel cielo, tramutandoli in stelle.

Tuttavia giocarono d’astuzia: la dea non poteva scegliere il marito semplicemente nominandolo, ma avrebbe dovuto sceglierlo dopo un vero e proprio concorso di bellezza… podalico.
Proprio così: la gigantessa avrebbe potuto vedere solo i piedi e le caviglie dei “maritabili”, e avrebbe dovuto scegliere solo su quella base.

Immaginiamo quindi una sorta di palco, con una parete (o una tenda) quasi fino a terra, che nascondeva l’aspetto degli dei dalle caviglie in su, lasciando in vista solo le aulentissime estremità, e una gigantessa che si china a guardare con attenzione, esaminando alluci e talloni.
Skadhi in realtà aveva le idee chiare: voleva Baldr, il più bello, il luminoso. Quando vide piedi affusolati e candidi, non ebbe dubbi: non potevano che essere i piedi di Baldr!
...E invece erano i piedi di Njordhr, il dio del mare, uno dei Vanir adottato dagli Aesir di Asgard. I suoi bellissimi piedi erano stati modellati dallo stare immerso nel bagnasciuga ad ascoltare i gabbiani.
Ma un patto è un patto: l’insolita coppia convolò a giuste (?) nozze, e il debito di sangue fu pagato.

Ahimè! Chi scommetterebbe sulla durata delle nozze tra una montanara e un marinaio? Nessuno di noi, figurarsi agli dei!

E infatti, nonostante il parere di consulente matrimoniale, che aveva suggerito di abitare una settimana sui monti di Thrymheim (ovvero “La dimora del Clamore”) a casa di Skadhi e una settimana a Nòatùn (ovvero “Il Recinto delle Navi”) nella dimora di Njordhr, la coppia scoppiò rapidamente.

Pare che, di ritorno dalla prima settimana sui monti, Njordhr gridò: “Quanto detesto quelle colline, \ qui rimasi solo per nove notti; \ l’ululare dei lupi mi sembrò insopportabile \ in confronto al canto dei cigni”.

Ma anche Skadhi aveva da recriminare, dopo il suo primo soggiorno a Nòatùn: “Io non posso dormire sulle rive del mare, \ per lo stridere degli uccelli: \ mi sveglia quando viene dalle distese marine \ il gabbiano, ogni mattina”.

Così Skadhi tornò a i suoi monti e Njordhr restò sulle rive del suo mare.

Se dobbiamo trarre una morale da questi miti, sembra proprio che l’unica possa essere questa: dai concorsi di bellezza non viene nulla di duraturo o di positivo.

Nessun commento: