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giovedì 23 maggio 2013

I Sette a Tebe 5 - Partenopeo


Partenopeo, figlio di Atalanta, contro la porta di Borea.
Lo affronterà Attore, uomo schivo di vuote vanterie.
Ma la sua mano sa quel che deve fare, e Tebe resisterà.


Ora ti parlo del quinto,
che ha schierato le sue truppe alla porta di Borea,
vicino alla tomba del figlio di Zeus, Anfíone.
Giura per la sua lancia, in cui confida, e che onora piú del Dio, e piú delle sue pupille,
che distruggerà la rocca dei Cadmei,
a dispetto di Zeus. Cosí grida
questo germoglio di una madre venuta dai monti,
uomo e fanciullo, viso di fanciullo, e appena
sulle sue gote cresce la lanugine:
germina fitta, perché il sevo dell'età la spinge. Il suo nome è da ragazza; ma egli,
con animo crudele, truce sguardo, sta
contro la porta, e non è immune da vanterie.
Sopra lo scudo rotondo, bronzea
difesa del corpo, agita l'infamia di Tebe, la carnivora Sfinge,
inchiavardata in saldi chiodi,
lucida figura impressa a sbalzo;
e fra gli artigli serra
un uomo di Tebe, perché su lui le frecce
piombino più fitte.
E non farà un piccolo mercato della guerra,
e non vorrà aver percorso invano una così lunga strada,
Partenopeo d'Arcadia. E' ospite della città d'Argo,
e farà pagare un lauto scotto: scaglia minacce contro di noi.
Oh Dei! Fate che non s'avverino!
(Da I Sette a Tebe di Eschilo, mia riduzione e adattamento)

Notula
L'Arcade Partenopeo era figlio di Atalanta e Ippomene (o Melanione), per i quali vedi QUI le strane circostanze di nozze alla frutta (ma non con fichi secchi).
Ospite del re di Argo, partecipa alla guerra, unico dei capi a non venire dall'Argolide o a non essere genero di Adrasto.


NB: L'immagine non mi appartiene, questo blog non ha fini di lucro

giovedì 10 settembre 2009

MITOLOGIA COMPARATA – Fiori di melo, tempo di spose 2


Proseguiamo l’esplorazione dello strano legame che unisce il mito relativo al matrimonio con una mela, spesso e volentieri d’oro.
Stavolta non parleremo, però di furti di mele d’oro, anche se l’astuzia non manca.

Abbiamo già raccontato della mela d’oro con sopra scritto “Alla più bella”: la perfida Eris, dea della discordia, la lanciò sul tavolo del banchetto nuziale di Teti e Peleo, cui assistevano tutti gli dei.
Un matrimonio, una mela d’oro... e come conseguenza la Guerra di Troia!

Ma il legame più stretto tra mele d’oro e matrimonio appare nel mito di Atalanta, dove le mele sono il mezzo che porta al matrimonio di un vergine riottosa.
Atalanta era una vergine cacciatrice, e come accadeva per altre donne della mitologia greca (o della fiaba) era assai difficile da sposare: secondo alcuni per una profezia che minacciava la sua trasformazione in animale dopo le nozze, secondo altri per devozione alla dea Artemide, altra vergine cacciatrice.
Se in altri miti per il padre a non volere dare la mano della figlia (e il regno) a un futuro genero, il caso di Atalanta era simile a quello della lirica Turandot: era la donna stessa a non volersi sposare, e anzi lei imponeva ai pretendenti una prova impossibile, con la condizione che se lo spasimante non avesse avuto successo sarebbe stato ucciso.
Atalanta era velocissima: così sfidava i pretendenti in una gara di corsa, si dice che desse al pretendente un leggero vantaggio, e che lo inseguiva con una lancia, con la quale lo uccideva non appena lo raggiungeva. Ormai molti erano stati battuti e uccisi, quando Ippomene (o, secondo altri, Melanione) decise che avrebbe tentato al prova.
Dalla sua parte aveva l’astuzia della dea dell’amore, Afrodite, sempre disponibile a sabotare i propositi di castità dei fedeli di Artemide. La dea dell’amore aveva dato al giovane tre pomi d’oro, si dice provenienti dal Giardino delle Esperidi, suggerendogli la strategia: ogni volta che Atalanta si avvicinava, Ippomene lasciava cadere una mela d’oro; Atalanta, curiosa, forse innamorata, o semplicemente avida (e se fosse così il mito avrebbe già i connotati maschilisti odierni delle teorie sulle ragioni di alcuni matrimoni), per tre volte si chinò per raccoglierne una, perdendo il ritmo, la gara... e lo stato di nubile.
Il matrimonio si celebrò, e pare che Atalanta, alla fine, non ne disprezzasse le gioie. Da vergine cacciatrice divenne un’amante fin troppo appassionata: durante una caccia lei e il marito entrarono in un santuario di Zeus (ma secondo altri si trattava di un Tempio della Madre degli Dei Cibele) e non riuscirono a trattenersi dal... “famolo in un luogo strano”. Sta di fatto che la divinità cui apparteneva quel luogo sacro punì entrambi, trasformandoli in leoni.
I Greci credevano che, in conseguenza di ciò, i leoni non si accoppiassero tra di loro, ma solo con i leopardi.

Nota: si dice che il famoso frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva fosse una mela. E si dice anche che la conoscenza che esso diede fosse quello della sessualità...