lunedì 2 giugno 2014

MIGRAZIONI - DI NAVIGAZIONI E CORVI




Su un uomo chiamato Corvo, 
su un altro soprannominato Burro
e su una terra dai forti contrasti e dai molti nomi.


Rimettere a posto i file depositati nel nostro computer a volte riserva delle sorprese: perché l’orrenda macchina ricorda ciò che dimentichiamo. E questo è spesso una maledizione.
E’ invece una sorpresa curiosa ritrovare degli appunti presi da letture di quotidiani online del novembre 2012, quando l’Islanda era al centro di polemiche su vulcani eruttanti e banche fallite.
L’appunto, riletto oggi nel corso di un’operazione di sistemazione dei file che potremmo ben chiamare “archeologia informatica” in senso lato, riguardava (guarda un po’!) corvi e esploratori naviganti, e terre che dal mare emergono. Quando di più adatto (e, ahimè, da me dimenticato!) per collegarsi al recente post sul Corvo


Chi era «Corvo Floki»?
Secondo la cronaca dell'insediamento scandinavo in Islanda, il Landnámabok, egli fu l’uomo che diede il nome all’isola. Di più: fu il primo ad arrivarci volontariamente.
Ma come tutte le storie tra mito e leggenda, prima di parlare di lui dobbiamo fare un passo indietro (anzi due).

Tutto parte (o forse no) nella prima metà del IX secolo con Naddoddr, uno dei primi coloni delle Isole Faer Oer. Durante un viaggio dalla Norvegia alle isole, la nave del nostro si perse e arrivò fino alla costa orientale dell’attuale Islanda. Sbarcato in una baia sotto delle montagne, convinto di essere in terra feringia, il nostro scalò i rilievi per vedere il fumo salire dai fumaioli delle capanne dei coloni, ma non vide segno di umani.
Di fronte all’estendersi delle terre, e alla loro desolata solitudine, Naddoddr capì di aver attraccato nel posto sbagliato e decise di proseguire il proprio viaggio verso le Faer Oer, ma tornato alla nave vide iniziare una nevicata: così chiamò quella terra Snaeland (Terra della neve). Poi, terminata la tormenta, ripartì.[1]

Sulle coste della terra del Ghiaccio e del Fuoco (nessun riferimento voluto a George R.R. Martin) arrivò poi Gardharr Svavarsson uno svedese.
Egli aveva terre in Danimarca ed era sposato con una donna originaria delle Isole Ebridi. Durante un viaggio tra queste isole (attorno all'860) per poter reclamare l'eredità del suocero, salpò durante una tempesta che spinse la sua nave a nord fino a raggiungere la costa orientale dell'Islanda.
Circumnavigò quelle terre, divenendo la prima persona a noi nota a farlo: poté stabilire quindi che si trattava effettivamente di un'isola, che era grande ed abitabile. Avvicinandosi l’inverno, sbarcò a Skjàlfandi, dove si costruì una casa e lì trascorse la stagione fredda. Da questo momento il luogo prese il nome di Hùsavik.
Tornato, parlò di questa nuova terra e gli diede il suo nome (in islandese Gardharshólmur), per poi sparire nell’oblio della storia [2]. Uno dei suoi uomini, Nattfari, rimase sull’isola con due servi, ma non si stanziò definitivamente.


Arriviamo finalmente a Corvo Floki.
Il nostro navigatore era venuto a sapere della nuova terra di Gardharshòlmur. Dobbiamo pensare che fosse un uomo desideroso di avventura (o in fuga dalla solita faida scandinava), perché decise volontariamente di partire per abitare la nuova isola. Così mise su una nave sé stesso, la propria famiglia e il bestiame, diversi compagni e salpò dalla Norvegia Occidentale. 
Per prima cosa navigò verso le Isola Shetland. Si dice che quella tappa non fu fortunata: a quanto pare proprio lì una sua figlia trovò la morte affogando.
Così il nostro proseguì il viaggio attraccando nelle Isole Faer Oer: qui la sosta fu più piacevole, perché lì trovò un marito per un’altra figlia.
Durante la sosta (e i festeggiamenti per le nozze), il nostro Floki prese tre corvi: era probabilmente memore di Odino (in fondo era ancora pagano) e, novello Noè, pensava di mandare gli animali in avanscoperta per farsi aiutare a trovare l'Islanda.
L’acquisto dovette sembrare comunque bizzarro anche per quei duri colonizzatori, se al nostro rimase appiccicato il soprannome di Corvo-Floki (Hrafna-Flóki in islandese) con cui lo ricorda il Landnámabok.

Dopo un po' che erano ripartiti dalle Far-Oer, Floki liberò uno alla volta i corvi. Il primo corvo tornò alle Far-Oer, il secondo volò per qualche tempo e poi tornò a bordo; ma il terzo si diresse a nord-ovest senza più fare ritorno. Floki, fiducioso che il corvo avesse trovato terra e non fosse morto per una qualsiasi ragione, decise che l’isola si trovava sulla rotta dell’ultimo volatile liberato.
E Odino ricompensò la sua fiducia.
Dopo aver superato il luogo poi noto come Reykjanes, infatti, la nave giunse ad una grande baia. Si dice che uno dell’equipaggio, un uomo di nome Faxe, commentò che quella terra sembrava molto grande. Così, da lui, la baia prese il nome di Faxaflói (letteralmente “baia di Faxe”) [3].

Floki insediò un campo invernale nel Vatnsfjordhur. Probabilmente all’inizio l’inverno islandese gli apparve più mite dell’attuale [4], poiché nell'attesa della primavera Floki scalò le più alte montagne che sovrastavano il suo campo, ora note come Nònfell.
Da qui raggiunse un grosso fiordo, Isafjordhur, allora ricoperto di ghiaccio scivoloso: da questa visione decise di dare a quella terra il nome di Island (Terra di ghiaccio).

In seguito l’inverno peggiorò, e tutto il bestiame morì. Così, uno scoraggiato Floki decise che non valeva la pena rimanere lì e rischiare di essere bloccati e morire di fame. Dopo un’estate caratterizzata dal poco cibo, e un inverno (immaginiamo terribile) nell’occidentale Borgafjordhur, scoraggiato il Corvo imbarcò di nuovo compagni e moglie e se ne tornò in Norvegia.
Quando fu chiesto a Floki qualcosa sulla nuova terra, lui storse il naso [5] e disse che la considerava indegna.
Un suo compagno, Herjolf disse che la terra aveva sia lati positivi che negativi.
Un secondo, Thorolf disse che il burro era stato spalmato su ogni pezzo di terra che avevano trovato. Qualsiasi cosa volesse dire questa enigmatica sentenza, fece sì che Thorolf fosse soprannominato Thorolf Burro (sic!).

La storia di Corvo-Floki e dell’Islanda non termina però qui: quando la colonizzazione dell’isola ebbe il suo secondo tentativo (riuscito) e l’insediamento divenne stabile, tra i coloni c’era anche lui.
Aveva parlato male della Terra dei Ghiacci e del Fuoco [6], ma forse gli era rimasta nel cuore, perché il nostro Corvo vi abitò fino alla morte. 



Alcune piccole note

Floki è anche il nome del “costruttore di navi e incorreggibile trickster” che compare nella fiction storica Vikings, per cui vi rimando QUI.




Come detto la storia della colonizzazione dell’Islanda è narrata nel Landnámabók (Il Libro dell’Insediamento): il libro, giuntoci in diverse versioni, si occupa più specificamente del primo vero insediamento stabile, a opera dei circa 450 uomini guidati da Ingólfur Arnarson.

Secondo il Landnámabok (scritto comunque tre o quattrocento anni dopo la colonizzazione), Ingólfur fuggiva da una faida, e costruì la sua fattoria a Reykjavìk nell'870: questo segnò l'inizio dell'età della colonizzazione dell'isola che durò fino al 930.

Secondo la saga, quando la nave di Ingólfur approdò in quella terra disabitata, ordinò che gli alti sostegni del suo seggio (un attributo del suo rango di capotribù) fossero gettati in mare e dichiarò che il luogo in cui avessero toccato terra sarebbe stato il posto nel quale costruire la prima colonia d'Islanda. Narra la leggenda che due suoi schiavi (Vìfill e Karli) dovettero vagare per circa tre anni prima di trovare traccia di quei sostegni.

Stanziatisi secondo il presagio, lo Karli, che non apprezzava il luogo, disse ad Ingólfr: "Che peccato che abbiamo passato così tanta buona terra per stabilirci in questa penisola remota". Ma la capitale dell’Islanda è ancora là: Reykjavìk.



Il cronachista Ari Thorgillsson riconosce Ingólfur come il primo scandinavo a stanziarsi definitivamente in Islanda, ma riferisce che dei “Papar” (ovvero “papisti”, cioè monaci ed eremiti irlandesi) vivevano già nell'isola. I pii cristiani, memori delle stragi e dei saccheggi fatti dai vichinghi in Irlanda e Gran Bretagna (pensiamo al sacco di Lindisfarne che forse privò i monaci dei famosi sandwich di granchio per cui oggi è nota la Santa Isola) lasciarono l’isola per non dover vivere tra i nuovi arrivati di fede pagana.

Che la notizia di questa presenza non sia così inverosimile trova una “prova” nei leggendari Viaggi di San Brandano: questi portarono il santo e i suoi compagni in giro per il Nord Atlantico, fino a terre sconosciute (e al leggendario pesce-isola Jasconius, la più inutile della Carte del gioco Magic!).

Secondo alcuni gli irlandesi arrivarono anche in America, che risulta la terra più “scoperta” della storia (egizi, fenici, irlandesi, vichinghi, templari… e infine un genovese\spagnolo\portoghese\ebreo\catalano\sanlurese\templare\massone\figliodipapaCybo di nome Cristoforo Colombo)


[1] Ma le sue avventure per mare non finirono lì: si dice perfino che Naddoddr sia stato il primo nordico a viaggiare in America Settentrionale, circa 150 anni prima di Leif il Rosso (altresì noto come Leif il Fortunato), suo bis-bis-nipote.

[2] Si narra che, però, successivamente suo figlio emigrò in Islanda per tentare di conquistarla per conto del re norvegese, ma fu ucciso nell’impresa. Aveva già avuto un figlio, Hróar: anche egli fu coinvolto nelle lotte per il dominio sull’isola e fu per due volte sfidato ad una battaglia su una collina, vincendo entrambe le volte ed uccidendo gli avversari. Ma in seguito fu ucciso e toccò al figlio, nel rispetto della sana tradizione della faida scandinava, vendicarlo.

[3] I mitici lettori non si lascino andare a facili ironie sulla povertà di invenzione nell’onomastica norrena: i più “evoluti” inglesi mangiatori di manzo (citando Swift) o olandesi avrebbero dato nomi originali quali “Isole Christmas” o “Isola di Pasqua” sulla base del giorno di scoperta.

[4] Questo clima più mite al nord non ci stupisca: non dimentichiamo che poco tempo dopo l’Islanda poté essere colonizzata dai vichinghi abbastanza facilmente e così accadde in seguito per le più nordiche terre della Groenlandia: a vedere oggi le coste dell’isola più grande del mondo, nessuno direbbe che era una “terra verde”. Anche gli insediamenti norreni nel continente americano trovarono un clima favorevole, se i coloni chiamarono quella terra “Vinland”: evidentemente le temperature erano abbastanza alte da permettere la crescita della vite… pianta, non dimentichiamola, di origine noaicha.

[5] E se il nome fosse dato dall’avere il naso aquilino o quello corvino? O dai capelli scuri… 
[6] Il mitico (per me che l’ho divorato da piccolo) Dei ed Eroi della Mitologia Vichinga di B. Branston ipotizza che le leggende sulla “guerra” tra Muspellheim e Nifelheim alla base della cosmogonia di Snorri possano essere stati ispirati proprio dalle visioni dei vulcani in eruzione della suggestiva Islanda. 
 
Ingòlfur fonda il primo insediamento
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