mercoledì 13 novembre 2013

NEKIYA - I CANI DELL'INFERNO

 

  IL CUSTODE DELL'ETERNITA'

 Mi è capitato di leggere la notizia del ritrovamento a Pamukkale (ehi, ci sono stato in viaggio di nozze!) di una grotta che era una delle porte degli Inferi. (la notizia la trovate QUI)

A guardia c'era una statua di Cerbero e questo, oltre al mese di novembre così legato ai defunti, mi ha fatto muovere la mente verso i legami tra mondo dei morti e cani, al significato della custodia della casa eterna e della fedeltà come garanzia dell'eternità.

Avessi tempo, quanto sarebbe interessante analizzare il ruolo del cane come entità negli Inferi!
Sarebbe troppo facile e troppo lungo, citare l'egizio Anubi (che, nella realtà, è uno sciacallo) o la triplice Ecate dai latrati di cagna o accompagnata da mute di cani infernali. Rileggendo le Eumenidi di Eschilo ritroverei le Erinni descritte come cagne, affrontando il Mabinogion i Cwn Annwn del mito celtico di Arawn e Pwyll...

E come potrei dimenticare che il vedico Yama, il primo uomo divenuto dio della morte (Yami nell'Avesta), ha come emissari il gufo, il piccione e soprattutto i due cani Saramei?
Essi sono figli di Sarama, la cagna di Indra, e custodiscono il sentiero che porta a Yamapura, la città dalle quattro porte residenza del re dei Morti, posta  all'estremo sud, ai confini della terra, e aiutano le anine degli uomini retti a raggiungere i luoghi prestabiliti.
Garmr dal mio amato Dei, draghi ed eroi
della Mitologia Vichinga


Dalle nebbie delle mie giovanili letture mitiche emergerebbe poi Garmr, il cane dello Hel, colui che uccide Tyr il giusto, fantasma norreno di uno Zeus\Iuppiter\Dyaus Pitar indoeuropeo.

E, chiudendo con un cerchio, forse che non ricordarei le diverse versioni di Cerbero dalle tre teste figlio di Tifone ed Echidna, dal rapido accenno nel Canto XI dell'Odissea a Virgilio e a Dante?

Infine, citerei le trasformazioni del mito, i ricordi di questo legame che troviamo negli Segugi Infernali della tradizione britannica, in Herne il Cacciatore e perfino nel boccacesco Nastagio degli Onesti... fino al Fufi di Harry Potter.

Ma il tempo è tiranno, gli scudi mitici incombono, così come altre imprese.
Un "saggio sul mito e la struttura del tempo" (non perduto) assorbe i miei momenti liberi con la sua mole di spunti e di geniali interpretazioni. Come una macina di mulino (di Amleto), schiaccia tutto ciò che non  è destinato a lui!

Per cui... ecco solo alcuni passi che ho trovato qua e là, dedicati a queste strane creature, i Cani dell'Inferno.

Eneide, vv 417-425, nella traduzione di G. Bonghi
L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno, e veloce lascia la riva dell'onda donde non si può tornare.

Apuleio, Metamorfosi, VI, XIX
Canis namque praegrandis teriugo et satis amplo capite praeditus immanis et formidabilis tonantibus oblatrans faucibus mortuos, quibus iam nil mali potest facere, frustra territando ante ipsum limen et atra atria Proserpinae semper excubans seruat uacuam Ditis domum.

Un cane enorme, con una triplice testa in proporzione, gigantesco e terribile, che con fauci tonanti latra contro i morti, cui peraltro, non può fare alcun male, cercando di terrorizzarli senza motivo, e standosene sempre tra la soglia e le oscure stanze di Proserpina, custodisce la vuota dimora di Dite.
Cerbero per Dorè
Dante, Commedia, Inferno. Canto VI (vv. 9-33)
Io sono al terzo cerchio, de la piova \ etterna, maladetta, fredda e greve; \ regola e qualità mai non l'è nova. \\ Grandine grossa, acqua tinta e neve \ per l'aere tenebroso si riversa; \ pute la terra che questo riceve. \\ Cerbero, fiera crudele e diversa, \ con tre gole caninamente latra \ sovra la gente che quivi è sommersa. \\Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, \ e 'l ventre largo, e unghiate le mani; \ graffia li spirti ed iscoia ed isquatra. \\ Urlar li fa la pioggia come cani; \ de l'un de' lati fanno a l'altro schermo; \ volgonsi spesso i miseri profani. \\Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, \ le bocche aperse e mostrocci le sanne; \ non avea membro che tenesse fermo. \\ E 'l duca mio distese le sue spanne, \ prese la terra, e con piene le pugna \ la gittò dentro a le bramose canne. \\ Qual è quel cane ch'abbaiando agogna, \ e si racqueta poi che 'l pasto morde, \ ché solo a divorarlo intende e pugna, \\cotai si fecer quelle facce lorde \ de lo demonio Cerbero, che 'ntrona \ l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.





Grimnismal str. 44 cit in Edda di Snorri, Rusconi 1975-1988
il frassino Yggdrasill \ è il migliore fra gli alberi, \ Skidhbadhnir fra le navi, \ Odhinn fra gli dei, \ Sleipnir fra i destrieri, \ Bifrost fra i ponti, \ Bragi fra i poeti, \ Habròk tra in falchi, \ fra i cani Garmr

Edda di Snorri, 51
"Allora sarà libero anche il cane Garmr che è legato davanti a Gnipahellir; è il più grande dei mostri: combatterà contro Tyr e sarà la morte di entrambi"

Voluspà
« Feroce latra Garmr \ dinanzi a Gnipahellir: \ i lacci si spezzeranno \ e il lupo correrà. »



Per dilettarvi sui legami tra cani e regno dei morti, sfrucugliate in questo post

Le immagini sono tratte da QUI, QUI, e QUI: non mi appartengono e sono poste a semplici corredo del post. Questo blog non ha fini di lucro.

sabato 2 novembre 2013

SCUDI MITICI 1 - LO SCUDO DI ACHILLE

 LO SCUDO DI ACHILLE


Abbiamo parlato QUI di come gli scudi dei Sette Contro Tebe siano stati concepiti dal poeta Eschilo come strumento di propaganda da parte degli assalitori.
Ma non possiamo dimenticare che, a prescindere dall'uso drammatico che ne fa il poeta Maratonomaco, come abbiamo accennato questi scudi fanno parte di una tradizione poetica più antica.

La prima grande prova di uno scudo mitico è quella descritta da Omero nel libro XVIII dell'Iliade [1] con una ekphrasis (ovvero una descrizione) che avrebbe fatto scuola nell'epica.

La situazione è forse nota anche al grande pubblico: Achille nella sua ira si era ritirato dalla guerra contro i Troiani; ma quando Ettore arriva a minacciare di incendiare le navi dei Greci, il Pelide autorizza l'amico Patroclo a indossare le sue armi, a fingersi lui, e a cacciare i nemici. Il destino di Patroclo è segnato: Ettore lo uccide e lo spoglia delle armi. A questo punto Achille torna in battaglia, deciso a vendicarsi, ma non lo può fare perché è disarmato.

Ma come, direte voi: Achille? Quello che era invulnerabile tranne il tallone?
Ebbene, Omero tace questa invulnerabilità; anzi, nel poema Achille viene ferito dall'ambidestro Asteropeo [2].



Così, benché sia tamente forte che la prima volta era bastata la sua apparizione furibonda e improvvisa sul campo di battaglia per mettere in fuga i troiani che lottavano attorno al corpo di Patroclo, Achille ha necessità di armi degne di lui per affrontare gli avversari nel round successivo, quando non poteva contarepiù sull'effetto sorpresa.
Come altre volte nel poema, Achille chiede aiuto a mamma Teti; e lei si rivolge ad Efesto, il fabbro degli dei. Lo zoppo signore del fuoco ha un debito di riconoscenza verso Teti e le Nereidi: quando Zeus lo scagliò giù dall'Olimpo, furono proprio le ninfe del mare figlie di Nereo a soccorrerlo.
Così il fabbro divino, sostenuto dalle fanciulle di metallo che ha creato personalmente, si mette subito al lavoro.

Efesto fabbricò l'armatura, l'elmo col cimiero dorato e gli schinieri, ma l'arte di queste armi viene liquidata con poche parole; ben di più sono spese per il grande scudo tondo decorato a sbalzo, che fu fatto per primo.
Era un'opera d'arte, realizzata con cinque zone [3] in cui vengono rappresentati diversi aspetti del mondo; oro e argento erano stati usati in profusione.

Ma cosa appare nello scudo?
Innanzitutto molte cose che non ci aspetteremmo da un oggetto che identifica quanto e più del cimiero il guerriero in battaglia.

Al centro domina l'elemento cosmologico: la terra, il mare, il cielo, il Sole "infaticabile", e la "tonda" Luna, e gli astri della volta celeste. Tra essi le costellazioni delle Pleiadi e quella delle Iadi; "la stella di Orione" (Rigel? Betelgeuse?) e l'Orsa Maggiore da esso divisa "dai lavacri del mare", a ruotare attorno al polo.

Ecco poi attorno due belle città fatte dagli uomini. Nella prima ci sono banchetti e nozze, e un corteo che accompagna le spose, con giovani che suonano e cantano. Sempre in quella, ma da un'altra parte si raduna una folla per un caso di omicidio: un uomo dichiarava di aver pagato il guidrigildo, l'altro lo negava; la folla si divideva tra i due partiti, i banditori cercano di placare il tumulto; infine gli araldi con lo scettro in mano emettono il giudizio, e impongono che la parte vincitrice abbia diritto a un doppio talento d'oro.
Due eserciti sono intorno alla seconda città, indecisi se distruggere la rocca fin dalle fondamenta o dividersi le ricchezze; ma la città resiste e organizza una controffensiva sotto la protezione di Atena ed Ares; a un fiume i razziano dei buoi e uccidono i bovari. A questo punto gli assalitori mandano la cavalleria che raggiunge i predatori e scoppia un battaglia, dove Eris, il Tumulto e la Chera regnano sovrani.

Poi ecco un campo arato per la terza volta da numerosi aratori con i loro buoi; e al termine del solco, ecco che i contadini si godono un buon boccale di vino prima di riprendere la fatica; dietro di loro la terra arata era fatta d'oro.
Segue un campo dove si falciano le spighe mature sotto la supervisione del re, mentre sotto una quercia si prepara il banchetto per i lavoratori. E ancora un vigneto con tralci fatti d'oro su pali d'argento, e giovani e rzgazze che portano in canestri i frutti al suono di cetre e zufoli.

Ecco poi una mandria di giovenche in oro e stagno, che si abbeverano in un fiume; le sorvegliano quattro pastori fatti d'oro con nove cani; ma due leoni si avventano sugli animali e feriscono un grande toro. I pastori ed i cani accorrono a salvarlo, ma le fiere lo hanno già trascinato tra le canne presso il fiume.
E ancora il fabbro aveva raffigurato una bella valletta, dove tra capanne e ovili pascolano le greggi.

Conclude una danza uguale a quella composta da Dedalo per Arianna sull'isola di Creta. Ragazzi e ragazze ballano inghirlandati; è un ballo in tondo, simile al movimento che il vasaio imprime al tornio; la folla osserva compiaciuta, e completano il quadro due danzatori (kubistetère, lett.: "saltimbanchi, acrobati") in pose diverse.

Infine sul bordo esterno dello scudo c'era il grande fiume Oceano.

Insomma: tranne la scena della città assediata (eco di qualche episodio dei primi nove anni di Guerra Troiana?) abbiamo ben poco di guerresco. E, ci pare, ben poco che possa essere ricondotto ad Achille stesso, alla sua patria Ftia di Tessaglia, o alla sua stirpe [4].

Quale può essere una delle interpretazioni dello scudo?

Intanto occorre dire che, pur differenziando le scene, il poeta non è chiaro nell'indicarci in quale delle zone concentriche di trovi ciascun aspetto.
Possiamo immaginare il cielo al centro e l'Oceano attorno, ma le altre tre zone sono più problematiche.
Sopra le abbiamo divise secondo le città, la campagna coltivata, l'allevamento, ma il tema della danza sembra esterno a quello della pastorizia.
A meno che, per far tornare i conti, non consideriamo insieme la danza e l'Oceano. Oppure ancora, come accade in alcune rappresentazioni che anche qui vi riportiamo, nel numero dei cinque cerchi includiamo anche le linee di separazione (per cui le zone effettivamente a sbalzo sarebbero in definitiva solo tre).

Sia come sia la divisione, lo schema dello scudo è una raffigurazione del Kosmos garantito da Zeus e dagli altri Olimpi. Si parte dal cielo al centro (possiamo immaginare che, in una non-prospettiva significhi che sta sopra tutto il resto) e si arriva all'Oceano che circonda la terra degli uomini, la oikoumène.
Degli uomini vengono rappresentate le conquiste sociali (la famiglia, i riti, la giustizia) ma anche gli aspetti della guerra: in fondo si tratta dello scudo di un eroe, e la bravura in battaglia era uno dei valori della nobiltà achea. Ci sono anche le "conquiste del lavoro" (l'agricoltura del grano nelle sue fsi e la vendemmia; l'allevamento di bovini e ovini).

Resta da interpretare la danza. Essa, come è abituale, che sembra un chiaro simbolo di armonia.
Ma armonia di cosa? Semplicemente degli uomini impegnati nel divertimento o nel rito?

A questo proposito ci si deve chiedere quale sia il choros, la danza che Dedalo insegnò ad Arianna.
I due saltimbanchi che cita Omero ci attirano irresistibilmente a vedere in essi l'eco degli affreschi della Creta minoica, con le acrobazie sul toro. E il legame toro\Minotauro\Labirinto (creato da Dedalo) è troppo noto per doverlo ricordare qui.

Però c'è un altro elemento: nel mito di Teseo a Creta si parla della "Danza delle Gru" rappresentata dai giovani ateniesi dopo la loro fuga, a imitazione delle svolte del Labirinto.
Ora: Dedalo era un ateniese. Che legame si può trovare tra le due danze?

Innanzitutto dobbiamo dire che la parola greca "choros" significa sì "danza", ma può essere anche "il LUOGO della danza".
Dedalo, tra le varie abilità, è un costruttore: a lui si attribuisce l'edificazione del Labirinto, e la danza degli ateniesi vuole riprodurre proprio il luogo da cui sono fuggiti...
Forse Dedalo si era limitato a creare lo spazio in cui danzare, con qualcosa che segnasse il percorso dei danzatori stessi. La "danza insegnata da Dedalo" non sarebbe quindi nulla di diverso dalla successiva "Danza delle Gru"

Robert Graves [5] ricorda (senza citare la fonte) che a primavera si svolgeva una danza erotica della pernice in onore della dea-Luna; durante essa i danzatori maschi saltellavano quasi zoppicando e portavano delle ali posticce; tale tradizione era ancora viva in Palestina all'epoca di San Gerolamo.
Le ali dei danzatori riconducono a Dedalo (e Icaro), la zoppìa ad Efesto; Arianna sembra uno dei tanti nomi dietro il quale si nasconde la dea della Luna [6].

Se l'artefice Dedalo insegna il ballo dello zoppo Efesto alla dea, quest'ultima scena non ci deve stupire: Dedalo è l'artefice per eccellenza, non solo l'architetto o il geniale inventore della tecnica del volo.
Dedalo, per lo meno in alcuni aspetti sembra una proiezione di Efesto stesso [7], dio del fuoco, ma anche fabbro in grado di creare automi che lo sostengono e lo aiutano nel suo lavoro.
Infatti anche il genio ateniese costruisce meccanismi: su richiesta di Minosse che voleva un guardiano per l'isola, egli realizza Talo, gigante di bronzo dalla testa di toro che ha le caratteristiche di Efesto (il fuoco con cui si arroventa il corpo per stringere in un abbraccio mortale i nemici; l'automatismo; secondo Graves la zoppia) e che ha come punto debole la vena che dal tallone (!) arriva fino alla sua testa...[8]

Torniamo al ballo della gru di Teseo e dei suoi compagni: come ci ricorda la novella di Chichibio e Currado Gianfigliazzi, la caratteristica della gru è quella di riposare su una gamba sola. Possiamo spingerci a semplificare e dire che si tratta di un ballo "quasi" saltellante di danzatori con le ali?
Forse no.
Innanzitutto la pernice [9] non è una gru (c'è una bella differenza, come si vede dalle immagini), benchè sia comunque una creatura del cielo.
La gru


La pernice



Possiamo trovare in questa danza un richiamo alle stelle, per iniziare e chiudere l'immagine dello scudo con riferimenti celesti?
La faccenda è assai discussa. Intanto il movimento che viene descritto, di venirsi incontro ed allontanarsi, sembra riprodurre una sorta di "ballu tundu" sardo (ma anche alcune danze tradizionali greche).
Poi l'enciclopedico Plinio il Vecchio [10] ci dice che le gru in cattività si danno a comportamenti sfrenati e "anche da sole fanno giri correndo in modo indecoroso".

Kàroly Kerenyi, nel suo saggio "Nel Labirinto", collega l’origine del labirinto con le più antiche danze a spirale.
Esse si riscontrano in molte culture anche distanti geograficamente tra loro: ad esempio la polinesiana "Danza Maro". Sembra che nella “Danza delle Gru” venissero utilizzate delle funi, che conducevano i danzatori prima verso l'interno e poi di nuovo verso l’esterno. La direzione resta la medesima: arrivato al centro della spirale, il ballerino si volge indietro proseguendo un movimento che fin dall’inizio girava intorno ad un centro invisibile. Da quando però il danzatore inverte il movimento, la direzione non è più verso la “morte” bensì verso la “nascita”.
In sintesi: l'ingresso nel Labirinto riprodotto dalla danza sarebbe una classica "discesa negli Inferi"; l'uscita la celebrazione della vita (l’uscita dal labirinto, il salvataggio).
Kerenyi associa l’idea del volo delle gru all’idea di “continuazione infinita”, di “ritorno” (le gru sono uccelli migratori), come indicherebbero i movimenti della spirale e le danze labirintiche (ed anche il gomitolo di Arianna e le funi usate nelle danze).




Ecco, il "ruotare", il cerchio perfetto, il ritorno eterno simboleggiato dal percorso degli astri... ecco, forse, l'elemento dominante: ruota l'Orsa attorno al Polo, ruota la danza come il tornio del vasaio, ruota l'Oceano attorno alla Terra, lo scudo è rotondo, e quindi rotante... Perfino Talo, secondo Graves [11] era detto "Circino" ovvero "circolare".
La danza è forse quella con cui Eurinome generò il mondo [12] o quella con cui Eros Primigenio compì lo stesso atto [13].

Come in un circolo perfetto, nello scudo di Achille si parte dal cielo e si torna al cielo.
Esso, insomma, non è solo un pezzo di armatura: è una concezione del mondo.

Un'altra arma di Achille, cantata dal Mitiko Vincio

[1] vv. 478-607
[2] Iliade XXI, 147 e segg.. Achille viene ferito al gomito. Vi sono frammenti di mito che parlano del ferimento di Achille da parte di Elèno al polso con una freccia, e una versione discordante da Omero dice che Ettore riuscì a colpirlo al femore. Paride lo colpì con una freccia al tallone (ma il vero uccisore era stato Apollo) e lì possiamo immaginare una morte per setticemia.
[3] il testo dice "pènte d'ar' autoù èsan sàkeos ptùches", "cinque erano le ripiegature\strati(di metallo) di quello scudo", e in ciò si è voluto vedere dei cerchi concentrici; per chi volesse trovare a tutti i costi citazioni mitiche, anche Atlantide era la "città dei 5 cerchi", su un'isola circondata dall'Oceano.
[4] il padre Pèleo era figlio di Eaco di Egina; la madre Teti era una delle figlie del "Vecchio del Mare" Nereo.
[5] Graves, I miti Greci, 92.2
[6] Graves, op. cit., 98.5
[7] anzi, in Graves, op. cit. 92.7 viene data l'identità tra i due: "Efesto e Dedalo sono infatti lo stesso personaggio mitico".
[8] Su Talo vedi Graves, op cit. 97.1 dice che un suo soprannome era "Tantalo", ovvero "lo zoppicante". La versione più nota della morte di Talo è quella contenuta nel Libro Quarto delle Argonautiche di Apollonio Rodio, ma una versione discordante dice che Peante figlio di Taumaco lo colpì al tallone con una freccia! E, fuoco per fuoco, fu lui ad accendere il rogo di Eracle che per ricompensa gli diede frecce e arco (di solito questo ruolo, e il dono viene dato a Filottete, il vendicatore di Achille). Anche Chirone fu colpito da una freccia di Eracle al ginocchio.
[9] Non dimentichiamo che la sorella di Dedalo, secondo alcune versioni, si chiamava Perdix, "Pernice"; era madre del primo Talo, a sua volta inventore, ucciso dall'invidia dello zio Dedalo che per questo omicidio fu cacciato in esilio. Suida e Fozio riferiscono che alla sua morte, l'anima di Talo volò in cielo sotto forma di pernice.
[10] Plinio, Naturalis Historia, X, 30, 59
[11] Graves, op. cit., 92.9
[12] Plinio, Naturalis Historia IV 35 e VIII, 67.
[13] Luciano di Samosata, De Saltatione: "Fammi dire che i migliori studiosi di antichità rintracciano nella danza la creazione dell’universo; la danza è nata con Eros Primigenio, che fu il principio di ogni cosa. Nella danza dei corpi celesti, nelle complesse evoluzioni che si accordano tra loro, i pianeti si muovono in armoniosa relazione con le stelle fisse."

Per ulteriori approfondimenti sulla Danza delle Gru e i suoi significati, si rimanda a questi siti QUI e QUI


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