Continua la nostra analisi delle immagini rappresentate sugli scudi degli
eroi dell’epica classica. Dopo aver sfiorato l’argomento QUI (gli scudi dei Sette contro Tebe) abbiamo iniziato al disamina QUI, analizzando lo Scudo di Achille così come descritto nell’Iliade, mentre QUI abbiamo parlato di altri scudi: quelli di Agamennone, di Atena e di Perseo.
LO SCUDO DI ERACLE
Ad Esiodo, autore delle Opere e
Giorni e della Teogonia, è per tradizione
attribuita la paternità anche di un poemetto epico in 480 esametri: sul modello
dell’Iliade il poeta descrive lo
scontro tra Eracle e l’eroe Cicno, ma concentra la sua attenzione sull’ekphrasis dello scudo che viene
fabbricato per il figlio di Zeus da Efesto, il fabbro divino.
Ne consegue che il titolo convenzionale del poemetto sia Aspis (alla latina: Scutum Heraclis), ovvero “Lo Scudo (di Eracle)”.
Il modello è l’Iliade, dicevamo;
ma non è un modello ripreso pedissequamente.
Sulla scia di Omero, il poeta racconta dei materiali utilizzati: l’opera di
Efesto non è solo un capolavoro tecnico che
“nessunoavrebbe infranto né ammaccato di colpi”,
ma una profusione di ricchezza. Ecco dunque smalto, avorio, oro,
elettro… In questo, lo scudo di Eracle ricorda quello di Achille ricco d’oro e
d’argento, e l’armatura d’oro di Glauco di Licia, che valeva cento buoi.
Poi l’autore passa a indicare le immagini modellate dal fabbro degli dei.
Al centro dello scudo del Pelide dominava una raffigurazione del cielo
stellato.
Qui, al contrario abbiamo un drago[1] di cui si mettono in evidenza gli
aspetti per i quali la figura “ispirava indicibile orrore”: pupille oblique,
brillante come fuoco, le zanne della bocca. Sopra di lui vola Eris, la Discordia,
che fa schierare in battaglia gli uomini e sottrae il senno a chi osasse affrontare
il figlio di Zeus.
Segue poi una lista di figure simboliche che a partire da un ambito
“militare” progressivamente giungono agli aspetti più individuali e crudeli
della guerra (l’Attacco, la Fuga, la Strage, lo Strepito, l’Omicidio, il
Tumulto, la Rissa), e su tutti la mortale Chera, la quale afferra un ferito e
un illeso, e trascina via brutalmente un morto (“ghermendolo al piede”).
Non è un combattimento glorioso: le anime sprofondano sotto terra nell’Ade,
e il poeta indulge sugli effetti di putrefazione sotto la calura estiva.
La Chera ha una veste macchiata di sangue umano, e ha comportamenti
bestiali: guarda in modo terribile,
grida, fa strepito, dal suo petto dodici teste di serpente minacciano chi
osasse lanciarsi contro il figlio di Zeus; le sue insegne mandano fiamme e i
serpenti sono azzurri sul dorso ma dalle mascelle nere.
Non è la guerra gloriosa fatta di agguati e assedi che abbiamo visto nello
scudo di Achille: è una congerie di immagini spaventose (o tali, nella
percezione del poeta), il “brutto” della guerra.
Seguono immagini di animali selvaggi (cinghiali, leoni) che si azzuffano;
già alcuni di essi sono morti, e il sangue si sparge.[2]
Da un lato gli eroi che lottarono dalla parte dei Lapiti (Ceneo, Driante,
Pirítoo, Pròloco, Oplèo, Falèro, Esòdio, Mopso figlio di Ampìco, Titarèsio figlio
di Marte, e soprattutto l’ateniese Tesèo), raffiguranti in argento con armi
d’oro ai fianchi.
Dall’altro i Centauri bestiali, fatti in argento e armati di abeti
modellati nell’oro. Il poeta ci tiene a sottolineare l’abilità del fabbro,
poiché la rappresentazione era estremamente realistica (“così come se fossero
vivi”).
Segue poi il carro di Ares (padre di Cicno!) che, coperto di sangue, eccita
al combattimento gli eserciti e insieme toglie loro la vita, affiancato da
Deimos e Phobos: è l’Ares di Omero, l’aspetto brutale della lotta.
Ma Atena Tritogenia, protettrice di Eracle e avversaria di Ares nell’Iliade, stavolta non è da meno: qui la
dea dagli occhi azzurri non è tanto la ‘guerra ragionata’, poiché è “desiderosa
di preda” e pronta alla “cruda battaglia” anche lei.
Se i due dei della guerra si preparano allo scontro, altri dei danzano al
suono della cetra di Apollo, quasi indifferenti alle sofferenze umane e più
intenti a seguire una gara di canto tra le Muse.
Perseo in un vaso greco |
Poi scendiamo nel mondo degli uomini, anche qui colorato di mito: un porto
con delfini guizzanti, pesci e nuotatori; un pescatore pronto a gettare la
rete.
Non è chiaro se in relazione a questo, Danae cinge i calzari alati a Perseo
che vola lontano con la testa della Gorgone Medusa nella bisaccia d’argento, e
l’elmo di Ade in testa; le altre Gorgoni inseguono Perseo, terribili
nell’aspetto, poiché sopra la cintola di ognuna di loro sorgono due dragoni.
Sopra questa scena una lotta tra armati attorno a una città attaccata, sotto
lo sguardo delle mogli dei combattenti disperate e dei vecchi che supplicavano
gli dei per la salvezza dei loro figli. Nel frattempo le Parche coperte di
sangue facevano ressa attorno ai caduti, desiderose di berne il sangue, per poi
straziarli con le unghie e gettarli nell’Ade.
La zuffa si concentra sopra un caduto, e sopra questa lotta sta il Dolore,
“la querula Ambascia odïosa,pallida, magra, cascante di fame, le gambe stecchite,e l'unghie lunghe lunghe sporgean dalle dita: colavadalle narici moccio, cadevano giù dalle guancestille di sangue; ed essa, con grande stridore di denti,stava, e sugli òmeri suoi si addensava la polvere fitta,molle di pianto.”
Presso questa scena una città difesa da sette porte d’oro (Tebe? [3]), con
scene di divertimento e sposalizio tra imenei, danze, zampogne, cetre e flauti.
Davanti alla città gare di cavalli, e scene di aratura, mietitura e vendemmia.
Altrove gare di lotta e pancrazio, e di caccia alla lepre con cani; gare di
carri col premio di un tripode.
Infine, intorno a tutto, l’Oceano rigonfio, con cigni che volano sopra esso
e pesci che guizzano.
La descrizione dello scudo, come detto, in parte riprende, in parte innova il
modello dell’Iliade: abbiamo la
guerra, benché nei suoi aspetti più crudi (l’assedio, la battaglia); la
presenza di figure allegoriche legate al combattimento (come nello scudo di
Agamennone troviamo Deimos e Phobos, come in quello di Achille Eris e la Chera)
e la Gorgone (era nello scudo del Re di Micene e in quello di Atena); la
raffigurazione di Ares e Atena; la città con il matrimonio, la campagna con le
sue attività, la caccia (qui è alla lepre, nello scudo di Achille era ai leoni
che avevano ucciso un toro); l’Oceano che circonda tutto. Il drago al centro
dello scudo di Eracle richiama i draghi sul collo e sul balteo dell’armatura di
Agamennone.
Se tradizionalmente l’Aspis è
successivo all’Iliade, le descrizioni
dello scudo di Atena come lo ritroviamo nelle statue sono riportate da autori
più recenti, e non possiamo sapere la precedenza delle immagini.
Per dirla tutta: che sullo scudo di Atena (sia Parthenos che Promachos) ci
fosse la lotta contro i Centauri, è una conseguenza dello Scudo di Eracle, o
era una raffigurazione tradizionale delle armi della dea, ed è stato il poeta
dell’Aspis ad averla ripresa? [4] Non
mi pare possibile risolvere una volta per tutte la questione.
Quanto alla Gorgone, abbiamo detto come questa figura apotropaica fosse
diffusa non solo sugli scudi mitici, ma anche sugli scudi di più comuni
mortali.
Nello Scudo di Eracle essa fa parte della “storia di famiglia”, ovvero di
quel Perseo uccisore della Gorgone che era l’antenato del nostro eroe.
Queste le singole immagini. Ma come interpretare complessivamente lo scudo?
L’epica è uno specchio dell’interpretazione del mondo, dei valori ideali proposti,
delle aspettative del poeta sulla vita e sulla memoria dell’uomo che rimane dopo
la morte.
Come abbiamo già detto lo scudo di Achille descriveva un kosmos ordinato e “solare”, in cui la
guerra aveva la funzione, tutto sommato, di datrice di gloria. E’ una
raffigurazione coerente col mondo degli eroi di Omero [5], con la scelta di una
vita breve ma gloriosa.
Nello scudo di Eracle quel mondo è superato. Si tratta di un nuovo mondo:
un mondo cupo, spietato, dove la guerra non è gloriosa, ma terribile.
Se è vero che le armi di difesa hanno spesso avuto un ruolo “psicologico”
importante di minaccia e sbigottimento dell’avversario[6] qui, secondo il
Lesky, si va oltre: “sono descritti gli orrori della guerra e sono radunati i
demoni della distruzione” [7].
E’ il mondo di Esiodo, quello dell’Età del Ferro: la sofferenza, l’ingiustizia,
la corruzione hanno sostituito la felicità dell’Età dell’Oro; un mondo dove il
conflitto è la norma, e gli uomini non muoiono più come colti dal sonno, come sotto
il regno di Crono, ma in battaglie crudeli, circondati da demoni che bramano il
sangue e la strage. [8]
Ma forse questa è una semplificazione eccessiva, e i due mondi non sono
così lontani come sembrano a prima vista: se l’autore dell’Aspis in effetti indulge ed insiste su aspetti macabri, dobbiamo
però rilevare che, in realtà, non fa che ampliare l’idea di guerra sanguinaria che
era già sottesa allo scudo di Agamennone.
Dovremo attendere il terzo grande autore epico dell’antichità per avere,
attraverso un altro scudo, una nuova interpretazione del mondo: sarà il latino
Virgilio, e lo scudo sarà quello di Enea.
Ancora la Gorgone e Perseo, dal Dinos del Pittore della Gorgone |
Alcune piccole note…
L’Aspis è
organizzato per blocchi tematici: si inizia con l’inganno di Zeus ad Alcmena e
la nascita dell’eroe; segue l’incontro tra Eracle, accompagnato da Iolao, e
Cicno col padre Ares in un bosco dedicato ad Apollo; c’è la descrizione delle
armi; Atena garantisce la sua protezione ad Eracle; la lotta tra Cicno ed
Eracle a imitazione del duello tra Achille ed Ettore e morte di Cicno, colpito
al collo come accadde al principe di Troia; Eracle con l’aiuto di Atena ferisce
Ares (come Diomede aveva ferito lo stesso dio nell’Iliade); sepoltura di Cicno;
la tomba di questi, però, viene distrutta dal fiume Anauro su ordine di Apollo
perché Cicno ed Ares spogliavano i pellegrini diretti a Delfi.
Il Cicno di cui si parla in questo post è figlio di Ares
e Pelopia; non lo si confonda con due altri eroi, figli di Poseidone, e legati
all’area Troiana
Il primo era il re di Colone, città davanti a Tenedo, che
fu protagonista di una vicenda simile a quella di Teseo, Fedra e Ippolito; poi
fu ucciso da Achille.
Il secondo combatté nella Guerra di Troia: si dice che
fosse invulnerabile, e che Achille lo uccise spingendolo in acqua fino a farlo
affogare… a colpi di scudo. La vicenda si svolse nelle fasi iniziali della
Guerra di Troia, e lo scudo di cui si parla non è, ovviamente, quello
fabbricato da Efesto al decimo anno di guerra.
[1] è pur vero che la costellazione del Draco è vicina alla Stella Polare;
quindi il richiamo celeste ci potrebbe essere, seppur meno chiaro di quanto
abbiamo visto nello scudo di Achille.
[2] la lotta tra cinghiali e leoni era sicuramente un topos ricorrente: lo
ritroviamo anche nel mito di Polinice e Tideo alla corte di Argo, che abbiamo
visto nella nostra disanima dei Sette a Tebe QUI.
[3] una delle versioni più accreditate sulla nascita di Eracle, vuole che
questa sia avvenuta proprio a Tebe. Il lieto evento, però, dovrebbe essere
precedente all’attacco dei Sette.
[4] la lotta contro i Centauri si ritrova anche sulle metope del lato Sud del
Partenone, assieme alla Gigantomachia sul lato Est (che, come visto, era sullo
scudo della statua di Atena Parthenos)
e l’Amazzonomachia sul lato Ovest; le metope del lato Nord probabilmente
raffiguravano la Guerra di Troia.
[5] l’Omero dell’Iliade, per lo
meno; il poeta dell’Odissea ci mostra
un Achille che nell’Ade si pente della sua scelta.
[6] de Chesnel ricorda un passo di de Bourdeilles de Brantome. Secondo
questo, ancora nel XVII secolo l’elmo (il morione) delle compagnie francesi
dell’epoca “oltre che essere utile durante gli assalti per proteggersi dalle
pietre e dalle sciabolate, […] era bello e espouventable
à veoyr” (citato in G. Santi-Mazzini, La macchina da Guerra 1 – dal
Medioevo al 1914, in Militaria, Milano 2006, pag. 183).
[7] A. Lesky, Storia della Letteratura Greca, Il Saggiatore, Volume 1,
Parte IV, I: Esiodo. Da notare che Lesky, sulla scia di diversi studiosi,
contesta l’attribuzione a Esiodo del poemetto (drastico il giudizio: “un poeta
di modeste qualità ha deformato la tradizione epica, cercando di innalzarla”),
pur riconoscendo l’antichità dell’attribuzione, forse già nel 600 a.C.:
significativo per lo studioso è il fatto che Eracle non sia equipaggiato con
clava e pelle di leone, che in seguito divennero attributi “obbligatori” della
sua figura.
[8] è una visione terribile della morte simile a quella che troviamo nelle
raffigurazioni delle tombe etrusche, dove i trapassati sono accompagnati e a
volte tormentati da demoni come Tuculcha (dalla chioma di serpenti come le
Gorgoni) o Chàrun.
Le citazioni del poema sono tratte da QUI, le fonti delle altre sono indicate in nota. Citazioni e le immagini non mi
appartengono, ma sono qui poste a corredo dell’analisi. Questo blog non ha fini
di lucro.