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venerdì 9 gennaio 2015

E tui de chini sesi? - Live!

Il programma di Gennaio 2015 degli Aperitivi Culturali.




 La Sardegna nel mito... oggi!


Il 15 gennaio alle 19, nella sede di Itzokor Onlus di Via La Marmora 123 a Cagliari, avrò il piacere di essere ospitato per parlare della Colonizzazione della Sardegna così come riportata dai mitografi greci.
Vi aspetto!

Il sito di Iztokor Onlus, da cui potete avere notizia delle loro numerose e interessantissime iniziative,  è http://www.itzokor.it/

E se volete avere un assaggio di quanto si dirà, in modo da preparare le vostre spietate domande che colgano in fallo il povero relatore... ricordate che abbiamo già parlato di questidi miti qui!

PARTE 1: INTRODUZIONE
PARTE 2: GLI INDIGENI
PARTE 3: CORSI E LIGURI
PARTE 4: SARDO E I LIBI
PARTE 5: NORACHE E I BALARI
PARTE 6: ARISTEO
PARTE 7: L'ORIGINE DEI TESPIADI

PARTE 8: IOLAO
PARTE 9: L'ARRIVO DEI TESPIADI
PARTE 10: DEDALO
PARTE 11: I SEPOLCRI DEI TESPIADI
PARTE 12: LA DECADENZA DEI TESPIADI \ IOLEI
PARTE 13: ETRUSCHI E TROIANI

NB: la locandina è stata tratta dal sito di Itzokor Onlus. Questo blog non ha fini di lucro

domenica 24 agosto 2014

L’ALMANACCO DEL BUON PAGANO NEL MESE AUGUSTANO – A. D. IX KAL. SEPT. (24 agosto)




ANTE DIEM NONUM KALENDAS SEPTEMBRES

DIES COMITIALIS (in questo giorno si possono tenere i comizi). E’ considerato però anche DIES RELIGIOSUS: benché non vi siano i divieti severi dei DIES NEFASTI, si suggerisce comunque prudenza nelle attività, che sono comunque sconsigliate, perché il giorno sarebbe caratterizzato dalla sfortuna.

OGGI IUPPITER SARA’…
Velatus priore, serenus posteriore

SI RICORDA IN QUESTO GIORNO
MUNDUS PATET: si apre il mundus Cereris, una fossa sacra circolare, posta nel santuario di Cerere e consacrata ai Di Manes. Il rito ha forse origine estrusca. La fossa veniva aperta tre volte l’anno: il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre.
Il mundus aveva una forma tonda come la volta celeste e l’universo, ma anche di utero rovesciato, scavato al centro della città dove si univano il decumano e il cardo.
L’apertura del mundus faceva sì che i Di Manes fossero alla luce, in grado di tornare nel mondo dei vivi e aggirarsi a loro piacimento per la città; il rito aveva valenza purificatoria, probabilmente (nel caso di oggi) in preparazione alla festa di Opsconsiva del 25 agosto, quando si mettevano a riparo le messi: non è quindi un caso che venisse implicata Ceres, dea delle messi, ma anche della fertilità e di tutto ciò che era ctonio. 


49 a.C. – Battaglia del Fiume Bagradas: i Pompeiani alleati a Giuba I di Numidia battono le truppe Cesariane guidate da Curione.

79 d.C. – tradizionalmente, sulla base di una lettera di Plinio il Giovane, in questo giorno inizia l’eruzione del Vesuvio che porterà alla distruzione di Pompei, Ercolano e Stabia. Gli studiosi moderni sulla base di testimonianze archeologiche e monetali, propendono per una corruzione del testo di Plinio e spostano la data al 24 ottobre.

410 – secondo alcune versioni è in questa data che i Visigoti di Alarico, entrati dalla Porta Salaria, danno inizio ai tre giorni di sacco di Roma. Per altri, è il secondo giorno del sacco.

I NATI (o MORTI) DEL GIORNO
49 a.C. – Gaio Curione, generale di Cesare, muore durante la sconfitta delle sue truppe sul Fiume Bagradas.

661 d.C. – muore Kogyokyu Tenno, imperatrice del Giappone.

1536 – Quizu Yupanqui, figòlio di Tupac Yupanqui e zio dell’Inca Manco, muore nel tentativo di sconfiggere gli spagnoli asserragliati a Lima.

IL NUMEN DEL GIORNO: I QUATTRO TEZCATLIPOCAS
Si narrava tra gli Aztechi che il dio creatore Manatatehuctli creò quattro divinità, i quattro Tezcatlipocas, perché continuassero la sua creazione; ciascuno di essi aveva associato un punto cardinale e un colore.
Il primo era Tezcatlipoca vero e proprio, lo “Specchio Fumante” (o “Ossidiana”), dio della notte, della magia, del Nord e delle tentazioni. Il suo punto cardinale era il nord e il suo colore il nero. Si diceva che avesse inventato la guerra per dare cibo e bevande agli dei attraverso i sacrifici umani. A lui venivano fatti sacrifici umani attraverso giochi gladiatori, in cui una vittima doveva affrontare fino a quattro tra Guerrieri-Aquila e Guerrieri-Giaguaro (l’élite militare azteca) legato e armato solo di armi simboliche; oppure gli si sacrificava un fanciullo che per un anno era stato tenuto e venerato come un dio. Il dio era zoppo e mancante di una gamba (così era, ad esempio, anche nella sua forma della costellazione dell’Orsa Maggiore), poiché aveva usato l’arto come esca per attirare il mostro della terra Cipactli: lui e Quetzalcoatl in questo modo lo catturarono, lo squartarono e con i suoi resti modellarono il mondo.
Il secondo era Quetzalcoatl, il “Serpente Piumato”, associato all’Est e al colore bianco. Troppi sono i miti su di lui, sulla sua fuga dal Messico e sulla sua promessa di ritorno per narrarli qui. Qui si ricordi che non amava i sacrifici umani, anche se si dice che abbia sacrificato gli altri dei per far muovere il sole.
Xipe Totec (“Nostro Signore lo Scorticato”) era associato all’Ovest e al rosso. Era rappresentato senza pelle e rivestito da una pelle umana gialla: ciò perché Xipe era stato, appunto, scorticato e dalla sua pelle era stato ricavato il mais. Dio dell’agricoltura, dei fabbri, della primavera, delle malattie, in suo onore venivano sacrificati gli uomini che perdevano durante combattimenti rituali: ad essi veniva strappato il cuore, venivano scotennati e scorticati, e i vincitori dei combattimenti si rivestivano della pelle dei vinti (colorata di giallo come nelle raffigurazioni del dio).
Huitzilopochtli, dio del Sole, della Guerra, della Morte e protettore degli Aztechi, che guidònella loro migrazione da Aztlàn. A lui è associato il Sud e il colore blu. I guerrieri morti con onore (ma anche le donne morte di parto) divenivano Huitzitl, colibrì sacri al dio. Le vittime sacrificate al dio venivano distese su altari e si aprivano ventre e torace con coltelli di ossidiana o selce, estraendo il cuore ancora pulsante che veniva sollevato e presentato al dio sole. Il corpo delle vittime veniva poi cremato o dato al guerriero che le aveva catturate che poteva farlo a pezzi usandolo come dono a persone importanti.   

Nota fumettistica: gli adoratori di Xipe sono i primi nemici affrontati da Tex! “Il totem misterioso” che fa da titolo alla prima striscia del (futuro) ranger è, appunto, una statuetta di Xipe che deve condurre a un favoloso tesoro.

IL DETTO
Rudis indigestaque moles
Massa confusa e informe”: questa, secondo il poeta Ovidio (Metamorfosi, I, 7) è la definizione del Caos primordiale, il Baratro in cui si trovavano indifferenziate tutte le cose. Nella concezione romana (così come in quella Esiodea) non c’è una “creazione” ma tutte le cose esistevano già dal principio: lo scopo degli dei fu quello di giungere al Kosmos, l’Ordine, separando ciò che doveva essere separato; ne consegue, tra l’altro, che molti dei mostri della mitologia classica siano esseri ibridi, “un po’ questo un po’ quello” (si veda la Chimera, ad esempio, o le Arpie e le Sirene), e che gli eroi mettono fine a questa conclusione sterminandoli.

COLTIVARE CON GLI ANTICHI
Bina iugera (Due iugeri).
Lo iugero era una misura agraria usata dai romani; corrisponde, grosso modo, ad un quarto di ettaro, ed era la quantità di terra arata in una giornata con due paia di buoi. Con una proprietà di due iugeri, si veniva tuttavia considerati come possidenti ai fini legali.
Narra la leggenda che dopo la guerra contro l’etrusco Porsenna, il popolo di Roma voleva dimostrare la sua gratitudine ad Orazio Coclite (ovvero “il monocolo”), che aveva resistito da solo agli assalti dei nemici sul Pons Sublicius, permettendo così ai compagni di distruggere il ponte e permettendo la resistenza di Roma: la ricompensa fu un appezzamento di terreno in base a quanto ne poteva arare in un intero giorno con due paia di buoi, ovvero uno iugero.

Una nota: questa è la versione di Tito Livio. Secondo Polibio, quando il ponte crollò, Orazio finì nel Tevere con addosso l’armatura ed affogò. Ma noi preferiamo la versione “contadina” della vicenda…

TRE RIGHE, UN LIBRO
K.Taube, Miti Aztechi e Maya, Mondadori, 1993
Un agile volumetto che ci dà una prima panoramica dei miti delle due più famose culture del Mesoamerica: emergono l’interesse per i calendari e il mondo visto come una lotta costante del giorno contro la notte che necessita dei sacrifici umani. Assai interessante è la parte sulle fonti.

IL REGALO DEL GIORNO
Acus aurea (Lo spillone d’oro)

Perché le chiome madide di unguenti non profanino le tue splendide sete,
lo spillone fissi e sostenga le tue ricciolute chiome.

(Marziale, Apophoreta, XXIV)

LA RICETTA DEL GIORNO
Piper (Il pepe)

Se un beccafico ben ingrassato, dalla carne lustra,
ti tocca, se sei furbo, aggiungi il pepe.

(Marziale, Xenia, V)

IL CONSIGLIO DEL GIORNO
Bulbi (La cipolla)

Se tua moglie è ormai vecchia e le tue membra sono ormai senza forza,
a null’altro che a saziarti potrà servirti la cipolla [per i romani noto afrodisiaco, ndr].

(Marziale, Xenia, V)



NB: immagini, video e traduzioni non mi appartengono e sono qui solo a corredo di un divertissement. Questo blog non ha fini di lucro.

lunedì 2 giugno 2014

MIGRAZIONI - DI NAVIGAZIONI E CORVI




Su un uomo chiamato Corvo, 
su un altro soprannominato Burro
e su una terra dai forti contrasti e dai molti nomi.


Rimettere a posto i file depositati nel nostro computer a volte riserva delle sorprese: perché l’orrenda macchina ricorda ciò che dimentichiamo. E questo è spesso una maledizione.
E’ invece una sorpresa curiosa ritrovare degli appunti presi da letture di quotidiani online del novembre 2012, quando l’Islanda era al centro di polemiche su vulcani eruttanti e banche fallite.
L’appunto, riletto oggi nel corso di un’operazione di sistemazione dei file che potremmo ben chiamare “archeologia informatica” in senso lato, riguardava (guarda un po’!) corvi e esploratori naviganti, e terre che dal mare emergono. Quando di più adatto (e, ahimè, da me dimenticato!) per collegarsi al recente post sul Corvo


Chi era «Corvo Floki»?
Secondo la cronaca dell'insediamento scandinavo in Islanda, il Landnámabok, egli fu l’uomo che diede il nome all’isola. Di più: fu il primo ad arrivarci volontariamente.
Ma come tutte le storie tra mito e leggenda, prima di parlare di lui dobbiamo fare un passo indietro (anzi due).

Tutto parte (o forse no) nella prima metà del IX secolo con Naddoddr, uno dei primi coloni delle Isole Faer Oer. Durante un viaggio dalla Norvegia alle isole, la nave del nostro si perse e arrivò fino alla costa orientale dell’attuale Islanda. Sbarcato in una baia sotto delle montagne, convinto di essere in terra feringia, il nostro scalò i rilievi per vedere il fumo salire dai fumaioli delle capanne dei coloni, ma non vide segno di umani.
Di fronte all’estendersi delle terre, e alla loro desolata solitudine, Naddoddr capì di aver attraccato nel posto sbagliato e decise di proseguire il proprio viaggio verso le Faer Oer, ma tornato alla nave vide iniziare una nevicata: così chiamò quella terra Snaeland (Terra della neve). Poi, terminata la tormenta, ripartì.[1]

Sulle coste della terra del Ghiaccio e del Fuoco (nessun riferimento voluto a George R.R. Martin) arrivò poi Gardharr Svavarsson uno svedese.
Egli aveva terre in Danimarca ed era sposato con una donna originaria delle Isole Ebridi. Durante un viaggio tra queste isole (attorno all'860) per poter reclamare l'eredità del suocero, salpò durante una tempesta che spinse la sua nave a nord fino a raggiungere la costa orientale dell'Islanda.
Circumnavigò quelle terre, divenendo la prima persona a noi nota a farlo: poté stabilire quindi che si trattava effettivamente di un'isola, che era grande ed abitabile. Avvicinandosi l’inverno, sbarcò a Skjàlfandi, dove si costruì una casa e lì trascorse la stagione fredda. Da questo momento il luogo prese il nome di Hùsavik.
Tornato, parlò di questa nuova terra e gli diede il suo nome (in islandese Gardharshólmur), per poi sparire nell’oblio della storia [2]. Uno dei suoi uomini, Nattfari, rimase sull’isola con due servi, ma non si stanziò definitivamente.


Arriviamo finalmente a Corvo Floki.
Il nostro navigatore era venuto a sapere della nuova terra di Gardharshòlmur. Dobbiamo pensare che fosse un uomo desideroso di avventura (o in fuga dalla solita faida scandinava), perché decise volontariamente di partire per abitare la nuova isola. Così mise su una nave sé stesso, la propria famiglia e il bestiame, diversi compagni e salpò dalla Norvegia Occidentale. 
Per prima cosa navigò verso le Isola Shetland. Si dice che quella tappa non fu fortunata: a quanto pare proprio lì una sua figlia trovò la morte affogando.
Così il nostro proseguì il viaggio attraccando nelle Isole Faer Oer: qui la sosta fu più piacevole, perché lì trovò un marito per un’altra figlia.
Durante la sosta (e i festeggiamenti per le nozze), il nostro Floki prese tre corvi: era probabilmente memore di Odino (in fondo era ancora pagano) e, novello Noè, pensava di mandare gli animali in avanscoperta per farsi aiutare a trovare l'Islanda.
L’acquisto dovette sembrare comunque bizzarro anche per quei duri colonizzatori, se al nostro rimase appiccicato il soprannome di Corvo-Floki (Hrafna-Flóki in islandese) con cui lo ricorda il Landnámabok.

Dopo un po' che erano ripartiti dalle Far-Oer, Floki liberò uno alla volta i corvi. Il primo corvo tornò alle Far-Oer, il secondo volò per qualche tempo e poi tornò a bordo; ma il terzo si diresse a nord-ovest senza più fare ritorno. Floki, fiducioso che il corvo avesse trovato terra e non fosse morto per una qualsiasi ragione, decise che l’isola si trovava sulla rotta dell’ultimo volatile liberato.
E Odino ricompensò la sua fiducia.
Dopo aver superato il luogo poi noto come Reykjanes, infatti, la nave giunse ad una grande baia. Si dice che uno dell’equipaggio, un uomo di nome Faxe, commentò che quella terra sembrava molto grande. Così, da lui, la baia prese il nome di Faxaflói (letteralmente “baia di Faxe”) [3].

Floki insediò un campo invernale nel Vatnsfjordhur. Probabilmente all’inizio l’inverno islandese gli apparve più mite dell’attuale [4], poiché nell'attesa della primavera Floki scalò le più alte montagne che sovrastavano il suo campo, ora note come Nònfell.
Da qui raggiunse un grosso fiordo, Isafjordhur, allora ricoperto di ghiaccio scivoloso: da questa visione decise di dare a quella terra il nome di Island (Terra di ghiaccio).

In seguito l’inverno peggiorò, e tutto il bestiame morì. Così, uno scoraggiato Floki decise che non valeva la pena rimanere lì e rischiare di essere bloccati e morire di fame. Dopo un’estate caratterizzata dal poco cibo, e un inverno (immaginiamo terribile) nell’occidentale Borgafjordhur, scoraggiato il Corvo imbarcò di nuovo compagni e moglie e se ne tornò in Norvegia.
Quando fu chiesto a Floki qualcosa sulla nuova terra, lui storse il naso [5] e disse che la considerava indegna.
Un suo compagno, Herjolf disse che la terra aveva sia lati positivi che negativi.
Un secondo, Thorolf disse che il burro era stato spalmato su ogni pezzo di terra che avevano trovato. Qualsiasi cosa volesse dire questa enigmatica sentenza, fece sì che Thorolf fosse soprannominato Thorolf Burro (sic!).

La storia di Corvo-Floki e dell’Islanda non termina però qui: quando la colonizzazione dell’isola ebbe il suo secondo tentativo (riuscito) e l’insediamento divenne stabile, tra i coloni c’era anche lui.
Aveva parlato male della Terra dei Ghiacci e del Fuoco [6], ma forse gli era rimasta nel cuore, perché il nostro Corvo vi abitò fino alla morte. 



Alcune piccole note

Floki è anche il nome del “costruttore di navi e incorreggibile trickster” che compare nella fiction storica Vikings, per cui vi rimando QUI.




Come detto la storia della colonizzazione dell’Islanda è narrata nel Landnámabók (Il Libro dell’Insediamento): il libro, giuntoci in diverse versioni, si occupa più specificamente del primo vero insediamento stabile, a opera dei circa 450 uomini guidati da Ingólfur Arnarson.

Secondo il Landnámabok (scritto comunque tre o quattrocento anni dopo la colonizzazione), Ingólfur fuggiva da una faida, e costruì la sua fattoria a Reykjavìk nell'870: questo segnò l'inizio dell'età della colonizzazione dell'isola che durò fino al 930.

Secondo la saga, quando la nave di Ingólfur approdò in quella terra disabitata, ordinò che gli alti sostegni del suo seggio (un attributo del suo rango di capotribù) fossero gettati in mare e dichiarò che il luogo in cui avessero toccato terra sarebbe stato il posto nel quale costruire la prima colonia d'Islanda. Narra la leggenda che due suoi schiavi (Vìfill e Karli) dovettero vagare per circa tre anni prima di trovare traccia di quei sostegni.

Stanziatisi secondo il presagio, lo Karli, che non apprezzava il luogo, disse ad Ingólfr: "Che peccato che abbiamo passato così tanta buona terra per stabilirci in questa penisola remota". Ma la capitale dell’Islanda è ancora là: Reykjavìk.



Il cronachista Ari Thorgillsson riconosce Ingólfur come il primo scandinavo a stanziarsi definitivamente in Islanda, ma riferisce che dei “Papar” (ovvero “papisti”, cioè monaci ed eremiti irlandesi) vivevano già nell'isola. I pii cristiani, memori delle stragi e dei saccheggi fatti dai vichinghi in Irlanda e Gran Bretagna (pensiamo al sacco di Lindisfarne che forse privò i monaci dei famosi sandwich di granchio per cui oggi è nota la Santa Isola) lasciarono l’isola per non dover vivere tra i nuovi arrivati di fede pagana.

Che la notizia di questa presenza non sia così inverosimile trova una “prova” nei leggendari Viaggi di San Brandano: questi portarono il santo e i suoi compagni in giro per il Nord Atlantico, fino a terre sconosciute (e al leggendario pesce-isola Jasconius, la più inutile della Carte del gioco Magic!).

Secondo alcuni gli irlandesi arrivarono anche in America, che risulta la terra più “scoperta” della storia (egizi, fenici, irlandesi, vichinghi, templari… e infine un genovese\spagnolo\portoghese\ebreo\catalano\sanlurese\templare\massone\figliodipapaCybo di nome Cristoforo Colombo)


[1] Ma le sue avventure per mare non finirono lì: si dice perfino che Naddoddr sia stato il primo nordico a viaggiare in America Settentrionale, circa 150 anni prima di Leif il Rosso (altresì noto come Leif il Fortunato), suo bis-bis-nipote.

[2] Si narra che, però, successivamente suo figlio emigrò in Islanda per tentare di conquistarla per conto del re norvegese, ma fu ucciso nell’impresa. Aveva già avuto un figlio, Hróar: anche egli fu coinvolto nelle lotte per il dominio sull’isola e fu per due volte sfidato ad una battaglia su una collina, vincendo entrambe le volte ed uccidendo gli avversari. Ma in seguito fu ucciso e toccò al figlio, nel rispetto della sana tradizione della faida scandinava, vendicarlo.

[3] I mitici lettori non si lascino andare a facili ironie sulla povertà di invenzione nell’onomastica norrena: i più “evoluti” inglesi mangiatori di manzo (citando Swift) o olandesi avrebbero dato nomi originali quali “Isole Christmas” o “Isola di Pasqua” sulla base del giorno di scoperta.

[4] Questo clima più mite al nord non ci stupisca: non dimentichiamo che poco tempo dopo l’Islanda poté essere colonizzata dai vichinghi abbastanza facilmente e così accadde in seguito per le più nordiche terre della Groenlandia: a vedere oggi le coste dell’isola più grande del mondo, nessuno direbbe che era una “terra verde”. Anche gli insediamenti norreni nel continente americano trovarono un clima favorevole, se i coloni chiamarono quella terra “Vinland”: evidentemente le temperature erano abbastanza alte da permettere la crescita della vite… pianta, non dimentichiamola, di origine noaicha.

[5] E se il nome fosse dato dall’avere il naso aquilino o quello corvino? O dai capelli scuri… 
[6] Il mitico (per me che l’ho divorato da piccolo) Dei ed Eroi della Mitologia Vichinga di B. Branston ipotizza che le leggende sulla “guerra” tra Muspellheim e Nifelheim alla base della cosmogonia di Snorri possano essere stati ispirati proprio dalle visioni dei vulcani in eruzione della suggestiva Islanda. 
 
Ingòlfur fonda il primo insediamento
PS: le immagini sono tratte dal web e non mi appartengono in alcun modo. Questo blogh non ha fini di lucro.