Su
un uomo chiamato Corvo,
su un altro soprannominato Burro
e su una terra dai
forti contrasti e dai molti nomi.
Rimettere
a posto i file depositati nel nostro computer a volte riserva delle sorprese:
perché l’orrenda macchina ricorda ciò che dimentichiamo. E questo è spesso una
maledizione.
E’
invece una sorpresa curiosa ritrovare degli appunti presi da letture di
quotidiani online del
novembre 2012, quando l’Islanda era al centro di polemiche su vulcani eruttanti
e banche fallite.
L’appunto,
riletto oggi nel corso di un’operazione di sistemazione dei file che potremmo
ben chiamare “archeologia informatica” in senso lato, riguardava (guarda un po’!)
corvi e esploratori naviganti, e terre che dal mare emergono. Quando di più
adatto (e, ahimè, da me dimenticato!) per collegarsi al recente post sul Corvo…
Chi
era «Corvo Floki»?
Secondo
la cronaca dell'insediamento scandinavo in Islanda, il Landnámabok, egli fu l’uomo
che diede il nome all’isola. Di più: fu il primo ad arrivarci volontariamente.
Ma
come tutte le storie tra mito e leggenda, prima di parlare di lui dobbiamo fare
un passo indietro (anzi due).
Tutto
parte (o forse no) nella prima metà del IX secolo con Naddoddr, uno dei primi
coloni delle Isole Faer Oer. Durante un viaggio dalla
Norvegia alle isole, la nave del nostro si perse e arrivò fino alla costa
orientale dell’attuale Islanda. Sbarcato in una baia sotto delle montagne, convinto
di essere in terra feringia, il nostro scalò i rilievi per vedere il fumo
salire dai fumaioli delle capanne dei coloni, ma non vide segno di umani.
Di
fronte all’estendersi delle terre, e alla loro desolata solitudine, Naddoddr capì
di aver attraccato nel posto sbagliato e decise di proseguire il proprio
viaggio verso le Faer Oer, ma tornato alla nave vide iniziare una nevicata:
così chiamò quella terra Snaeland (Terra della neve). Poi, terminata la
tormenta, ripartì.[1]
Sulle
coste della terra del Ghiaccio e del Fuoco (nessun riferimento voluto a George
R.R. Martin) arrivò poi Gardharr Svavarsson uno svedese.
Egli
aveva terre in Danimarca ed era sposato con una donna originaria delle Isole Ebridi.
Durante un viaggio tra queste isole (attorno all'860) per poter reclamare
l'eredità del suocero, salpò durante una tempesta che spinse la sua nave a nord
fino a raggiungere la costa orientale dell'Islanda.
Circumnavigò
quelle terre, divenendo la prima persona a noi nota a farlo: poté stabilire
quindi che si trattava effettivamente di un'isola, che era grande ed
abitabile. Avvicinandosi l’inverno, sbarcò a Skjàlfandi,
dove si costruì una casa e lì trascorse la stagione fredda. Da questo momento
il luogo prese il nome di Hùsavik.
Tornato,
parlò di questa nuova terra e gli diede il suo nome (in islandese Gardharshólmur),
per poi sparire nell’oblio della storia [2]. Uno dei suoi uomini, Nattfari,
rimase sull’isola con due servi, ma non si stanziò definitivamente.
Arriviamo
finalmente a Corvo Floki.
Il
nostro navigatore era venuto a sapere della nuova terra di Gardharshòlmur. Dobbiamo
pensare che fosse un uomo desideroso di avventura (o in fuga dalla solita faida
scandinava), perché decise volontariamente di partire per abitare la nuova
isola. Così mise su una nave sé stesso, la propria famiglia e il bestiame, diversi
compagni e salpò dalla Norvegia Occidentale.
Per
prima cosa navigò verso le Isola Shetland. Si dice che quella tappa non fu
fortunata: a quanto pare proprio lì una sua figlia trovò la morte affogando.
Così
il nostro proseguì il viaggio attraccando nelle Isole Faer Oer: qui la sosta fu più piacevole,
perché lì trovò un marito per un’altra figlia.
Durante
la sosta (e i festeggiamenti per le nozze), il nostro Floki prese tre corvi:
era probabilmente memore di Odino (in fondo era ancora pagano) e, novello Noè,
pensava di mandare gli animali in avanscoperta per farsi aiutare a trovare
l'Islanda.
L’acquisto
dovette sembrare comunque bizzarro anche per quei duri colonizzatori, se al
nostro rimase appiccicato il soprannome di Corvo-Floki (Hrafna-Flóki in islandese) con cui lo ricorda il Landnámabok.
Dopo
un po' che erano ripartiti dalle Far-Oer, Floki liberò uno alla volta i corvi.
Il primo corvo tornò alle Far-Oer, il secondo volò per qualche tempo e poi
tornò a bordo; ma il terzo si diresse a nord-ovest senza più fare ritorno.
Floki, fiducioso che il corvo avesse trovato terra e non fosse morto per una
qualsiasi ragione, decise che l’isola si trovava sulla rotta dell’ultimo
volatile liberato.
E Odino
ricompensò la sua fiducia.
Dopo
aver superato il luogo poi noto come Reykjanes,
infatti, la nave giunse ad una grande baia. Si dice che uno dell’equipaggio, un
uomo di nome Faxe, commentò che quella terra sembrava molto grande. Così, da lui,
la baia prese il nome di Faxaflói (letteralmente “baia di Faxe”) [3].
Floki
insediò un campo invernale nel Vatnsfjordhur. Probabilmente
all’inizio l’inverno islandese gli apparve più mite dell’attuale [4], poiché nell'attesa
della primavera Floki scalò le più alte montagne che sovrastavano il suo campo,
ora note come Nònfell.
Da
qui raggiunse un grosso fiordo, Isafjordhur, allora ricoperto
di ghiaccio scivoloso: da questa visione decise di dare a quella terra il nome
di Island (Terra di ghiaccio).
In
seguito l’inverno peggiorò, e tutto il bestiame morì. Così, uno scoraggiato
Floki decise che non valeva la pena rimanere lì e rischiare di essere bloccati
e morire di fame. Dopo un’estate caratterizzata dal poco cibo, e un inverno
(immaginiamo terribile) nell’occidentale Borgafjordhur, scoraggiato il Corvo imbarcò
di nuovo compagni e moglie e se ne tornò in Norvegia.
Quando
fu chiesto a Floki qualcosa sulla nuova terra, lui storse il naso [5] e disse
che la considerava indegna.
Un
suo compagno, Herjolf disse che la terra aveva sia lati positivi che negativi.
Un
secondo, Thorolf disse che il burro era stato spalmato su ogni pezzo di terra
che avevano trovato. Qualsiasi cosa volesse dire questa enigmatica sentenza,
fece sì che Thorolf fosse soprannominato Thorolf Burro (sic!).
La
storia di Corvo-Floki e dell’Islanda non termina però qui: quando la
colonizzazione dell’isola ebbe il suo secondo tentativo (riuscito) e l’insediamento
divenne stabile, tra i coloni c’era anche lui.
Aveva
parlato male della Terra dei Ghiacci e del Fuoco [6], ma forse gli era rimasta
nel cuore, perché il nostro Corvo vi abitò fino alla morte.
Alcune
piccole note
Floki
è anche il nome del “costruttore di navi e incorreggibile trickster” che compare
nella fiction storica Vikings, per cui vi rimando QUI.
Come
detto la storia della colonizzazione dell’Islanda è narrata nel Landnámabók (Il
Libro dell’Insediamento): il libro, giuntoci in diverse versioni, si occupa più
specificamente del primo vero insediamento stabile, a opera dei circa 450
uomini guidati da Ingólfur Arnarson.
Secondo
il Landnámabok (scritto comunque tre o quattrocento anni dopo la
colonizzazione), Ingólfur fuggiva da una faida, e costruì la sua fattoria a Reykjavìk nell'870:
questo segnò l'inizio dell'età della colonizzazione dell'isola che durò fino al 930.
Secondo
la saga, quando la nave di Ingólfur approdò in quella terra disabitata, ordinò
che gli alti sostegni del suo seggio (un attributo del suo rango di capotribù)
fossero gettati in mare e dichiarò che il luogo in cui avessero toccato terra
sarebbe stato il posto nel quale costruire la prima colonia d'Islanda. Narra la
leggenda che due suoi schiavi (Vìfill e Karli) dovettero vagare per circa tre
anni prima di trovare traccia di quei sostegni.
Stanziatisi
secondo il presagio, lo Karli, che non apprezzava il luogo, disse ad Ingólfr:
"Che peccato che abbiamo passato così tanta buona terra per stabilirci in
questa penisola remota". Ma la capitale dell’Islanda è ancora là: Reykjavìk.
Il
cronachista Ari Thorgillsson riconosce Ingólfur come il
primo scandinavo a stanziarsi definitivamente in Islanda, ma riferisce che dei “Papar”
(ovvero “papisti”, cioè monaci ed eremiti irlandesi) vivevano già nell'isola. I pii cristiani, memori
delle stragi e dei saccheggi fatti dai vichinghi in Irlanda e Gran Bretagna
(pensiamo al sacco di Lindisfarne che forse privò i monaci dei famosi sandwich
di granchio per cui oggi è nota la Santa Isola) lasciarono l’isola per non
dover vivere tra i nuovi arrivati di fede pagana.
Che
la notizia di questa presenza non sia così inverosimile trova una “prova” nei leggendari
Viaggi di San Brandano: questi
portarono il santo e i suoi compagni in giro per il Nord Atlantico, fino a
terre sconosciute (e al leggendario pesce-isola Jasconius, la più inutile della
Carte del gioco Magic!).
Secondo
alcuni gli irlandesi arrivarono anche in America, che risulta la terra più “scoperta”
della storia (egizi, fenici, irlandesi, vichinghi, templari… e infine un
genovese\spagnolo\portoghese\ebreo\catalano\sanlurese\templare\massone\figliodipapaCybo
di nome Cristoforo Colombo)
[1]
Ma le sue avventure per mare non finirono lì: si dice perfino che Naddoddr sia
stato il primo nordico a viaggiare in America Settentrionale, circa 150 anni prima di Leif il Rosso (altresì noto come Leif il Fortunato), suo bis-bis-nipote.
[2] Si narra che, però, successivamente suo figlio emigrò in
Islanda per tentare di conquistarla per conto del re norvegese, ma fu ucciso
nell’impresa. Aveva già avuto un figlio, Hróar: anche egli fu coinvolto nelle
lotte per il dominio sull’isola e fu per due volte sfidato ad una battaglia su
una collina, vincendo entrambe le volte ed uccidendo gli avversari. Ma in
seguito fu ucciso e toccò al figlio, nel rispetto della sana tradizione della
faida scandinava, vendicarlo.
[3]
I mitici lettori non si lascino andare a facili ironie sulla povertà di
invenzione nell’onomastica norrena: i più “evoluti” inglesi mangiatori di manzo
(citando Swift) o olandesi avrebbero dato nomi originali quali “Isole Christmas”
o “Isola di Pasqua” sulla base del giorno di scoperta.
[4]
Questo clima più mite al nord non ci stupisca: non dimentichiamo che poco tempo
dopo l’Islanda poté essere colonizzata dai vichinghi abbastanza facilmente e
così accadde in seguito per le più nordiche terre della Groenlandia: a vedere
oggi le coste dell’isola più grande del mondo, nessuno direbbe che era una “terra
verde”. Anche gli insediamenti norreni nel continente americano trovarono un
clima favorevole, se i coloni chiamarono quella terra “Vinland”: evidentemente
le temperature erano abbastanza alte da permettere la crescita della vite…
pianta, non dimentichiamola, di origine noaicha.
[5]
E se il nome fosse dato dall’avere il naso aquilino o quello corvino? O dai
capelli scuri…
[6] Il mitico (per me che l’ho divorato da piccolo) Dei ed Eroi della Mitologia Vichinga di B. Branston ipotizza che le leggende sulla “guerra” tra Muspellheim e Nifelheim alla base della cosmogonia di Snorri possano essere stati ispirati proprio dalle visioni dei vulcani in eruzione della suggestiva Islanda.
[6] Il mitico (per me che l’ho divorato da piccolo) Dei ed Eroi della Mitologia Vichinga di B. Branston ipotizza che le leggende sulla “guerra” tra Muspellheim e Nifelheim alla base della cosmogonia di Snorri possano essere stati ispirati proprio dalle visioni dei vulcani in eruzione della suggestiva Islanda.
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