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domenica 30 settembre 2012

PARTI AL MASCHILE 2 - BELLECOSCE



In questi tempi di discussioni sulla vera parità uomo\donna, sulle gravidanze anomale, e sugli uteri in affitto, la testimonianza degli dei può essere davvero illuminante.
QUI vi abbiamo raccontato di come Zeus sia stato uno strano "padre\madre\partoriente": dalla sua testa, infatti, spuntò fuori sua figlia Atena, armata di tutto punto.

Oggi vi narreremo di come le acrobazie partorienti di Zeus non siano finite con il parto cerebrale.

Il dio sapeva ingravidare donne divine e mortali in molti modi, ma si doveva tutelare nei confronti della gelosissima moglie ufficiale, Era, la Signora degli Dei, la Protettrice dei Matrimoni.
Una che, di fronte al tradimento, non esitava a perseguitare amanti e figli bastardi del focoso marito.
Quindi il camuffarsi era spesso un obbligo anche per il Re degli Dei e degli Uomini.

Inoltre il Cupotonante aveva un altro problemino: il suo "vero" aspetto prevedeva un'abbondanza di fulmini che lo circondavano perennemente. Una dea poteva sopportare una tale "scossa", ma un'umana decisamente no.
Così il Cronide era uso a prendere un aspetto umano quando andava a fare le sue visite di piacere, e così fece anche per sedurre la più giovane delle figlie di Cadmo, la bella principessa di Tebe chiamata Semele. E, visto che il super-virile Zeus non poteva fallire il colpo, ecco che la ragazza fu subito incinta di lui.
(Che poi Zeus avesse agito in forma umana o di serpente, poco ci interessa in questo momento)

Jan Voorhout, Zeus e Semele 
Era lo venne a sapere, ovviamente. E decise di lavorare di fino. Non più persecuzioni brutali o bandi minacciosi come era successo con Letò. No: la Regina degli dei voleva che la punizione del misfatto ricadesse proprio sul fedifrago marito.
Così si travestì da ninfa, e precisamente da Beroe, la nutrice di Semele. Andò a chiacchierare con la ragazza, e tra una frase e l'altra, suscitò la curiosità (e la diffidenza) della principessa: come mai Zeus non le si mostrava? Quale era il suo vero aspetto? O forse era qualcuno che si spacciava per Zeus e la stava ingannando?
Se davvero il padre di suo figlio amava Semele, allora doveva rivelarsi a lei!

La ragazza ci pensò su, ed essendo una donna, discendente di Pandora, non seppe resistere alla curiosità.
Quando lo sposo si fece vivo in una notte successiva per fare l'amore con lei, la principessa gli chiese prima un regalo. Zeus, imprudentemente, disse che poteva chiedergli qualsiasi cosa.
E Semele chiese di vederlo nella sua forma "piena", nella gloria dei fulmini e dei lampi.

Zeus ci rimase male. Nessun mortale, come detto, poteva sopportare il fulgore del Padre degli Olimpi. Ma una promessa, per quanto incauta, era pur sempre una promessa.
Così, forse maledicendo sé stesso perché di fronte a un bel faccino non riusciva a ragionare, il Signore dei Fulmini mantenne il giuramento: si manifestò in tutta la sua gloria e Semele (possiamo immaginare con un'espressione estatica) fu annichilita subito dopo.

Persa l'amante, Zeus non si perse d'animo. Il bambino che Semele aspettava (si dice che la ragazza fosse incinta di sei mesi) era per metà figlio suo, e quindi per il momento era sopravvissuto alle folgori paterne.
Restava un piccolo problema: era pur sempre un feto di sei mesi, che doveva arrivare al suo sviluppo. Zeus non ebbe l'idea dell'utero in affitto o di un utero artificiale. Forse nella sua mentalità non esisteva. O, semplicemente, era un dio, e gli dei hanno un modo diverso di gestire le crisi. E i parti.
Memore di essere già stato mammo una volta, decise di fare il bis.
Con variazione.

Forse si era stancato di farsi spaccare la testa, come era accaduto al momento del parto di Atena? Forse non voleva fare il cannibale come gli era successo con Metis?
Non lo sappiamo.
Sta di fatto che il Re degli Dei prese il feto dal cadavere ancora fumante, chiamò Ermes (o, secondo altri, fece da solo), si aprì una coscia e ci mise dentro il nascituro.
Poi richiuse il tutto e attese tre mesi.

Al momento adatto, con un'operazione chirurgica certamente meno invasiva del colpo di bipenne usato per aprirgli il cranio durante la nascita di Atena, la coscia fu aperta e Dioniso venne al mondo.



Prossimamente!
Gli dei non si privano di nulla! Non solo parti maschili, ma anche in forma equina! Non ci credete? Credeteci! Su questo blog sta per arrivare... "Il figlio del Dio chiamato cavallA!"

Qualche piccola nota...
Se vogliamo essere pignoli, non tutti dicono che Dioniso fosse figlio di Semele o fosse nato in questa maniera così insolita. Fermo restando che il padre era Zeus, c'è infatti chi dice che Dioniso fosse figlio di Lete, di Dione, di Demetra, di Io e, per molti, di Persefone.
Sarebbe quindi figlio di un incesto, perché tradizionalmente Persefone è considerata figlia di Zeus e Demetra: ed è, a nostra memoria, l'unico caso di incesto padre\figlia in cui sia stato coinvolto Zeus (con le sorelle è un'altra cosa).


Persefone, di Dante
Gabriel Rossetti
A proposito di Persefone, di uteri in affitto e di cannibalismo, i testi orfici dicevano che Dioniso era la "maturazione" di Zagreo, figlio di Zeus e Persefone. 
Il piccolo dio sarebbe stato fatto a pezzi dai Titani, ma il suo cuore palpitante fu raccolto da Atena che lo consegnò al padre. Zeus, che aveva già la tresca con Semele, inghiottì il cuore e poi ebbe il rapporto con Semele. In questo modo Zagreo finì per essere ospitato nel ventre di Semele (utero in affitto) e crebbe come Dioniso.
Secondo un'altra versione, il cuore di Zagreo fu mangiato da Semele (cotto in brodo! Sic!) ... ma il resto della storia non cambia.

Secondo altri, i figli di Zeus e Persefone erano due: Zagreo e, appunto, Dioniso.

Zeus fulminò i Titani per lo scempio di Zagreo: dalle loro ceneri nacquero gli uomini. E a questo punto il cuore palpitante di Zagreo dovette aspettare un bel po' prima di essere messo in brodo!

Una variante del mito vuole che Era ispirò le sorelle di Semele. Possiamo immaginare che la conversazione partì da molto lontano, ma arrivò presto all'argomento cruciale: il misterioso compagno della ragazza. Le tre sorelle erano gelose, poco da dire: loro erano ancora in attesa di spasimante, mentre la sorellina aveva già un figlio in grembo... 
Sta di fatto che le sorelle soffiarono sul fuoco della curiosità di Semele, spingendola a chiedere allo sposo di mostrarsi. Il resto della storia lo avete appena letto.
Questa versione della vicenda ci riporta immediatamente alla mente la più tarda storia di Eros e Psiche, così come viene raccontata da Apuleio nelle sue Metamorfosi: anche qui una fanciulla ha uno sposo misterioso di origine soprannaturale, che lei non ha mai visto nel vero volto. Anche qui le sorelle, ispirate da una dea vendicativa (Venere), sobillano la sposa a violare il divieto di vedere il vero aspetto del marito, finché quest'ultima, spinta dalla curiosità, cede... e mal gliene incoglie. Anche Psiche morirà, ma anche lei tornerà in vita e sarà accolta tra gli dei.
Ma il mito è spesso di autore anonimo, Apuleio è un letterato latino di cui conosciamo vita, opere e (se dobbiamo credere al processo per magia che lo vide imputato) miracoli.

Secondo un'ennesima versione, Semele non sapeva che il suo sposo fosse Zeus. E per alcuni, al rifiuto del dio di mostrarsi, la principessa fece lo sciopero del sesso. Al che Zeus (per ira? Per imprudente brama di copula?) si mostrò nel suo splendore, con i risultati sopra descritti.

Alcuni altri dicono che Zeus sedusse Semele assumendo le forme di... Beroe, la ninfa sua nutrice. Ovvero, come detto, proprio l'aspetto che Era scelse per portare Semele all'incauta richiesta che la portò alla morte.

Gli abitanti della Laconia spartana ricordavano una versione ben diversa del mito della nascita di Dioniso: il dio sarebbe nato in maniera "canonica" da Semele. Leggete QUI per sapere che cosa accadde dopo.

Il tema dell'"Incauta promessa" si ritrova in molte fiabe e miti. Ne abbiamo fatto un esempio QUI


Comunque, dopo varie vicende, Dioniso fu assunto in cielo e andò agli Inferi a recuperare Semele. La donna fu assunta a sua volta in cielo col nome di Tione.

Immagini tratte dal web! Non ne sono il proprietario!

mercoledì 26 settembre 2012

Ninna nanna tra le acque



Che Angelo Branduardi sia un bardo dei nostri tempi, non lo dobbiamo ripetere noi.
Tra quelli della sua prima produzione, l'album "Cogli la prima mela" (1979) ci sembra il più denso di riferimenti al mito e alla fiaba. E la fiaba, lo sappiamo, spesso, è solo un altro aspetto del mito.
Da questo LP, oltre a mele da cogliere, streghe, gufi e pavoni e signori di Baux, ci piace ricordare la "Ninna Nanna" che potete ascoltare in versione Live.
Liberamente tratta da una ballata scozzese del Sedicesimo secolo, riprende un tema mitico che si trova in versioni qua e là per il mondo antico: il bambino affidato alla acque per salvarlo dalla morte.

Qui è solo la storia di una dama di compagnia sedotta (e abbandonata) dal suo signore; la donna affida alle acque un figlio che, cresciuto, dirà di sé
"Non lo sapeva certo mia madre \ quando a sé lei mi stringeva \ delle terre che avrei viaggiato \ della sorte che avrei avuta".
Un destino misterioso e, forse, glorioso, dunque.

Ma non è un'eccezione.
Perché nel mito, spesso i poveri bambini abbandonati alla loro sorte sulle acque, per una speranza di salvezza o di morte, sono destinati a sopravvivere. E quando cresceranno, compiranno un fato glorioso.

Mosè salvato dalle acque, del Tiepolo
Il più famoso dalle nostre parti è certamente il biblico Mosè.
Racconta il libro dell'Esodo che un Faraone "che non aveva conosciuto Giuseppe" si spaventò della potenza che avevano acquisito gli ebrei in Egitto.
Così fu il primo a fare ciò che troppe volte si ripeterà in seguito: perseguitò i discendenti di Giacobbe e uccise i loro primogeniti.
Ma una madre salvò il proprio figlio: lo mise in una cesta foderata di bitume e lo affidò alle acque del Nilo.
Il bimbo fu trovato da una principessa egizia, sterile, che lo chiamò Mosè (per la Bibbia significa "salvato dalle acque") e lo fece crescere alla corte del Faraone come Principe d'Egitto.
Ma un giorno Mosè seppe della sua vera nascita, e si avviò a diventare il profeta di Israele.

La storia biblica, però, non è così originale: un altro bambino affidato alle acque divenne capo del suo popolo.
Anticamente un potente sovrano, Sargon di Akkad, fondò il primo impero della Mezzaluna fertile. La sua figura era leggendaria nell'antichità, e in un testo neoassiro del VII secolo a.C., forse imitazione di testi precedenti, Sargon parla in prima persona. Il re si vanta di essere quasi un "figlio della fortuna"
Sargon di Akkad
Mia madre fu scambiata alla nascita, mio padre non lo conobbi. I fratelli di mio padre amarono le colline. [... ] La mia madre 'scambiata' mi concepì, in segreto mi partorì. Mi mise in un cesto di giunchi, col bitume ella sigillò il coperchio. Mi gettò nel fiume che si levò su di me. Il fiume mi trasportò e mi portò ad Akki, l'estrattore d'acqua. Akki, l'estrattore d'acqua, mi prese come figlio e mi allevò. Akki, l'estrattore d'acqua, mi nominò suo giardiniere. Mentre ero giardiniere, Ishtar mi garantì il suo amore e per quattro e […] anni esercitai la sovranità. (Re 1907,87-96 - traduzione ripresa da Wikipedia all'indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Sargon_di_Akkad )
Figlio "di nessuno", allevato da un giardiniere, Sargon grazie al favore degli dei divenne capo di un grande Impero, e fondò la leggendaria città di Akkad.
Ma se ci riflettiamo, la somiglianza tra la cesta di Sargon e quella di Mosè è quantomeno sospetta. E i dubbi di "plagio" mitico aumentano se pensiamo che gli Ebrei provenivano dalla Mesopotamia, la terra che fu il regno di Sargon!

Andando più a Occidente, una storia di bambini affidati a una cesta e a un fiume ci richiama ovviamente i gemelli del destino fatale de' Colli dell'Urbe, ovvero Romolo e Remo.
Romolo e Remo, dei fratelli Carracci
Narra il mito che il tirannico Amulio aveva spodestato il fratello Numitore e ucciso il figlio di lui. Per evitare possibili guai da eventuali nipoti, aveva poi costretto Rea Silvia, figlia di Numitore, ad entrare nell'ordine delle Vestali: le sacerdotesse del fuoco dovevano restare nubili fino a tarda età secondo la legge divina, e quindi Numitore non avrebbe avuto discendenti in grado di vendicarlo.
Così, perlomeno, pensava Amulio. Ma il tiranno aveva dimenticato che gli dei, per i loro fini, possono violare anche le leggi stabilite da loro: Marte, protettore dei Latini, si invaghì di Rea Silvia, la violentò (all'epoca gli dei andavano per le spicce) e la rese madre di due gemelli, appunto Romolo e Remo.
La povera Rea Silvia fu uccisa per aver violato la castità delle Vestali e il suo corpo gettato nell'Aniene (la regola più tarda prevedeva che le Vestali fossero seppellite vive). Non pago, Amulio affidò a due pastori una cesta in cui aveva messo i gemelli, con l'incarico di abbandonarla nella corrente del Tevere. Ma i due gemelli divini non morirono: la cesta non affondò, ma anzi arrivò a riva dove la famosa lupa (animale sacro a Marte) li nutrì finché il pastore Faustolo li prese con sé.
Divenuti grandi, vendicarono il nonno e fondarono Roma.

L'abbandono nelle acque, dunque, si trasforma da scelta della madre per la salvezza del bimbo, in strumento di morte.
Danae e Perseo chiusi nell'arca, pittura vascolare Greca
Un esempio simile si può trarre dalla mitologia greca: è il racconto della nascita di Perseo (sì, quello del FILM).
Acrisio, re di Argo, aveva avuto un oracolo minaccioso: se sua figlia Danae avese avuto un figlio, questo nipote avrebbe causato la morte di Acrisio stesso.
Il vecchio re egoista, quindi, chiuse la figlia in una torre sorvegliata, per evitare che potesse generare un figlio. Acrisio non aveva fatto i conti con la passione di Zeus per le mortali... o con l'avidità dei sorveglianti.
Una versione del mito, infatti, diceva che Zeus vide Danae da una fessura del tetto della prigione, se ne invaghì, e sotto forma di pioggia d'oro (honni soit qui mal y pense) penetrò nella cella... e in lei. Nove mesi dopo era nato Perseo.
Una seconda versione, da Evemeristi, diceva che Preto, gemello di Acrisio e suo rivale fin dal ventre della madre, volle fare un tiro mancino al fratello. Preto corruppe i guardiani della torre (da qui il dato della "pioggia d'oro", trasformato in prodigio divino da secoli di chiacchiere), sedusse la povera Danae e la mise incinta.
Quale che sia la versione "miticamente vera", Acrisio non gradì. Prese la figlia e il neonato e li mise dentro un'arca che affidò al mare, perché fossero le acque a uccidere i due innocenti.
Ma anche stavolta, le acque salvarono il bimbo (e la madre): Perseo divenne uno dei più grandi eroi della Grecia, compì il suo destino di uccidere Acrisio e divenne il fondatore della potente Micene.

Un ultimo esempio viene dalle storie degli dei.
I Laconi (cioè gli spartani) raccontano che quando il re di Tebe Cadmo scoprì che la figlia Semele aveva partorito un figlio, non credette che il padre fosse divino. Così, per "nascondere la vergogna" di un nipote di padre ignoto, mise la figlia e il bambino in un cofano e lo affidò alle acque.
Il cofano galleggiò fino, appunto, alla Laconia, e fu raccolto dagli abitanti della zona. La donna era morta, e fu seppellita in loco, ma il bambino era incredibilmente vivo e fu allevato.
Fu il "figlio della acque" destinato alla maggior gloria tra tutti: si trattava infatti di Dioniso, figlio di Zeus, destinato a diventare il dio del vino e dell'ebbrezza.

domenica 14 marzo 2010

MITOLOGIA INDIANA - Avatar non su Pandora! 5


Narasimha, L’Uomo-Leone è il quarto Avatara di Vishnu
Si tratta di un mito meno antico dei tre Avatara che lo precedono nella successione classica (e di quello che lo segue): è il primo degli Avatara “eroici” di Vishnu, collocati in un passato mitico, ma, dal punto di vista dell’indusimo,”reali” o almeno “verosimili”.

In un passato mitico, il demone Hiranyakashipu (fratello di quell’Hyranyaksha ricordato nel mito di Varaha), aveva ricevuto da Brama il dono di non poter essere ucciso né durante il giorno, né durante la notte, né per mano di un uomo, né da un dio o da un animale.
Con tale potere, nulla sembrava poter fermare la sua ambizione, e la sua tirannia si diffuse sulla terra.

La tracotanza del demone lo spinse fino a meditare l’uccisione del proprio figlio, Pralahda, che era un fervente Vishnuita. Ma il demone, prima di uccidere Pralahda, voleva umiliare lui e le sue credenze.
Così lo invitò nel suo palazzo al crepuscolo, nella sala del trono sorretta da colonne. Qui il padre chiese al figlio se l’onnipresente Vishnu fosse anche lì, in quella sala, e se fosse in grado si salvarlo dalla morte. E per sottolineare la sfida, colpì con forza una colonna.


Immediatamente Vishnu apparve tra le colonne, nella forma di Narasimha: un gigante metà uomo e metà leone, che fece a pezzi Hiranyakashipu, salvando il suo devoto Pralahda.
Il dono di Brama fu così rispettato: il demone fu ucciso al crepuscolo, quindi né di giorno né di notte; e fu ucciso da Narasimha, quindi non per mano di un uomo, né a opera di un dio o di un animale.

Alcune piccole note...
Il mito è una variante del fiabesco “dono incauto” da parte del regnante a un personaggio che si rivela malvagio o, come minimo, dannoso. Lo stesso spunto si ritrova nel mito greco nelle storie di Fetonte e di Semele, ma anche, seppure in forma diversa, nella vicenda che porta al quinto Avatara di Vishnu, Vamana il Nano, che narreremo prossimamente.

La tematica dell’uccisione “impossibile” si ritrova nel MacBeth di Shakespeare: l’usurpatore scozzese non può essere ucciso da nessuno nato da donna, e non potrà essere sconfitto finché il grande bosco di Birnan non avanzi verso l'alto colle di Dunsinane contro di lui. Come accade per Narasimha, anche qui l’apparente impossibilità si rivela un gioco linguistico: ai soldati dei suoi avversari viene ordinato di tagliare i rami degli alberi per mascherare il loro numero, dando così la visione del bosco di Birnan che avanza verso Dunsinane; quanto a MacDuff, da cui MacBeth doveva guardarsi, è nato per un parto cesareo... e quindi “tecnicamente” non è nato da una donna!

Esiste una compagna di Vishnu-leone, chiamata Narasimhi.