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Ma non parleremo di giustizia poetica somministrata ad incauti mortali, di raffinate risate intellettuali, nè della risata tonante di Tulkas quando discese su Arda, come narra il Silmarillion di J.R.R. Tolkien.
Vi racconterenmo di come gli dei conoscano (e apprezzino) la risata becera, da avanspettacolo, quella che nasce dalle allusioni sessuali o dall'esibizione delle proprie parti intime.
Qui non intendiamo spiegare i motivi psicologici che conducono a quello straordinario moto di riso che coinvolge (quasi) tutti noi, anche perchè siamo al massimo umili mitografi (la Mater Dejanarum ci perdoni per tale professione di umiltà): ci basta segnalare qualche episodio che mostri come anche gli dei, lungi dall'essere bacchettoni, fossero sensibili a quegli stessi stimoli che poi furono uno dei pezzi forti nella Commedia Attica Antica di Aristofane.
Partiamo dalla Grecia, dunque. Una terra che aveva un dio preposto al sarcasmo (Momo), lungi dagli ideali di Winckelmann di serenità e compostezza "apollinea", lasciava spazio anche alla risata discinta e scomposta: ci piacerebbe dire "dionisiaca", un valore universale e fondamentale.
La storia è ben nota in alcune sue parti: Ade, signore del regno dei Morti, si innamora di Persefone, la rapisce in Sicilia (è questo il mito all'origine della fuitina?), e la porta con sè sotto terra.
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Giunge finalmente a Eleusi, accompagata dal piccolo Iacco, il dio che in seguito avrebbe guidato i cortei dei Misteri Eleusini.
Due sono a questo punto le versioni: la prima dice che la dea entrò nella reggia di re Celeo e Metanira. Qui delle vecchie sono sedute, immaginiamo nella sala del focolare centrale, la accolgono, come sempre si accoglieva lo straniero in quelle terre. Le vecchie la vedono triste, cercano di consolarla, ma la dea non risponde agli incoraggiamenti, perchè troppa tristezza alberga nel suo animo.
Allora la serva Iambe, figlia di Pan e della ninfa Eco, inizia a scherzare, componendo poesie secondo quel metro chiamato, appunto "Giambico", che sarà poi tipica delle poesi di insulto più o meno divertenti (meno per chi le riceveva, ovvio). E la dea finalmente ride.
La seconda versione (ma Robert Graves, nei suoi "Miti Greci" la mescola alla prima) narra di come Demetra si fermò a casa di Baubò, moglie di Disaule. La donna offrì
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A questo punto la dea rise, accettò la minestra e la natura ebbe una breve ripresa proprio grazie alla risata di Demetra: la dea insegnò a Trittolemo, figlio di Baubò e Disaule i misteri dell'agricoltura.
Secondo altri Trittolemo era invece figlio di Celeo e Metanira, e Baubò sarebbe stata la sua balia.
Nella lontana e fredda terra dei Vichinghi, chi può avere meno voglia di ridere di una gigantessa delle montagne appena orfana, gonfia di desiderio di vendetta, e che per la propria precipitazione ha preso come marito non il dio più bello, ma un marinaio che di montagna non ne vuole proprio sapere?
Stiamo parlando, ancora un volta di Skadhi, e della sua richiesta di guidrigildo per la morte del padre Thjazzi, ucciso dagli dei di Asgard, gli Aesir.
Altrove abbiamo narrato del concorso di bellezza maschile istituito per ricompensare la gigantessa della morte del padre, ma tra i patti che dovevano riportare la pace tra Skadhi e gli Aesir, era incluso anche che gli dei del Nord dovessero far ridere la gigantessa.
Una "missione impossibile", appunto: abbiamo appena descritto la tutt'altro che favorevole disposizione d'animo della gigantessa... ma Skadhi non aveva fatto i conti con Loki.
Un bel tipo, Loki: in grado, per pura cattiveria, di far morire il dio più buono che esistesse, di partorire il destriero di Odino dopo essersi trasformato in cavalla
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Loki era stato uno dei motori della vicenda che aveva portato alla morte di Thjazzi, e ora toccava a lui trovare la soluzione!
Loki inventa qualcosa di assurdo, di paradossale, qualcosa pieno di umorismo greve e pecoreccio, ci verrebbe da dire: fissa l'estremo di una corda alla barba di un caprone e l'altro capo... ai propri testicoli.
Così, quando il caprone si muove, Loki urla di dolore e dà uno strattone; questo strattone tira la barba del caprone, che bela per il male che gli fa, e tira a sua volta...
Va bene: se cerchiamo di immedesimarci in Loki, non è che ci sia tanto da ridere in questo dolore alternato. Ma uno dei principi della risata becera è proprio che ci divertono le cose assurde e dolorose capitate agli altri!
Dopo un po' che il giochetto del tiro alla corda continuava, Loki (come Iacco) salta in grembo a Skadhi, al che ella si fece una grande risata: la riconciliazione tra lei e gli Aesir era cosa fatta.
Una breve nota letteraria...
Lungi da noi impelagarci nella disputa sull'origine della Commdia Attica Antica e dei suoi legami con i canti osceni, e sulla teoria di un rapporto di magia simpatica tra esibizione della sessualità e fertilità del suolo da stimolare.
Ci basta ricordare come nell'Italia prima di Roma esistessero i fescennini, canti osceni che poi ebbero influsso sul teatro di Plauto, e come, cosa che farà storcere il naso a chi ama la "commedia borghese" o quella "impegnata", la tradizione della "volgarità comica" si estende da allora fino ai nostri tempi: i suoi ultimi epigoni sono la commedia scollacciata dei film anni '70, gli spettacoli del Bagaglino e i vari sequel di Porky's e American Pie.
Se poi fra duemila anni, American Pie diverrà il mito fondante di un culto...
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