giovedì 2 luglio 2009

Tutti figli di Evemero - Bestie, uomini e dei: Jack London e l’origine del mito 4

La saga di Zanna Bianca e del suo rapporto con gli dei assume coloriti particolarmente tragici nella parte quarta del romanzo.

Se il rapporto col primo padrone umano, l’indiano Gray Beaver, è basato su rapporti di forza e sottomissione spietati (Parte III Capitolo V: “Non voleva bene a Gray Beaver. Sì, lui era un dio, un dio molto selvaggio. Zanna Bianca era contento di riconoscere il suo dominio, ma era un dominio basato su una intelligenza superiore e una forza brutale.”), Zanna bianca viene tradito dal suo dio, e ceduto a “Bellezza” Smith, che già dal titolo del capitolo ci viene connotato come il “Dio pazzo”.

Un dio crudele, che trascina Zanna Bianca in abissi di violenza e di odio sempre più grandi. Zanna Bianca temeva Gray Beaver, ma odia “Bellezza” Smith che si diverte a bastonarlo, perché Zanna Bianca è più debole di lui.

E’ un circolo senza fine: un dio folle, insensato, che si rapporta ai suoi fedeli solo con la violenza e impone ai fedeli stessi di essere violenti contro i propri simili...

Zanna Bianca diventa sempre più il nemico della propria razza. Il suo crescere con gli dei ormai gli insegna solo la violenza, solo la sopraffazione. Un mondo che non può non ricordarci le concezioni che R.E. Howard metteva in bocca a Conan quando parlava dei suoi dei:

“Il loro capo è Crom. Abita in una grande montagna. Ma perché invocarlo? Ben poco gli importa se gli uomini vivano o muoiano. Meglio starsene zitti, che richiamare la sua attenzione; manderà sciagure, non fortuna! È spietato e senza amore, ma alla nascita soffia nell’anima dell’uomo il potere di lottare e uccidere. Cos’altro dovrebbero chiedere gli uomini agli Dèi?[...] Non c'è speranza né qui né dopo, nel culto del mio popolo [...] In questo mondo gli uomini lottano e soffrono invano, trovando piacere solo nella lucente follia della battaglia; morendo le loro anime entrano in un reame grigio e nebbioso di nuvole e venti gelidi, per vagare tristemente nell’eternità.” (R.E. Howard, La Regina della Costa Nera, 2)

In questo mondo di violenza, in cui lupo (e uomo) sono immersi, c’è però una speranza imprevista: l’arrivo di un altro dio, che saprà vincere le paure e il circolo di sopruso e morte, presentandosi come un “padrone per amore” (Parte IV Capitolo VI).
Weedon Scott non usa la violenza con Zanna Bianca: lo premia, lo segue, lo coccola, lo fa sentire al sicuro. E’ un dio generoso, giusto, ma non violento.
Ha il suo potere, ma non è quello della forza brutale, bensì quello dell’amore, del rapporto ancora una volta do ut des che però si basa sul dare disinteressato, che genera automaticamente il ricevere, senza che questo ricevere sia obbligatorio.
Con Scott Zanna Bianca potrà trovare la pace, finalmente: non sarà più solo, e troverà un rapporto d’equilibrio anche con i propri simili, divenendo padre.

Questa conclusione è ovviamente condizionata dalla realtà anche culturale e religiosa in cui viveva l’autore del romanzo: London è comunque uno scrittore inizi del XX secolo, vive e pubblica per gli Stati Uniti cristiani e persuasi del “fardello dell’uomo bianco” come picco evolutivo dell’umanità, ed è convinto che l’unica speranza per il “selvaggio” (sia esso un lupo o un uomo), sia quella di integrarsi nel mondo occidentale “civile” e accettare una religione monoteista (Zanna Bianca riconosce solo Weedon Scott come suo dio), basata su un messaggio di amore e accettazione, l’unica, a detta dell’autore, veramente produttiva.

Resta comunque il fatto che sotto a storia del lupo Zanna Bianca, sotto il Bildungsroman (romanzo di formazione) dell’animale, si nasconde una trattazione religiosa universale insospettabilmente approfondita (condivisibile o meno, ovviamente).
Niente male per un libro che viene spacciato semplicisticamente come uno dei “capolavori per ragazzi”!

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