giovedì 9 luglio 2009

Catastrofi a scelta – L’irrinunciabile appuntamento


Spesso sentiamo dire che i Greci e i Latini avevano l’idea del Fato, il destino inevitabile che coglieva l’uomo, impotente di fronte a ciò che “era nella mente di Zeus”.
Da ciò ne derivava la preoccupazione (in alcuni casi: l’ossessione) di ciò che doveva accadere, di conoscere in anticipo il proprio futuro... e probabilmente rassegnarsi, visto che il destino era immutabile.
Anzi: alcuni eroi, come Edipo, interpretando in modo errato il responso di un oracolo e volendo sfuggirgli, avevano dato il va alle circostanze che avrebbero portato a compimento proprio il destino che volevano evitare.
In ogni caso era un atto di superbia inutile sperare di poter ingannare il proprio Fato...

Un episodio del mito e uno della leggenda ce lo dimostrano.

Si narra che Anceo di Tegea, timoniere della nave Argo dopo la morte di Tifi, avesse piantato una vigna; chiamato un indovino per sapere come sarebbe cresciuta, questi gli rispose che non sarebbe riuscito ad assaggiarne i frutti.
La vigna crebbe, l’uva maturò, e finalmente il primo vino fu pronto. Anceo chiamò lo stesso indovino, e gli mostrò il vino, già pronto in una coppa.
L’indovino replicò che ancora tanta era la distanza tra la coppa e la bocca…
Anceo sollevò il calice, ma un servo entrò di corsa in casa ad annunciargli che un cinghiale selvaggio devastava la sua vigna.
Anceo non ci pensò due volte: poggiò la coppa senza aver bevuto, corse fuori con una lancia, ma fu sorpreso dalla carica del cinghiale, nascosto dietro le siepi, e ucciso.

Il secondo episodio è tratto da una delle tante leggende intorno alla morte di Giulio Cesare.
Narra Plutarco (Vita di Cesare, 63, 5-6), sulla scorta di numerose testimonianze, che un indovino aveva predetto al dittatore romano di guardarsi da un gran pericolo il giorno delle idi di marzo.
Quando arrivò il giorno, Cesare entrando in senato (probabilmente Plutarco intende il teatro di Pompeo, dove quel giorno si riuniva il Senato romano), vide l’indovino e, come aveva fatto Anceo, lo chiamò a sé.
Prendendo in giro l’indovino Cesare disse: "Le idi di marzo son giunte"; e l’indovino, tranquillamente, rispose: "Sì, ma non sono ancora passate".
Il resto, come si suol dire, esce dalla leggenda per diventare storia.

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