LO SCUDO DI ACHILLE
Abbiamo parlato QUI di come gli scudi dei Sette Contro Tebe siano stati concepiti dal poeta Eschilo come strumento di propaganda da parte degli assalitori.
Ma non possiamo dimenticare che, a prescindere dall'uso drammatico che ne fa il poeta Maratonomaco, come abbiamo accennato questi scudi fanno parte di una tradizione poetica più antica.
La prima grande prova di uno scudo mitico è quella descritta da Omero nel libro XVIII dell'Iliade [1] con una ekphrasis (ovvero una descrizione) che avrebbe fatto scuola nell'epica.
La situazione è forse nota anche al grande pubblico: Achille nella sua ira si era ritirato dalla guerra contro i Troiani; ma quando Ettore arriva a minacciare di incendiare le navi dei Greci, il Pelide autorizza l'amico Patroclo a indossare le sue armi, a fingersi lui, e a cacciare i nemici. Il destino di Patroclo è segnato: Ettore lo uccide e lo spoglia delle armi. A questo punto Achille torna in battaglia, deciso a vendicarsi, ma non lo può fare perché è disarmato.
Ma come, direte voi: Achille? Quello che era invulnerabile tranne il tallone?
Ebbene, Omero tace questa invulnerabilità; anzi, nel poema Achille viene ferito dall'ambidestro Asteropeo [2].
Così, benché sia tamente forte che la prima volta era bastata la sua apparizione furibonda e improvvisa sul campo di battaglia per mettere in fuga i troiani che lottavano attorno al corpo di Patroclo, Achille ha necessità di armi degne di lui per affrontare gli avversari nel round successivo, quando non poteva contarepiù sull'effetto sorpresa.
Come altre volte nel poema, Achille chiede aiuto a mamma Teti; e lei si rivolge ad Efesto, il fabbro degli dei. Lo zoppo signore del fuoco ha un debito di riconoscenza verso Teti e le Nereidi: quando Zeus lo scagliò giù dall'Olimpo, furono proprio le ninfe del mare figlie di Nereo a soccorrerlo.
Così il fabbro divino, sostenuto dalle fanciulle di metallo che ha creato personalmente, si mette subito al lavoro.
Efesto fabbricò l'armatura, l'elmo col cimiero dorato e gli schinieri, ma l'arte di queste armi viene liquidata con poche parole; ben di più sono spese per il grande scudo tondo decorato a sbalzo, che fu fatto per primo.
Era un'opera d'arte, realizzata con cinque zone [3] in cui vengono rappresentati diversi aspetti del mondo; oro e argento erano stati usati in profusione.
Ma cosa appare nello scudo?
Innanzitutto molte cose che non ci aspetteremmo da un oggetto che identifica quanto e più del cimiero il guerriero in battaglia.
Al centro domina l'elemento cosmologico: la terra, il mare, il cielo, il Sole "infaticabile", e la "tonda" Luna, e gli astri della volta celeste. Tra essi le costellazioni delle Pleiadi e quella delle Iadi; "la stella di Orione" (Rigel? Betelgeuse?) e l'Orsa Maggiore da esso divisa "dai lavacri del mare", a ruotare attorno al polo.
Ecco poi attorno due belle città fatte dagli uomini. Nella prima ci sono banchetti e nozze, e un corteo che accompagna le spose, con giovani che suonano e cantano. Sempre in quella, ma da un'altra parte si raduna una folla per un caso di omicidio: un uomo dichiarava di aver pagato il guidrigildo, l'altro lo negava; la folla si divideva tra i due partiti, i banditori cercano di placare il tumulto; infine gli araldi con lo scettro in mano emettono il giudizio, e impongono che la parte vincitrice abbia diritto a un doppio talento d'oro.
Due eserciti sono intorno alla seconda città, indecisi se distruggere la rocca fin dalle fondamenta o dividersi le ricchezze; ma la città resiste e organizza una controffensiva sotto la protezione di Atena ed Ares; a un fiume i razziano dei buoi e uccidono i bovari. A questo punto gli assalitori mandano la cavalleria che raggiunge i predatori e scoppia un battaglia, dove Eris, il Tumulto e la Chera regnano sovrani.
Poi ecco un campo arato per la terza volta da numerosi aratori con i loro buoi; e al termine del solco, ecco che i contadini si godono un buon boccale di vino prima di riprendere la fatica; dietro di loro la terra arata era fatta d'oro.
Segue un campo dove si falciano le spighe mature sotto la supervisione del re, mentre sotto una quercia si prepara il banchetto per i lavoratori. E ancora un vigneto con tralci fatti d'oro su pali d'argento, e giovani e rzgazze che portano in canestri i frutti al suono di cetre e zufoli.
Ecco poi una mandria di giovenche in oro e stagno, che si abbeverano in un fiume; le sorvegliano quattro pastori fatti d'oro con nove cani; ma due leoni si avventano sugli animali e feriscono un grande toro. I pastori ed i cani accorrono a salvarlo, ma le fiere lo hanno già trascinato tra le canne presso il fiume.
E ancora il fabbro aveva raffigurato una bella valletta, dove tra capanne e ovili pascolano le greggi.
Conclude una danza uguale a quella composta da Dedalo per Arianna sull'isola di Creta. Ragazzi e ragazze ballano inghirlandati; è un ballo in tondo, simile al movimento che il vasaio imprime al tornio; la folla osserva compiaciuta, e completano il quadro due danzatori (kubistetère, lett.: "saltimbanchi, acrobati") in pose diverse.
Infine sul bordo esterno dello scudo c'era il grande fiume Oceano.
Insomma: tranne la scena della città assediata (eco di qualche episodio dei primi nove anni di Guerra Troiana?) abbiamo ben poco di guerresco. E, ci pare, ben poco che possa essere ricondotto ad Achille stesso, alla sua patria Ftia di Tessaglia, o alla sua stirpe [4].
Quale può essere una delle interpretazioni dello scudo?
Intanto occorre dire che, pur differenziando le scene, il poeta non è chiaro nell'indicarci in quale delle zone concentriche di trovi ciascun aspetto.
Possiamo immaginare il cielo al centro e l'Oceano attorno, ma le altre tre zone sono più problematiche.
Sopra le abbiamo divise secondo le città, la campagna coltivata, l'allevamento, ma il tema della danza sembra esterno a quello della pastorizia.
A meno che, per far tornare i conti, non consideriamo insieme la danza e l'Oceano. Oppure ancora, come accade in alcune rappresentazioni che anche qui vi riportiamo, nel numero dei cinque cerchi includiamo anche le linee di separazione (per cui le zone effettivamente a sbalzo sarebbero in definitiva solo tre).
Sia come sia la divisione, lo schema dello scudo è una raffigurazione del Kosmos garantito da Zeus e dagli altri Olimpi. Si parte dal cielo al centro (possiamo immaginare che, in una non-prospettiva significhi che sta sopra tutto il resto) e si arriva all'Oceano che circonda la terra degli uomini, la oikoumène.
Degli uomini vengono rappresentate le conquiste sociali (la famiglia, i riti, la giustizia) ma anche gli aspetti della guerra: in fondo si tratta dello scudo di un eroe, e la bravura in battaglia era uno dei valori della nobiltà achea. Ci sono anche le "conquiste del lavoro" (l'agricoltura del grano nelle sue fsi e la vendemmia; l'allevamento di bovini e ovini).
Resta da interpretare la danza. Essa, come è abituale, che sembra un chiaro simbolo di armonia.
Ma armonia di cosa? Semplicemente degli uomini impegnati nel divertimento o nel rito?
A questo proposito ci si deve chiedere quale sia il choros, la danza che Dedalo insegnò ad Arianna.
I due saltimbanchi che cita Omero ci attirano irresistibilmente a vedere in essi l'eco degli affreschi della Creta minoica, con le acrobazie sul toro. E il legame toro\Minotauro\Labirinto (creato da Dedalo) è troppo noto per doverlo ricordare qui.
Però c'è un altro elemento: nel mito di Teseo a Creta si parla della "Danza delle Gru" rappresentata dai giovani ateniesi dopo la loro fuga, a imitazione delle svolte del Labirinto.
Ora: Dedalo era un ateniese. Che legame si può trovare tra le due danze?
Innanzitutto dobbiamo dire che la parola greca "choros" significa sì "danza", ma può essere anche "il LUOGO della danza".
Dedalo, tra le varie abilità, è un costruttore: a lui si attribuisce l'edificazione del Labirinto, e la danza degli ateniesi vuole riprodurre proprio il luogo da cui sono fuggiti...
Forse Dedalo si era limitato a creare lo spazio in cui danzare, con qualcosa che segnasse il percorso dei danzatori stessi. La "danza insegnata da Dedalo" non sarebbe quindi nulla di diverso dalla successiva "Danza delle Gru"
Robert Graves [5] ricorda (senza citare la fonte) che a primavera si svolgeva una danza erotica della pernice in onore della dea-Luna; durante essa i danzatori maschi saltellavano quasi zoppicando e portavano delle ali posticce; tale tradizione era ancora viva in Palestina all'epoca di San Gerolamo.
Le ali dei danzatori riconducono a Dedalo (e Icaro), la zoppìa ad Efesto; Arianna sembra uno dei tanti nomi dietro il quale si nasconde la dea della Luna [6].
Se l'artefice Dedalo insegna il ballo dello zoppo Efesto alla dea, quest'ultima scena non ci deve stupire: Dedalo è l'artefice per eccellenza, non solo l'architetto o il geniale inventore della tecnica del volo.
Dedalo, per lo meno in alcuni aspetti sembra una proiezione di Efesto stesso [7], dio del fuoco, ma anche fabbro in grado di creare automi che lo sostengono e lo aiutano nel suo lavoro.
Infatti anche il genio ateniese costruisce meccanismi: su richiesta di Minosse che voleva un guardiano per l'isola, egli realizza Talo, gigante di bronzo dalla testa di toro che ha le caratteristiche di Efesto (il fuoco con cui si arroventa il corpo per stringere in un abbraccio mortale i nemici; l'automatismo; secondo Graves la zoppia) e che ha come punto debole la vena che dal tallone (!) arriva fino alla sua testa...[8]
Torniamo al ballo della gru di Teseo e dei suoi compagni: come ci ricorda la novella di Chichibio e Currado Gianfigliazzi, la caratteristica della gru è quella di riposare su una gamba sola. Possiamo spingerci a semplificare e dire che si tratta di un ballo "quasi" saltellante di danzatori con le ali?
Forse no.
Innanzitutto la pernice [9] non è una gru (c'è una bella differenza, come si vede dalle immagini), benchè sia comunque una creatura del cielo.
La gru |
La pernice |
Possiamo trovare in questa danza un richiamo alle stelle, per iniziare e chiudere l'immagine dello scudo con riferimenti celesti?
La faccenda è assai discussa. Intanto il movimento che viene descritto, di venirsi incontro ed allontanarsi, sembra riprodurre una sorta di "ballu tundu" sardo (ma anche alcune danze tradizionali greche).
Poi l'enciclopedico Plinio il Vecchio [10] ci dice che le gru in cattività si danno a comportamenti sfrenati e "anche da sole fanno giri correndo in modo indecoroso".
Kàroly Kerenyi, nel suo saggio "Nel Labirinto", collega l’origine del labirinto con le più antiche danze a spirale.
Esse si riscontrano in molte culture anche distanti geograficamente tra loro: ad esempio la polinesiana "Danza Maro". Sembra che nella “Danza delle Gru” venissero utilizzate delle funi, che conducevano i danzatori prima verso l'interno e poi di nuovo verso l’esterno. La direzione resta la medesima: arrivato al centro della spirale, il ballerino si volge indietro proseguendo un movimento che fin dall’inizio girava intorno ad un centro invisibile. Da quando però il danzatore inverte il movimento, la direzione non è più verso la “morte” bensì verso la “nascita”.
In sintesi: l'ingresso nel Labirinto riprodotto dalla danza sarebbe una classica "discesa negli Inferi"; l'uscita la celebrazione della vita (l’uscita dal labirinto, il salvataggio).
Kerenyi associa l’idea del volo delle gru all’idea di “continuazione infinita”, di “ritorno” (le gru sono uccelli migratori), come indicherebbero i movimenti della spirale e le danze labirintiche (ed anche il gomitolo di Arianna e le funi usate nelle danze).
Ecco, il "ruotare", il cerchio perfetto, il ritorno eterno simboleggiato dal percorso degli astri... ecco, forse, l'elemento dominante: ruota l'Orsa attorno al Polo, ruota la danza come il tornio del vasaio, ruota l'Oceano attorno alla Terra, lo scudo è rotondo, e quindi rotante... Perfino Talo, secondo Graves [11] era detto "Circino" ovvero "circolare".
La danza è forse quella con cui Eurinome generò il mondo [12] o quella con cui Eros Primigenio compì lo stesso atto [13].
Come in un circolo perfetto, nello scudo di Achille si parte dal cielo e si torna al cielo.
Esso, insomma, non è solo un pezzo di armatura: è una concezione del mondo.
Un'altra arma di Achille, cantata dal Mitiko Vincio
[1] vv. 478-607
[2] Iliade XXI, 147 e segg.. Achille viene ferito al gomito. Vi sono frammenti di mito che parlano del ferimento di Achille da parte di Elèno al polso con una freccia, e una versione discordante da Omero dice che Ettore riuscì a colpirlo al femore. Paride lo colpì con una freccia al tallone (ma il vero uccisore era stato Apollo) e lì possiamo immaginare una morte per setticemia.
[3] il testo dice "pènte d'ar' autoù èsan sàkeos ptùches", "cinque erano le ripiegature\strati(di metallo) di quello scudo", e in ciò si è voluto vedere dei cerchi concentrici; per chi volesse trovare a tutti i costi citazioni mitiche, anche Atlantide era la "città dei 5 cerchi", su un'isola circondata dall'Oceano.
[4] il padre Pèleo era figlio di Eaco di Egina; la madre Teti era una delle figlie del "Vecchio del Mare" Nereo.
[5] Graves, I miti Greci, 92.2
[6] Graves, op. cit., 98.5
[7] anzi, in Graves, op. cit. 92.7 viene data l'identità tra i due: "Efesto e Dedalo sono infatti lo stesso personaggio mitico".
[8] Su Talo vedi Graves, op cit. 97.1 dice che un suo soprannome era "Tantalo", ovvero "lo zoppicante". La versione più nota della morte di Talo è quella contenuta nel Libro Quarto delle Argonautiche di Apollonio Rodio, ma una versione discordante dice che Peante figlio di Taumaco lo colpì al tallone con una freccia! E, fuoco per fuoco, fu lui ad accendere il rogo di Eracle che per ricompensa gli diede frecce e arco (di solito questo ruolo, e il dono viene dato a Filottete, il vendicatore di Achille). Anche Chirone fu colpito da una freccia di Eracle al ginocchio.
[9] Non dimentichiamo che la sorella di Dedalo, secondo alcune versioni, si chiamava Perdix, "Pernice"; era madre del primo Talo, a sua volta inventore, ucciso dall'invidia dello zio Dedalo che per questo omicidio fu cacciato in esilio. Suida e Fozio riferiscono che alla sua morte, l'anima di Talo volò in cielo sotto forma di pernice.
[10] Plinio, Naturalis Historia, X, 30, 59
[11] Graves, op. cit., 92.9
[12] Plinio, Naturalis Historia IV 35 e VIII, 67.
[13] Luciano di Samosata, De Saltatione: "Fammi dire che i migliori studiosi di antichità rintracciano nella danza la creazione dell’universo; la danza è nata con Eros Primigenio, che fu il principio di ogni cosa. Nella danza dei corpi celesti, nelle complesse evoluzioni che si accordano tra loro, i pianeti si muovono in armoniosa relazione con le stelle fisse."
Per ulteriori approfondimenti sulla Danza delle Gru e i suoi significati, si rimanda a questi siti QUI e QUI
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6 commenti:
Una contro-risposta analitica a questo exCudo-rsus meriterebbe un post apposito! C'e' pero' di sicuro il problema della fonte e delle varie interpretazioni,al dila' dell'ovvia impossibilita' al confronto col testo originario che non e' mai esistito, di un brano (quello dedicato alla Mark 2 del Pelide) che a livello di contestualizzazione inviterebbe a considerare i 5 strati come una notazione metallurgica e non decorativa, coerente con il resto della descrizione. La Cosmogonia. Simbolica inscritta,comunque, e' chiaramente un'aggiunta stratificatasi nel tempo e con ogni probabilita' frutto di episodi inseriti dai narratori a scopo celebrativo di episodi/simbologie vicini al pubblico.
Dear Giocher
non c'è il post apposito, ma lo scheletro argomentativo sì!
Perché non ti unisci a me in questa disamina mitica?
La prossima puntata prevede lo Scudo di Eracle e poi quello di Enea. L'epilogo sarà, come è prevedibile, lo scudo di Capitan America!
AH! Lovverei abbestia,per dirla ggiovane.ma mi assorbbirebbe tempi e risorse di concentrazione che non ho...Sebbene a quest'ora della giornata non mi sovvenga nulla a livello iconografico sullo scudo di Erakles/Melkart noto vieppiu' per clave contundenti... Le faremo sapere (cit)
Ma certo! Lo pseudo Esiodo! Sono una Fata Smemorina!
....Per la serie: c'e' tutto un mondo intorno! (E dentro) :P
"Poscia lo scudo, vario d'agèmine, prese; né alcuno franto lo avrebbe, ammaccato di colpi: stupore a vederlo.Ché tutto quanto in giro, di smalto e di candido avorio
riscintillava, e d'oro fulgea tutto quanto e d'elettro.Un drago, poi dal centro spirava indicibile [...] Sovr'essa l'orribil sua fronte,Contesa svolazzava, che gli uomini a guerra schierava [...]Erano ancora qui figurati l'Attacco e la Fuga,la Strage quivi ardea, lo Strepito ardea, l'Omicidio,vi furïava il Tumulto, la Rissa, la Parca funesta,che un uomo or or ferito stringeva, uno illeso, ed un altro morto, e lo trascinava, ghermitolo al piè, tra la zuffa [...]Eran varïegati di punti gli orribili draghi:azzurri sopra il dorso, ma negre parean le mascelle.
E branchi c'eran poi di cinghiali selvaggi e leoni,che gli uni sopra gli altri gittavano gli occhi furenti,
cupidi, e andavan fitte le loro falangi; né questi Tremavano, né quelli: sul collo, irti i crini ad entrambi.
[....]E piú crescea di zuffe la furia e l'émpito, in questi e in quelli, apri selvaggi, leoni dagli occhi di fuoco.[...]E, fatto impeto insieme, cosí come fossero vivi,con l'aste e con gli abeti da presso veniano alla pugna. Ed eran qui di Marte terribile i ratti corsieri,d'oro; e lo stesso Marte funesto s'ergea tutto in arme[....]La Tritogenia figlia di Giove, la vaga di prede,v'era, e sembrava come volesse apprestare la pugna[...]Dei Numi la sede, l'Olimpo v'era, e una piazza, e attorno, corona di Numi[....]E nuotatori v'eran: due d'essi sbuffavano l'acqua;e innanzi a loro, i pesci fuggivan, foggiati nel bronzo. [...]Di Dànae chioma bella poi v'era, scolpito nell'oro,il figlio Pèrseo, e ai piedi cingeva gli alati calzari.E non toccava coi pie' lo scudo, né pur n'era lungi:gran meraviglia a vederlo, ché punto non v'era poggiato[...]insazïabili quanto nessuno può dir, le Gorgòni,bramose di ghermirlo. Squillava dal pallido ferro,sottessi i passi loro, lo scudo con alto fracasso,tinnulo acuto; e sopra la cintola a ognuna di loro
si svincolavano due dragoni, inarcando le teste.E lingueggiavano entrambi, nell'ira aguzzavano i denti,
terribilmente guatando. Sovresse le orrende cervicidelle Gorgòni, orrore torcevasi immane. [...]E le Parche
livide, dietro ad essi [...]Cloto e Lachèsi innanzi movevano a tutte. Piú fiacca +tropo, e di statura piú bassa, ma d'anni piú grave era di tutte l'altre, ché prima venuta era al giorno.Tutte pugnavano a un uomo d'intorno una zuffa crudele[....] E presso a loro stava la querula Ambascia odïosa,pallida, magra, cascante di fame, le gambe stecchite,e l'unghie lunghe lunghe sporgean dalle dita: colava
dalle narici moccio [....] Dinanzi alla rocca,genti ai cavalli in groppa correvano[...]E chi pei gran vigneti, dei vendemmiatori, alle ceste grappoli bianchi e neri portava, di pampani gravi tutti, e d'argentei viticci, chi colmi portava i canestri.
Ed una vigna d'oro quivi era, d'Efèsto lo scaltro opera egregia; e scoteva le foglie sui pali d'argento,carica tutta quanta di grappoli; e i grappoli, neri.
[...]E nella lizza era esposto il premio d'un tripode grande,opra d'Efesto, l'artefice scaltro,foggiato nell'oro. -Correva presso all'orlo l'Ocèano, pareva rigonfio,e tutto quanto cingeva lo scudo scolpito [...]Era una meraviglia vederlo, sia pure per Giove sire del tuono, pel cui comando lo scudo massiccio
grande, manevole, Efèsto costrusse. Il figliuolo di Giove lo palleggiava con mano gagliarda."Piu' che un'arma, una docu-fiction del National Geographic! :D
e insomma, mi si frega il prossimo post?
Dovrò dannarmi, allora sui commenti, più che sull'ampia descrizione!
:-)
OH scusami ! D:
E io che ci ho perso 25 minuti a tagliuzzare l'estratto fino a farlo accettare dalle limitazioni di caratteri dei commenti! Credevo che il post si basasse su interpretazione e raffigurazioni,che sul testo!
-_-'
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