Cavalli, navi e città vichinghe (e qualche dio) su una stele del Nord |
Riassunto della puntata precedente: QUI abbiamo raccontato di come gli Aesir,
gli dei del Nord, fecero un patto con un muratore: questi avrebbe
costruito le mura di Asgard, la cittadella divina, in una stagione.
Se ci fosse riuscito, in cambio gli dei lo avrebbero pagato con la
mano della bellissima dea Freya e con il Sole e la Luna.
Su insistenza di Loki gli dei
accettarono, convinti che l'impresa sarebbe stata impossibile, ma
presto si resero conto che, con l'aiuto del suo cavallo Svadilfari,
il muratore avrebbe rispettato i patti.
Gli dei erano all'impasse, e solo Loki,
colui che li aveva persuasi a giurare di rispettare il contratto con
il muratore, poteva tirarli fuori dai guai.
Agli dei norreni piaceva giocare a scacchi. Lo hanno fatto fino ad epoche recenti... |
Possiamo immaginare che le mura della
Sala degli Scacchi Dorati tremarono quando Odino lanciò il suo urlo
più terribile per convocare Loki.
Il dio degli Inganni aveva persuaso gli
dei ad accettare il patto col muratore (disse Odino), ora rimediasse
prima che la faccenda si tramutasse in una catastrofe!
Gli Aesir erano vincolati dal
giuramento e non potevano farci nulla... a meno che il muratore non
fosse venuto meno per primo alla sua parola.
Insomma: Loki aveva fatto il guaio,
Loki rimediasse. In fretta. In qualsiasi modo.
E niente storie.
Loki forse si grattò la testa
perplesso: non solo un mondo senza Sole e senza Luna (e senza la
bellezza di Freya) sarebbe stato triste, non solo Odino gli avrebbe
dato una punizione quale appenderlo sul Vuoto a un ramo del Frassino
del Mondo... ma era in gioco la reputazione del Figlio di Laufey!
Mai avrebbe sospettato che quel
muratore potesse ingannare lui, il Dio dell'Inganno! E che potesse
ridere di Loki quando solo Loki poteva sbeffeggiare tutti
impunemente.
Pensa e ripensa, Loki capì che il vero
lavoro pesante non lo faceva il muratore, bensì il cavallo. Senza la
bestia, come avrebbe potuto il muratore trasportare i massi?
Ma come sottrarre il cavallo al suo
padrone?
La dea Freya sul suo grazioso carro trainato da gatti (!) |
L'alba del quinto giorno prima
dell'Estate si aprì con i pianti di Freya e l'angoscia degli Aesir:
per completare le mura di Asgard ormai mancava solo l'architrave
della porta. E l'instancabile Svadilfari stava trascinando
inesorabilmente lungo la pianura l'enorme roccia destinata allo
scopo...
Poi tutti videro il cavallo fermarsi e
drizzare le orecchie, annusare il vento, agitarsi e puntare il suo
muso verso una collina, sordo agli incitamenti del padrone. E sul
crinale della collina si stagliava l'oggetto dell'attenzione dello
stallone: una bellissima puledra lo stava attirando con i suoi
richiami... e il suo odore.
Lo stallone fremette di desiderio. Il
muratore cercò di sferzarlo e di incitarlo, ma Svadilfari strappò
redini e finimenti e si lanciò al galoppo verso la giumenta. Ma
questa fuggì rapida come il vento, e il cavallo la inseguì bramoso.
Dietro di loro correva a perdifiato il
Gigante, stramaledicendo la natura e l'istinto della bestia che
stavano togliendo al suo padrone il trionfo così vicino.
Per quattro giorni non si vide più
nessuno sulla pianura: i corvi di Odino riferivano che il muratore
stava ancora inseguendo il suo stallone, che a sua volta cercava di
raggiungere l'inafferrabile puledra.
Gli dei risero per quella caccia senza
fine, e tirarono un sospiro di sollievo.
Ma all'alba dell'ultimo giorno prima
dell'Estate, l'ultimo a disposizione del muratore per completare in
tempo la sua opera, gli dei saliti sulle mura per festeggiare persero
il sorriso e la parola.
Perché davanti a loro c'era il feroce
muratore che aveva ripreso il suo animale.
Un momento rubato a un grande amore equino... |
Panico.
E nuove lacrime di Freya.
Certo, a guardar bene Svadilfari era
ormai solo l'immagine smunta dello splendido animale che era stato.
Magro, consumato, tremante.
Il muratore lo aveva attaccato
all'ultima pietra, e ora lo stava frustando ferocemente. Gli dei
facevano il tifo contro il cavallo, e chissà che non abbiano
lanciato una di quelle maledizioni nordiche modello Nibelunghi che
provocavano solo distruzioni.
La povera bestia gemeva sotto la
frusta, fece un ultimo sforzo...
E stramazzò.
Stramazzò peggio del cavallo che per
Montale sarà il corrispettivo oggettivo del male di vivere (e qui ci
siamo giocati la citazione dotta).
Urla di gioia degli Aesir sulle mura,
urla di rabbia del muratore. Che, ormai certo di non poter completare
l'opera, si imbestialì, perse ogni prudenza e ritegno, e assunse una
gigantesca forma minacciosa.
Trucco scoperto. Il muratore non era un
dio, né un uomo, e neppure un nano troppo cresciuto. Era un
bellicoso Gigante, uno dei nemici giurati degli Asgardiani.
Il Gigante era furioso: gli dei lo
avevano ingannato in qualche modo, ne era certo. Era a causa loro che
Svadilfari era fuggito e si era ridotto a una condizione tale da
morire appena rimesso al lavoro.
Il Gigante puntò minaccioso sulle mura
che lui stesso aveva costruito, deciso a prendersi Freya con le
cattive, visto che con le buone non si era concluso nulla.
Odino, che non aveva un occhio, ma
compensava con una bella dose di ipocrisia, di fronte all'attacco
frontale del Gigante, si sentì libero da ogni giuramento.
Chiamò forte il figlio Thor: questi
sentì il richiamo del padre, gettò uno sguardo verso Asgard e vide
un Gigante davanti alle mura.
Le mura? Ohibò, non c'erano quando era
partito... ma Thor era un tipo dalle poche domande e dalla molta
azione (insomma: un Elvis Presley ante litteram, con più barba). E
siccome in lui al fulmine seguìa il baleno (oggi le citazioni dotte
quasi si regalano), il Dio del Tuono lanciò il suo potente martello
Mjolnir e fracassò in un istante la testa del povero Gigante
Muratore.
Così gli dei ebbero le loro mura e non
pagarono nulla.
I più attenti dei nostri quarantadue
lettori (ebbasta con Manzoni!) protesteranno che il post non era
dedicato specificamente alle mura di Asgard.
Doveva parlare di Loki e della sua
gravidanza, giusto?
Ci stiamo arrivando.
Pochi dei si chiesero come il Gigante
fosse riuscito a riprendersi il cavallo. I pochi che lo fecero, probabilmente si dissero che certamente, l'animale che era fuggito
così a lungo doveva essersi fermato da qualche parte, si era
distratto abbastanza da lasciar avvicinare il padrone, e dopo quei
frangenti era ormai talmente sfatto da farsi catturare solo per
morire la mattina seguente.
Loki in una delle sue ultime incarnazioni... |
E qualcuno si chiese che fine avesse
fatto Loki.
Perché dietro l'apparizione della
giumenta tentatrice (e salvatrice degli Aesir e della luce nel
mondo), tutti erano sicuri che ci fosse lo zampino di Loki.
C'era stato lo zoccolo di Loki, a dire
la verità.
Il dio ingannatore tornò a casa sua e,
pensiamo, cercò di non vedere nessuno. La fedele moglie Sygyn lo
accudì come era destinata a fare in futuro, ma alla fine possiamo
immaginare che una delegazione di Aesir andò a casa di Loki per
ringraziarlo. In fondo, se Asgard aveva avuto le sue mura senza
sborsare nulla era merito suo.
E trovarono Loki a letto.
E quasi morirono dalle ristate.
Perché Loki era leggermente
indisposto: aveva un enorme pancione da donna gravida.
Eh, sì, col pancione. Perché la
puledra che aveva attratto irresistibilmente Svadilfari era proprio
Loki trasformato. Ed era stato lui a sfuggire allo stallone per tre
giorni, sfiancandolo in interminabili corse.
Solo che alla fine, Loki si era
stancato prima di Svadilfari. Che lo aveva raggiunto. E aveva messo
le sue ultime forze in uno sfrenato amplesso, che lo aveva spossato
al punto che il Gigante Muratore aveva potuto riprenderlo e
riaggiogarlo.
Chissà se Svadilfari morì sì di
esaurimento, ma tutto sommato felice.
Loki era dunque rimasto incinto. Perchè
gli dei norreni, quando si trasformavano, non facevano le cose a
metà. Per quei tre giorni (e per quella fatale notte) Loki era, a
tutti gli effetti, una cavalla.
E, giunto il momento, partorì.
Un puledro.
Ovviamente non si trattava di un
puledro normale. Figlio di un dio divenuto cavalla e di uno stallone
fortissimo, il cavallino aveva otto zampe ed era veloce come il
vento.
Questo Varenne del Nord fu chiamato
Sleipnir, crebbe e divenne la fedele cavalcatura di Odino, e lo
condusse in tutte le sue imprese, fino al fondo della gola di Fenrir
il lupo, suo fratellastro.
Che ci volete fare? Tranne Sleipnir, i
figli di Loki non erano animali a modo.
Avevano preso dal padre.
Se a qualcuno la storia sembra assurda,
perfino per essere una storia degli dei, non se la prenda con me:
racconto solo ciò che so, così come venne cantato.
Alcune piccole note
Esiste anche un gruppo tedesco
chiamato Sleipnir (la canzone sopra è di quei metalpagani del
Manowar).
Ma gli abbinamenti delle immagini
suggeriscono che si rifacciano a qualche branca del novecentesco
Culto di Odino che preferiremmo non propagandare mai.
Come negli altri post, le immagini e
i video non sono miei! Li ho trovati su Internet! Sono qui a semplice
corredo di qualcosa che, invece, ho scritto io.
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