Sono loro ad averci regalato (tra le varie cose) la parola "barbaro" e quel sottofondo un po' discriminatoro che accompagna la definizione: i "barbari" sono coloro che balbettano, che non sanno parlare bene la nostra lingua... e con un, ahinoi!, triste salto logico, "barbari" sono coloro che non capiscono, che sono estranei, e quasi sempre inferiori.
"Loro" sono naturalmente i Greci, gli Elleni, i Danai... i migratori per eccellenza, alla ricerca di uno "spazio vitale" altrove (prima sulle coste dell'Asia Minore\Anatolia, poi verso la Magna Grecia\Italia del Sud+Sicilia). "Barbari" anche loro, in fondo.
"Arrivano i barbari" diventerà "Mamma li Turchi" e poi "Attenti ai Vù cumprà". E, con un altro salto, anche i Greci, così attenti a tenere fuori dall'Anfizionia Delfica e dalle Olimpiadi tutti coloro che non erano di sange ellenico, avrebbero apprezzato il concetto mentale odierno che in uno statunitense non vede un extracomunitario: loro accettarono i Romani, "barbari" ieri, ma in fondo amici, discendenti, liberatori...
Pare proprio che la realtà della minaccia culturale e fisica dello straniero sia sempre subordinata al potere posseduto da chi è lo straniero.
Ma chi sono i Greci, in fondo in fondo? Innanzitutto furono Elleni, discendenti di Elleno, venuto dalla Tessaglia, e dei suoi figli Acheo, Doro, Eolo (II) e Xuto (padre putativo di Ione). Ma la Tessaglia è una regione greca, dunque possiamo in un certo senso definirli autoctoni, cioè nati dallo stesso suolo in cui vivono.
Possiamo quindi dire che le loro idee sulla purezza e la necessaria appartenenza alla stirpe nascono da un fondo di continuità genetica?
In realtà no.
Leggiamo Omero, padre della Grecità così come gli Elleni stessi la intendevano. Il poeta chiama Achei gli assedianti di Troia, ma li nomina anche come Danai e Argivi. Danai ed Argivi sono più o meno la stessa cosa, perchè si riferiscono ad Argo, leggendariamente una delle città originarie (anzi: secondo i suoi abitanti fu la prima città, ma tante altre città gli contestano il primato!), e a Danao, il suo leggendario primo... ops!, secondo o terzo o quarto re!
Gli Elleni sono Danai, discendenti di Danao, e su questo i Greci dell'età arcaica avrebbero avuto quasi nulla da contestare.
Ma chi era Danao?
Immaginate la scena: Argo, un giorno come tanti (all'epoca si navigava solo di giorno), la zona del porto (che non era esattamente dentro la città, ma nei pressi). Una nave si affaccia nel golfo, una nave dalle fattezze egizie, la prima nave con due prore che mai avesse solcato il mare.
Sopra un uomo venerabile per età, le sue 50 figlie, di certo qualche marinaio (la nave l'avrà pur governata qualcuno di esperto, no?).
Sbarco della strana congrega, qualche stentato balbettìo barbarico, riconoscimento: Danao, re spodestato d'Egitto è arrivato a reclamare il trono di Argo. E Danao ha molta fretta di avere il trono che, a suo dire, gli spetta...
Danao, in realtà, ci vogliono far credere che fosse greco, o per lo meno oriundo (cioè poteva giocare per la nazionale argiva se avesse ottenuto il passaporto di anfizionico): lui discendeva da Io, figlia del fiume Inaco, posseduta da Zeus e tasformata in giovenca per sfuggire al vigile sguardo della gelosa Era.
Ma la moglie (cornificata) del re degli dei non era sciocca: la dea sospetta qualcosa. Zeus, infatti, era per sè stesso un mutaforma... anche con Era si era avvicinato come uccellino intirizzito dalla pioggia, e quando lei lo aveva preso in braccio... il dio tornò alla sua forma umana e la violentò!
Comunque Era si fa regalare dal marito la vacca\Io, e da lì inizia una sequenza di vicende burlesche e tragiche che porta la povera Io, sempre in forma di vacca a essere presa, portata di qua e di là, perseguitata da un tafano, attraversare il Bosforo e giungere in Egitto dove finalmente recupera la forma umana, partorisce il figlio di Zeus (Epafo), si sposa col sovrano locale e fonda il culto di Iside.
Epafo sposò Menfi, figlia del Nilo, e ne nacque Libia, che da Poseidone ebbe Agenore (padre di un paio di "emigranti di ritorno" in Grecia) e Belo. Da Belo e Anchinoe (altra figlia di Nilo), finalmente, nacquero Danao ed Egitto.
Danao ebbe le cinquanta figlie femmine di cui abbiamo detto, Egitto ebbe cinquanta figli maschi. Cosa fare di meglio per risolvere questioni di eredità, che far sposare le cinquanta Danidi con i cinquanta figli di Egitto? Così la pensava Egitto, anche perchè, mettendo lui la parte maschile delle nozze collettive, sperava di esautorare il fratello. Così Danao, malfidandosi, si era dato alla fuga in direzione Argo, la terra di mammà (anzi dell'antica nonna).
Danao chiede il trono di Argo, l'abbiamo detto, anche per avere un rifugio da Egitto e i suoi figli che, ne è certo, lo stanno inseguendo.
Gelanore, re di Argo, rise alla pretese dello straniero (in fondo il verbo "ghelào" da cui deriva il suo nome significa "rido", no?). Ma visto che siamo in Grecia, tutto si trasforma in un bel dibattito democratico: Gelanore sarebbe probabilmente rimasto re se, durante il dibattito, un lupo non fosse appraso, sbranando una mandria lì vicino. Gli argivi, evidentemente più interessati ai presagi che a salvarsi le mandrie, interpretarono che se non avessero dato pacifcamente il trono a Danao, questi se lo sarebbe preso con la forza!
Così Danao, l'immigrato di ritorno, divenne re di Argo, e della sua discendnza ne parleremo in un prossimo post.
Ma quello che più ci preme qui è un'altra cosa: Danao era davvero un oriundo greco?
Riflettiamo: la storia di Io sedotta e trasformata, vittima della gelosa furia di Era, è dettagliata ed articolata, ma presenta anche altri finali oltre a quello egizio: secondo Strabone la fanciulla\vacca avrebbe partorito nell'isola di Eubea (Grecia che più Grecia non si può) e lì sarebbe morta. Secondo il bizantino Giovanni Malalas, invece, Io avrebbe partorito Libia in Argolide, fuggì in Egitto ma poi proseguì fino alla Siria dove morì.
Solo nel secondo caso c'è il legame con l'Egitto, ma il nome del pargolo divino cambia, anche se rimane all'interno della genealogia "classica".
Tuttavia sembra non esserci dubbio che il mito abbia avuto una sua "vita" a prescindere da quello dell'arrivo di Danao.
La storia di Danao e delle Danaidi che sbarcano nell'Argolide è ugualmente articolata e complessa (i suoi sviluppi, come detto, verranno descritti in un prossimo post) e ha un suo valore a prescindere dal mito di Io (il "presagio del lupo" potrebbe giustificare l'ascesa al trono dello straniero al di là della sua presunta ascendenza).
Quella che sembra artificiosa è la genealogia che collega i due protagonisti.
Epafo è stato identificato con il bue Apis (il sacro bovino di Menfi) perchè era così fin dall'origine o lo è stato proprio per collegare due miti in origine separati?
Libia (nipote o figlia di Io che fosse), Menfi, Nilo, Tebe (altra presunta figlia di Epafo e Menfi) sono nomi di luoghi, gli dei (Posedione, ma anche Belo = il Baal cananeo) appaiono a colmare "buchi"...
Da Agenore discenderanno Fenice (eponimo della Fenicia), Cilice (eponimo della Cilicia), Taso (eponimo dell'isola omonima), Fineo e altri due immigrati famosi, Cadmo ed Europa.
Insomma: una famiglia quanto meno "geografica", che ci ricorda certi elenchi del biblico Libro della Genesi, dove le parentele degli eponimi servono a stabilire rapporti di legmi tra i popoli.
Da qui il dubbio: Danao era davvero un discendente di Io, o era leggendariamente solo un sovrano straniero in fuga dalla sua terra, giunto per caso nel Peloponneso e lì divenuto protagonista del mito?
Patone narra che un sacerdote di Sais disse a Solone che i Greci furono sempre dei fanciulli rispetto agli Egizi.
Un'origine Egizia nobilitava e "anticava" la stirpe, e forse solo successivamente, quando il concetto di "barbaro" divenne sinonimo di "diverso in senso negativo (e inferiore)", fu necessario per la dignità della stirpe attribuire anche ai venerandi egizi un'origine greca.
Così i discendenti di Danao non si vollero più considerare stranieri (seppur provenienti dall'illustre stirpe dei Faraoni) e gli Elleni assimilarono e assorbirono questi lupi venuti dall'esterno, che avrebbero preso le terre natie con le cattive, se non fossero state loro cedute con le buone.
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