mercoledì 16 giugno 2010

TUTTI FIGLI DI EVEMERO - Scipione aveva un sogno...


La lettura delle Storie dell'acheo Polibio può avere dei risvolti insospettati per un appassionato di mitologia.
"Ma come, - direte voi - proprio Polibio, il razionale, quello che tratta di storia 'vista di persona' e che non si diletta neppure della solita introduzione mitologica sulle origini? Proprio lui, lo storico della pragmatica, ci dà indicazioni mitologiche?"

Beh, in effetti ci da' indicazioni... al contrario. Perché Polibio è uno dei tanti "figli di Evemero" che vede nella religione classica (e quindi nel mito che la fondava) un 'imprescindibile "instrumentum regni", per cui tutto è spiegabile in modo umano (anche se gli dei esistono, basta non approfondire tropo il discorso).

Così il nostro storico acheo ci presenta la vita di Publio Cornelio Scipione detto poi l'Africano come costellata di sogni profetici nei momenti importanti, e si sa che i sogni che escono dalla porta d'avorio di Morfeo sono di ispirazione divina.
Ma, per Polibio, anche no.

In effetti i sogni di Scipione, che divennero ben presto parte della leggenda che circondava la figura dell'uomo di stato, sono, per Polibio, uno strumento usato da quell'uomo abile e previdente per crearsi, appunto, quella leggenda.


Iniziamo dal primo in ordine cronologico. Polibio racconta che Lucio Scipione (il fratello più giovane di Publio, e che in seguito sarebbe stato soprannominato "Asiatico") si candidò all'edilità, ovvero alla prima delle cariche pubbliche del cursus honorum romano. Era una carica prestigiosa, che vedeva molti concorrenti, e Publio capì che l'elezione di Lucio non era affatto scontata: quello già famoso nella nuova leva degli Scipioni era lui.
Eppure Publio, ancora molto giovane, inizialmente non si candidò.
La madre dei due, Pomponia, al contrario faceva il giro di templi per sacrificare agli dei a favore del fratello. vedendola così ansiosa per il futuro politico di Lucio, Publio raccontò a Pomponia di aver fatto per due volte lo stesso sogno: in esso i due fratelli tornavano a casa dal foro, e la madre andava loro incontro sulla porta e li salutava.
La madre, emozionata, si augurò che il sogno si realizzasse ma pensava che Publio fosse troppo giovane per candidarsi, e quindi non ci pensò più.
Il giorno delle votazioni Publio, mentre la madre ancora dormiva, andò al foro con Lucio, si candidarono, e per il benvolere del popolo verso Publio, entrambi i fratelli furono eletti.
Tornarono a casa e la madre, stupita, corse loro incontro e li salutò come nella visione di Publio. Tutti coloro che avevano sentito in precedenza del sogno, iniziarono a diffondere la voce che Publio non solo durante il sonno, ma anche durante la veglia parlasse con gli dei.
Secondo Polibio il sogno era ovviamente falso: Publio era stato eletto perché era generoso e gradito al popolo, ma seppe sfruttare abilmente l'occasione datagli dal popolo e dalla madre per raggiungere il suo obiettivo e insieme dare l'impressione che tutto fosse stato raggiunto grazie a un'ispirazione divina.

Anni dopo, all'assedio di Nuova Cartagine, uno degli episodi decisivi della Seconda Guerra Punica, Scipione era ormai un uomo fatto, a capo di un grande esercito, impegnato in una campagna difficile.
Dopo aver raggiunto la città con una mossa ardita, si trovò nella necessità di conquistarla rapidamente... e usò di nuovo il "trucco" del sogno.
La città assediata era quasi imprendibile, posta com'era tra il mare, una collina aspra e una palude. Ma Scipione si era accorto che in un periodo preciso della giornata, la bassa marea era di tale portata che la palude diventava improvvisamente attraversabile per il suo esercito.
Così Scipione pianificò l'attacco e disse alle sue truppe di aver sognato che Nettuno (Polibio, da greco, ovviamente parla di Poseidone) gli era apparso in sogno e che gli aveva non solo indicato il punto dell'assalto decisivo, ma gli aveva promesso che al momento culminante lo stesso Nettuno sarebbe intervenuto in maniera così chiara che tutto l'esercito avrebbe compreso che il dio era dalla sua parte.
Polibio, con la sua fredda ironia, rileva che alle promesse di aiuto mistico Scipione aggiunse la promessa di corone d'oro e delle altre "medaglie" ambite dai soldati romani.
Così, il giorno dopo, mentre il grosso dell'esercito impegnava i Cartaginesi nei punti più difesi delle mura, all'ora prevista da Scipione la marea calò: i romani stupefatti videro in ciò l'intervento del dio profetizzato da Scipione. Pieni di ardore combattivo, attraversarono la palude quasi asciutta e attaccarono un punto delle mura più sguarnito.
La città cadde poco dopo, e la fama di Scipione come uomo amato dagli dei aumentò.

Il terzo sogno che riguarda Scipione l'Africano è riportatod a Cicerone nella parte conclusiva del De Re Publica, e stavolta a sognare è Scipione l'Africano... ma si tratta del nipote adottivo del nostro Publio!
Il Somnium Scipionis (come viene chiamata questa parte dell'opera ciceroniana fortunosamente ritrovata dal Cardinale Angelo Mai) racconta appunto di un presunto sogno di Scipione Emiliano (detto l'Afrticano Minore, per aver conquistato cartagine nel 146 a.C.). Questi avrebbe raccontato che, durante il sonno, gl era apparso suo nonno adottivo, ovvero il nostro Publio, che gli avrebbe promesso gloria e morte improvvisa (ahilui, novello Achille) ma gli avrebbe anche mostrato le sfere celesti in cui gli spiriti virtuosi sarebbero stati premiati con una vita immortale.
Cicerone scrisse il De Re Publica nel 54 a.C., e non sappiamo se avesse inventato completamente il sogno di Scipione Emiliano per fini "filosofici" o se abbia ripreso qualche tradizione già esistente.
Ma di questo ennensimo sogno riguardante Publio Scipione, chissà cosa ne avrebbe pensato Polibio, che di Scipione Emiliano fu amico e collaboratore!

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