Nel Libro Degli Eroi Georges Dumézil narra che, tra i miti degli Ossseti, popolazione caucasica di origine indoeuropea, spicca il ciclo relativo all’antico popolo dei Narti.
I Narti sono eroi dei tempi passati, meravigliosi e insieme terreni, dotati di caratteristiche soprannaturali, ma che vivono la vita degli uomini del Caucaso, con le stesse case, costumi, passioni.
Come gli altri popoli caucasici, anche i Narti amano l’eloquenza e la guerra, ma sono i più forti di tutti, e ben presto si stancano di combattere avversari troppo facili da battere. Così si mettono alla ricerca di un nemico più forte di loro, contro il quale valga davvero la pena lottare.
Ma, dopo una lunga e vana ricerca nel mondo, non rimane che sfidare Dio stesso.
E’ l’inizio della loro epica fine: i Narti si astengono da tutti i riti e le pratiche religiose, addirittura alzano le porte delle loro case, in modo che non capiti neppure casualmente di abbassare la testa e che Dio interpreti questo gesto come una sottomissione a lui.
Dio, infastidito, manda la rondine come messaggero, perché si informi sulle ragioni del comportamento dei Narti: ne ottiene solo un’ulteriore sfida, e l’invito a combattere contro di loro.
Dio a questo punto li minaccia: propone la scelta tra uno sterminio totale e una cattiva discendenza. I Narti accettano di mettere in gioco la loro stesa sopravvivenza: “Forse che abbiamo bisogno di vivere per sempre? – dice Urzymaeg, uno degli eroi del ciclo dei Narti – Quello che ci occorre non è una vita eterna, ma una gloria eterna!”.
La guerra è dichiarata, e Dio la combatte con mezzi soprannaturali.
Prima maledice i Narti, dicendo che il loro lavoro non produrrà più di un sacco di frumento al giorno. Ma i Narti allora lavorarono solo quanto era necessario per riempire un sacco al giorno, fermandosi subito dopo: semplicemente il periodo necessario per la lavorazione sarebbe stato più lungo, ma il cibo sarebbe stato assicurato.
Dio mandò una seconda maledizione: il grano dei Narti rimaneva verde di giorno e pronto alla mietitura solo di notte, e se pure si avvicinavano di notte, il grano tornava verde e inutilizzabile.
Allora i Narti costruirono le loro capanne vicino ai campi, e ingegnosamente crearono delle frecce con una punta biforcuta. Così la notte, senza uscire dalle loro capanne, tiravano le loro frecce e mietevano le spighe che rimanevano dorate.
Vissero così ancora un anno, poi rifletterono: non avevano forse detto loro stessi a Dio che una gloria senza fine era preferibile a una vita senza fine?
Così, invitti, ognuno scavò a propria tomba e vi si coricò, in attesa della morte.
Così perirono gli illustri Narti.
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