sabato 25 aprile 2009

Il Mito: una definizione (?) con tante parentesi e virgolette -1


E’ un po’ difficile definire cosa sia un mito.

Potremmo usare la definizione da vocabolario ovvero “narrazione fantastica, riguardante gli dei, gli eroi e le origini di antichi popoli – racconto, storia, leggenda” ma anche “esempio e simbolo privilegiato”... il tutto by Devoto&Oli.

Oppure potremmo far finta di nulla e, creando un po’ di confusione, potremmo adoperare come sinonimo una parola che da mito deriva, ovvero “mitologia” (vedi i “Dizionari di Mitologia”).
Peccato che “mitologia” etimologicamente è “lo studio dei miti”, e non solo la sua branca introduttiva che si occupa della loro raccolta ed esposizione.

Dovremmo anche ricordarci l’uso colloquiale che si fa della parola “mito”, come equivalente a “oltre gli apparenti limiti umani” (“Quel cantante è un mito”) o “credenza (aggiungiamo noi: non religiosa) priva di vero fondamento” (“Il mito della razza”, “Il mito del macho”).

Insomma: cosa vogliamo farvi venire in mente, quando useremo la parola mito?

Come da prima definizione, il Mito è comunemente inteso come qualcosa di relativo alle religioni “pagane” (o comunque non cristiane-occidentali aggiungiamo noi), “inventato”, “irreale”. Soprattutto, parola che piace tanto a chi è devoto al “mito della scienze (dure)”, il mito è qualcosa di “irrazionale”.
Ci permettiamo di non essere così d’accordo.

E’ vero: il fedele cristiano (o, più in generale, il monoteista di derivazione abramica sia esso del ramo di Isacco sia di quello di Ismaele) difficilmente userà il termine “mito” per indicare un racconto relativo alla sua fede religiosa.
Userà termini come “Parola di dio” (verità assoluta), “Leggenda” (che sottintende un fondo comunque di verità), “Vita di San X” (vita = veramente vissuta, con allusione ancora una volta a un fondo di veridicità), “Tradizione” (termine sempre connotato da un valore positivo); al limite, quando l’inverosimiglianza dell’episodio è troppo evidente, le narrazioni possono essere considerate “Allegoria”, “Simbolo”, “Figura” dantescamente intesi.
Non userà Mito, meno che mai se riferito a episodi “fondamentali” della Tradizione.



Quindi una cosa è il mito (inventato), una cosa è la religione (fondata su elementi di verità)?
E, estensivamente: le “religioni” sono solo quelle attuali, definite come tali se non altro per un “rispetto dell’opinione altrui”?
O, ancora: una cosa è la religione ad esempio greca (con i suoi riti, le sue organizzazioni sacerdotali, anche le sue credenze e concezione degli dei = verità storiche del vissuto quotidiano dei fedeli dell’epoca), una cosa sono i miti che stanno alla sua base (miti = non verità)?

Fermo restando che per un fedele di Zeus o di Thor la parola “mito” non ha\aveva tale valore negativo, è interessante scoprire che anche il Cristianesimo, così come qualsiasi altra religione “razionale” attuale, ha le sue radici “mitiche”.
E che gran parte delle “verità fondamentali” di tutte queste fedi (definite verità in quanto rivelate direttamente dalla divinità stessa… né più né meno di quanto fecero Alto, Altrettanto Alto e Terzo a Re Gylfi nel mito scandinavo) non sono altro che racconti mitici.

Non ci credete? Ai prossimi post l’incarico di convincervi!

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