Anfiarao, il saggio indovino, contro le porte Omolee.
Ad affrontarlo il prode Lastene.
Anfiarao non entrò a Tebe: la terra si aprì davanti a lui
Del sesto eroe ora dirò: tutto saggezza,
profeta di sommo valore, Anfiarào,
è schiarato alle porte Omolèe.
Scaglia aspre ingiurie contro Tideo: lo chiama
omicida, sconvolgitore della città,
maestro supremo di sciagure in Argo,
araldo delle Erinni, sacerdote
dello sterminio, autore del malvagio consiglio
che mosse Adrasto. Alzando gli occhi al cielo,
biasima anche Polinice, tuo fratello,
smembrando in due parti il suo nome;
e tali parole gli escono dalle labbra:
«Oh che bella impresa, gradita agli Dei
e bella da udire, e da narrare ai posteri:
mettere a sacco la città natale,
e gli dei della Patria, e sopra di lei scagliare
un'orda straniera! E chi potrà
inaridire con buon diritto la fonte
della madre? La terra patria
presa a forza con le lance, come
speri di averla poi amica? Io queste zolle
ingrasserò: andrò nascosto sotto la terra ostile
io, il profeta. Ora si combatta:
io spero che il mio destino non sia senza onore».
Ciò diceva il profeta. Reggeva uno scudo di bronzo
tondo e senza alcune insegna:
perché non vuole sembrare prode, ma esserlo.
E coglie i frutti del pensiero
in un profondo solco,
dal quale i saggi consigli hanno germoglio. Contro questo uomo invia,
credimi, antagonisti forti e saggi:
perché è assai possente
l'uomo che venera gli dei.
(dai Sette a Tebe di Eschilo, mio adattamento)
Una notula
Anfiarao, secondo la leggenda, provocò la morte di Tideo, alleato nell'esercito ma suo nemico perché lo aveva condannato alla rovina.
Si dice, infatti, che grazie alla sua arte proferica Anfiarao sapesse che la spedizione dei Sette sarebbe finita in un disastro. Così respinse l'offerta del cognato Adrasto di partecipare alla spedizione; ma in altri tempi aveva giurato che qualora fosse stato in disaccordo con Adrasto, sua moglie Erifile avrebbe fatto da arbitro inappellabile. E Tideo convinse Polinice a corrompere Erifile con la Collana di Armonia.
Così Anfiarao fu costretto ad andare in guerra.
Quando la rovina dei Sette apparve inevitabile, Anfiarao vide che Tideo era stato colpito a morte da Melanippo; ma Atena, che proteggeva Tideo come avrebbe protetto Diomede, di lui figlio, accorse: portava all'eroe una pozione che lo avrebbe salvato.
Anfiarao non potè sopportare che Tideo vivesse, e si lanciò su Melanippo: lo decapitò e lanciò il cranio a Tideo. Questi ne divorò il cervello, e Atena si disgustò, abbandonando Tideo alla morte.
Ma il profeta non scampò alla sua sorte: Periclimeno, figlio di Poseidone lo inseguì implacabile. Anfiarao invocò Zeus ed Apollo: la terra si aprì davanti al suo carro.
Da allora Anfiarao fu l'immagine che appariva in sogno a chi lo invocava nell'oraclo di Oropos; o forse già fin da quel tempo si trova là dove Dante lo incontrò: all'Inferno, nella Quarta Bolgia dell'Ottavo Cerchio. Tra gli indovini.
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