sabato 12 febbraio 2011

MIGRAZIONI - E tui, de chini sesi? 11

Ancora un post sulle imprese di Iolao e dei Tespiadi in Sardegna, per raccontare come nacque la Sardegna mitica.
Un post in cui si parlerà di ricchezze, miracolose resurrezioni, ringiovanimenti, guerre e decapitazioni.

Abbiamo visto come Iolao fu un grande costruttore di ginnasi, tribunali e tholoi (i nuraghi?) con l’ausilio, secondo alcuni, di Dedalo.
Secondo una corrente che segue Sallustio, ripresa anche da Pausania, Dedalo era già in Sardegna: era giunto con la migrazione di Aristeo, ma questo non esclude che abbia in seguito lavorato anche per Iolao.
Sta di fatto che se ne andò: migrò verso Cuma, dove edificò un tempio ad Apollo in cui raccontava la sua vicenda e lo sventurato volo di Icaro. Così ci dice Servio, così aveva narrato Virgilio.

E la colonia di Iolao? Prosperava.
Il solito Diodoro ci dice che Iolao, vinti gli Indigeni, lottizzò la terra, dividendola e migliorandola. La pianura (il Campidano?) si chiamava ancora Ioaleion all’epoca del nostro scrittore siculo, e Diodoro aggiunge che Iolao si diede da fare per bonificare le terre e piantarvi alberi da frutta.
La Sardegna divenne talmente ricca che quella fu la sua rovina. Diodoro ci anticipa che l’isola acquistò una tale fama di ricchezza che i Cartaginesi, secoli dopo, “per essa sopportarono molte lotte e avversità”.

Possiamo immaginare Iolao, vecchio ma soddisfatto, destinato a trascorrere in serenità i suoi ultimi giorni nella sua colonia, fiorente e famosa… ma anche no.
Sempre Diodoro, infatti, ci dice che tornò in Grecia e poi, di ritorno verso l’Occidente, si fermò in Sicilia. Lo accompagnavano alcuni dei Tespiadi, che si fermarono in Sicilia, si mescolarono ai Sicani e furono da questi straordinariamente onorati.

Il nostro Iolao avrebbe fatto di tutto per aiutare i figli di Eracle, ovunque si trovassero, e per “sistemarli” in posizioni di prestigio.
Anche in vecchiaia, o addirittura dopo la morte (!) Iolao era pronto a dar loro una mano.

Si racconta, infatti, che il perfido Euristeo, re di Micene e persecutore di Eracle, dopo la morte dell’eroe attaccò i suoi figli indifesi. Iolao accorse a difenderli, con l’aiuto (ancora una volta) dei soliti Ateniesi.Pare che Euristeo fosse un gran vigliacco: ogni volta che dava a Eracle una fatica da compiere, sperava che ci rimanesse secco. E quando l’eroe tornava con la sua bella preda, il re di Micene correva a nascondersi al sicuro in una bella giara di bronzo. Ma i figli di Eracle, a suo giudizio, non dovevano essere così pericolosi come il padre…
E invece l’esercito di Micene fu sconfitto, e Iolao inseguì Euristeo e lo catturò; portò quindi il prigioniero da Alcmena, la madre di Eracle e chiese cosa farne: Alcmena ordinò che fosse decapitato e Iolao eseguì la sentenza.
Fin qui nulla di strano. Se non che una variante ci dice che all’epoca Iolao era vecchissimo o addirittura già morto!
Il mito ce lo descrive defunto in Sardegna, ma da buon “dormiente sotto la montagna” (guardate le note per sapere cosa intendo!), fu resuscitato proprio per l’impresa…
Una variante più “razionalistica” (e mai le virgolette furono più appropriate di questo caso) racconta che non era esattamente morto, ma solo vecchissimo (sic!). In vista del pericolo, Ebe, la divina moglie di Eracle e dea della giovinezza, gli restituì per un giorno forza e gioventù per eliminare il nemico del celebre zio.

Sia come sia, prima o poi Iolao arrivò o tornò alla morte. Gli onori tributati furono grandissimi: i Tespiadi lo onoravano come progenitore, col titolo di “Iolao Padre” (il Sardus Pater?), offrivano a lui sacrifici come un dio, gli eressero templi e gli riconobbero onori degni di un eroe.
Ma quali Tespiadi?
Non dimentichiamo che alcuni rimasero a Tebe…
E parlando di Tebe Pausania ci dice che proprio in quella città, davanti alle Porte Pretidi, presso lo stadio e il ginnasio, i Tebani indicano un edificio come l’heroon di Iolao. L’heroon è un monumento eroico, che di solito conteneva il corpo dell’eroe defunto.

Ma Pausania stesso ci rassicura: Tebani riconoscevano che Iolao, i Tespiadi e gli Ateniesi che con lui fecero la migrazione, giacevano morti in Sardegna. Sull’isola vi erano luoghi chiamati (ancora una volta!) Iolaei dove Iolao riscuoteva onori dagli abitanti.
E Solino rafforza il concetto: gli Iolesi aggiunsero un tempio al sepolcro dell’eroe perché, simile nel valore allo zio Eracle, aveva liberato la Sardegna da moltissimi mali non meglio precisati.
Iolao e i Tespiadi sono forse gli stessi “uomini addormentati in Sardegna […] accanto agli eroi” di cui ci parla Aristotele e dietro cui si intravede il rito dell’incubazione che veniva effettuato, con ogni probabilità, nelle Tombe dei Giganti?

Sta di fatto che i Tespiadi regnarono a lungo sulla Sardegna. Ma di questo parleremo nel prossimo post, l’ultimo (promesso!) dedicato alla colonizzazione dei nipoti di re Tespio.


Alcune piccole note…
Cosa intendo con il “Dormiente sotto la montagna” riferito a Iolao? Varie leggende parlano di un re che sembra morto, ma in realtà dorme in un luogo al confine con il mondo dei morti (spesso una montagna) in attesa di tornare per aiutare il suo popolo nel momento del supremo pericolo. Così si dice ad esempio per Artù, ma anche per Federico Barbarossa. Altre versioni dicono che Iolao era presente al rogo funebre di Eracle: la spedizione in Sardegna sarebbe stata fatta, quindi, dopo la morte del grande zio. Ma i mitografi che ci parlano direttamente della colonia, sembrano far capire che Eracle era ancora vivo quando Iolao partì. Una versione discordante della fine di Euristeo dice che fu Illo, figlio di Eracle, e non il cugino Iolao, a uccidere il re di Micene.

domenica 6 febbraio 2011

MIGRAZIONI - E tui, de chini sesi? 10


Nel precedente post abbiamo lasciato in sospeso una domanda: quali trasformazioni furono fatte in Sardegna da Iolao e dai suoi cugini Tespiadi?
A queste righe il compito di rispondere.

Immaginiamo di essere dei mercanti greci che arrivano in Sardegna dal mare, in un giorno qualsiasi tra la fin dell'età del bronzo e la piena età del ferro. E' la nostra prima volta sull'isola, e probabilmente la nostra attenzione forse non sarà catturata dalla bellezza del mare e dalla sua pulizia: in fondo l'inquinamento pesante è ancora di là da venire per le coste di tutto il Mediterraneo.
Probabilmente, arrivando con una nave mercantile, non vedremo neppure una massa guerrieri coperti di bronzo aspettare bellicosi e sospettosi il nostro sbarco. Troveremo quasi sicuramente ma altri mercanti interessati alle nostre merci, il popolo interessato ad acquisti e vendite, qualche inviato del signore locale.
No: la nostra attenzione sarà sicuramente attirata delle grandi torri di pietra, diffuse sulle coste e all'interno dell'isola, tanto da caratterizzarne il paesaggio nei punti strategici. Quelle torri oggi sono in parte sopravvissute quasi solo all'interno dell'isola, senza cima, senza intonaco, senza i colori che probabilmente un tempo le rendevano e visibili. Perché quelle torri, dette Nuraghi, erano quasi sicuramente un luogo di potere, che doveva essere visto e notato. Minacciose per i nemici, rassicuranti per sudditi e alleati.

Sbarcati, ci inoltriamo nell'isola e scopriamo che queste torri sono dappertutto. Ciclopiche come le mura di Tirinto e di Micene, simili alle sotterranee tholoi dai tetti a volta degli Achei, ma costruite FUORI dal suolo. Un'opera immensa, incredibile, fatta con una perizia e uno straordinario rapporto delle proporzioni che non si trova facilmente nelle diverse regioni che si affacciano sul Grande Mare Interno.
Chi le può avere costruite? I signori dell'isola, ci dicono.
Ma chi sono i signori che hanno tanto potere, tanta ricchezza? E chi è stato l'architetto che ha ideato tali fortezze, residenze, magazzini e quant'altro?
Siamo Greci, e non possiamo concepire che nulla di straordinario possa essere stato fatto da chi non ha sangue greco nelle vene.
Quindi ragioniamo. Forse qualche punico ci parla dei signori dell'Isola come discendenti di Melqart, forse i signori stessi si definiscono figli del grande dio dell'Occidente. Noi greci, più saggi e più dotti, sappiamo che dietro Melqart e dietro i tanti dei della direzione dove il sole tramonta, si nasconde il nostro grande eroe: Eracle.
E dietro il piano di quelle torri, non può esserci una lunga genia di artigiani costruttori che si passano informazioni e sperimentano tecniche per secoli e secoli. No. un solo uomo, un greco, solo lui può avere avuto la stessa genialità costruttiva che ha utilizzato per fare il grande palazzo di Creta chiamato Labirinto, tanto complesso da rendere impossibile uscire se non si ha una guida. Questo genio dell'antichità è Dedalo, Ateniese.
E questo racconteremo ai nostri compatrioti quando torneremo nell'Ellade: esiste un'isola ricca, al centro del Mediterraneo Occidentale, abitata dai figli di Eracle, quegli stessi Tespiadi di cui si racconta la migrazione; e per loro Dedalo costruì delle favolose tholoi e ginnasi per gli esercizi ginnici, e tribunali, e città.

Non molto di diverso dice il mito dei Tespiadi.
Narra Diodoro che dopo la conquista dell'Isola, Iolao, figlio di quell'Ificle che fu fratellastro di Eracle, lottizzò il territorio per far sviluppare l'agricoltura, fondò città, edificò ginnasi, templi e "tutto ciò che rende felice la vita degli uomini". Dal nome del capo le pianure più belle furono chiamate "Iolaee" fino all'epoca di Diodoro (90 a.C. circa), e sempre in onore del figlio di Ificle, il mix tra Tespiadi, coloni greci e precedenti abitanti dell'isola, prese il nome di Iolaei: i tespiadi, infatti, onoravano Iolao come se fosse un padre.
In un altro punto, sempre Diodoro ci aggiunge che Iolao non ideò tutto personalmente, ma mandò a chiamare dalla Sicilia l'architetto Dedalo che, come abbiamo visto, dopo aver causato la morte di Minosse, aveva bisogno di "cambiare aria". E gli edifici esistevano ancora all'epoca di Diodoro, ed erano chiamati "Daidaleia" dal loro ideatore.

Come detto per Diodoro durante la spedizione Iolao fondò anche importanti città. Ma quali?
Pomponio Mela ci riferisce che tra gli abitanti più antichi dell'isola c'erano gli Iliensi (forse una versione degli Iolaei), e che fra le prime città ci furono Karalis e Sulci. Il passo sintetico forse lascia supporre che le due principali città dell'isola fossero in qualche modo legate a Iolao e ai suoi Iolaei\Iliensi.
Ma noi sappiamo che Karalis, in altre versioni, è fondazione di Aristeo, e anche Nora, fondazione di Norache, doveva essere stata già edificata all'epoca di Iolao. Se Karalis non va attribuita a lui, Sulci era fondazione di Iolao? O, semplicemente, vogliamo ricavare troppo dallo stringato passo di Pomponio, che vuole solo indicare due tipi di antichità (del popolo e delle due città), senza però voler stabilire un legame tra le due cose?
Gli altri autori non ci aiutano. Diodoro, l'abbiamo visto, è generico.
Pausania non chiarisce e anzi sposta addirittura l'attenzione dal sud dell'isola (il "capo di sotto") al nord (il "capo di sopra"). Per lui, infatti, le fondazioni urbane sotto i Tespiadi furono due: Olbia e Ogrille, edificata dagli ateniesi che partecipavano alla spedizione in onore di uno di loro, chiamato Ogrillo.
Solino, autore del III secolo d.C., ribadisce la fondazione di Olbia da parte di Iolao, ma aggiunge che l'eroe fondò "altre città greche". Ma quali?
In conclusione intuiamo che per il mito la vera urbanizzazione della Sardegna, più o meno sistematica, va fatta risalire a Iolao e ai Tespiadi: essi fondarono Olbia e "altre città", ma non è dato sapere con sicurezza quali.

Tra gli edifici, oltre alle "tholoi" e ai tribunali, gli autori ricordavano i ginnasi, le palestre tipicamente greche. Ce li ricorda Diodoro insieme agli altri edifici, ma altri autori ci danno qualche informazione in più.
Un commento a un'ode di Pindaro riporta un precedente commento fatto da Didimo. Sì, proprio il letterato che ispirò il "Didimo Chierico" di Foscolo. Didimo avrebbe detto che a Tebe, nel ginnasio di Iolao, gli Eraclidi svolgevano delle gare in memoria di Anfitrione, il padre putativo di Eracle. Iolao stesso faceva in quelle occasioni delle onoranze funebri in onore di una persona lontana ma "in realtà il ricordo di Iolao era rivolto alla Sardegna".
Cosa significa questo passo riportato da un commentatore di un commentatore?
Sembra di intuire, assieme alle altre informazioni che abbiamo, che il culto eroico di Iolao era legato ad attività sportive. E questo non è strano: i giochi funebri in onore di un personaggio illustre erano la norma nel mondo eroico. Ma possiamo spingerci a dire che le gare erano una caratteristica specifica di Iolao, e che per questa ragione gli autori mettono l'accento sulla presenza in Sardegna di ginnasi creati dal figlio di Ificle? In fondo non dobbiamo dimenticare che nella prima edizione delle Olimpiadi e poi nei giochi in onore di Pelia, Iolao fu il vincitore della gara più prestigiosa, quella della corsa col carro.

Il nostro giramondo Pausania, parlando di Tebe, riferisce come nella città sorgessero un ginnasio e uno stadio, davanti alle porte Pretidi. Lì, secondo i tebani, si trovava l'heroon di Iolao. Insomma: la tomba eroica di Iolao era ancora una volta legata a gare sportive.
Eppure gli stessi tebani, sempre secondo Pausania, riconoscevano che le vere tombe di Iolao, dei Tespiadi e degli Ateniesi andati con loro, si trovavano in Sardegna.
A questo punto occorrerà narrare cosa sia accaduto ai nostri protagonisti dopo il grande periodo della colonizzazione.
Ve lo racconteremo nel prossimo post.