domenica 30 maggio 2010
MITOLOGIA INDIANA - Avatar non su Pandora! 10
Siamo ormai alla fine delle nostre dieci "fatiche" mitiche. Ormai rimangono solo due Avatara di Vishnu, forse i più particolari della serie (anche se Narashima e Vamana non scherzano!), sicuramente i più anomali: Buddha e Kalki.
Forse qualcuno sarà stupito di trovare Buddha tra gli Avatara di Vishnu... Ma come? Il Buddhismo non nasceva proprio come "nuova via" oltre le illusioni del rito induista, e proprio per questo fu "cacciato" dal subcontinente indiano, dove rimase come religione marginale?
In realtà il modo di pensare occidentale trascura la capacità di assorbimento, di armonizzazione degli "opposti" che invece è propria della cultura indiana e indù in particolare: non dimentichiamo che anche Gesù Cristo, per alcuni gruppi, è l'ennesimo Avatara di Vishnu!
Così è vero che Siddharta Gautama (che nasce indiano, induista e Kshatrya, cioè appartenente alla casta dei guerrieri), diviene Buddha l'Illuminato, colui che fonda la filosofia di vita (solo dopo religione) che conquisterà il cuore del re Asoka dei Maurya e che metterà a serio rischio il primato dell'induismo nell'India stessa.
Ma l'induismo ha la sua vitalità, e passa al contrattacco, e il miglior modo è proprio quello di fare del nemico un alleato: anzi, una parte del proprio sistema, una parte limitata da questa assimilazione, e per questo stesso fatto, reso innocuo.
In fondo Gautama si era comportato così come tutti gli Avatara di Vishnu: aveva lottato contro il male (anche se di questo "male" facevano parte i brahmini e, in un certo senso, le divinità induiste classiche), per restaurare il Dharma, la Legge fiaccata da insegnamenti decaduti e da dogmi ormai vuoti e ossessionanti.
E soprattutto era un personaggio amato a livello popolare: come accadrà con alcune divinità pagane divenute santi cristiani, i teologi brahmini troveranno con l'escamotage dell'Avatara la conciliazione che permetterà loro di non scontentare il popolo, e insieme di non avere un pericoloso rivale, ancora più forte in caso di contrapposizione netta.
Con questo approccio, la carica rivoluzionaria dell'insegnamento di Gautama Buddha viene neutralizzata.
Egli stesso diventa un Avatara di cui parlare poco (compare nel Matsya Purana e nella Bhagavata Purana), da confondere con altri Buddha della tradizione ("Buddha", in fondo, significa semplicemente "colui che ha raggiunto l'illuminazione"... quale essa sa), di cui dare immagini induizzate e "normalizzate", che mostrano il Buddha circondato dagli dei che aveva respinto nella sua predicazione, o come uno yogin, a ricordare la necessaria origine induista della sua illuminazione.
Alcune piccole note...
Già nel Rig-Veda (i testi più antichi dei vedanta) esisteva un Buddha, figlio di Soma e Tara (la moglie infedele di Brihaspati), identificato col pianeta Mercurio.
Nell'elenco degli Avatara talvolta Buddha è sostituito da Balarama, il fratellastro di Krishna. Come abbiamo già raccontato, infatti, secondo alcuni gruppi Krishna sarebbe più che un Avatara, ma il vero e proprio Vishnu sceso sulla Terra.
E' ormai divenuto un classico il paragone tra Buddha nei suoi rapporti con l'induismo, e Gesù Cristo nei confronti dell'ebraismo: tanto il Buddha quanto il Cristo sembrano contestare la decadenza della tradizione più che la tradizione stessa, e porsi come coloro che completano e rivelano un messaggio che ha perso la sua primitiva direzione.
Si dice che il brahmano sia per il Buddha quel che il fariseo è stato per Gesù: per il Dhammapada il brahmano può essere un buon brahmano o uno stolto, esattamente come il fariseo nel Vangelo.
lunedì 17 maggio 2010
MITOLOGIA INDIANA - Avatar non su Pandora! 9
E veniamo all'ultimo "vero" grande Avatara di Vishnu, il dio del Kali-Yuga dove viviamo anche noi, ovvero Krishna il Nero.
In realtà è l'ottavo Avatara, ma Buddha sarà coansiderato tale per un compromesso religioso con i vertici politici, e Kalki... beh, Kalki è un'altra storia.
Dalle Upanishad e il Mahabharata, fino al diciassettesimo secolo, Krishna amalgama diversi aspetti spesso contraddittori (qualche studioso azzarda che sia la sintesi di almeno quattro diversi personaggi), dal sublime al licenzioso, dalla riflessione teologica e spiritualizzata alla favola popolare.
E se Rama è il dio puro degli ariani del Nord, Krishna è un dio misto, appartenente all'intera India.
La sua nascita è favolosa, anzi: favolistica. Siamo ormai alle soglie della nostra era, la terribile Era Nera (Kali Yuga), il periodo della decadenza in attesa dell'età dell'oro che darà l'avvio del nuovo ciclo.
E la decadenza e l'intrigo sono le caretteristiche dell'ambiente di ascita di Krishna: la corte di Mathura, dove il re Kansa, usurpatore del trono del proprio padre, con poteri di stregone devasta talmente la Terra che essa invoca Vishnu di salvarla dalle sue grinfie.
Nel frattempo Kansa ha ricevuto la profezia che sarebbe stato ucciso da uno degli otto figli di Vasudeva, marito di sua cugina.
Così il re fa uccidere i primi sei nipoti, ma non riesce ad eliminare Balarama, figlio di Vasudeva e Rohini, né Krishna, figlio di Vasudeva e di Devaki, cugina di Kansa stesso: Krishna verrà infatti scambiato con una bimba, e dopo un attraversamento rischioso del fiume Yamuna gonfio dai monsoni, verrà portato dal pastore Nanda presso cui crescerà come mandriano.
Sopravvissuto ai tentativi di Kansa di eliminarlo per mezzo di demoni, Krishna cresceva, diventando celebre per la sua abilità nel suonare il flauto e nelle sue piccanti avventure con le pastorelle (le Gopi) e in particolare Radha.
Divenuto un grande guerriero, sconfigge non solo varie tribù nemiche, e infine uccide Kansa.
A questo punto le sue vicende si innestano nella grande vicenda del Mahabharata, la guerra tra i cugini Panduidi contro i Kauravidi per il trono. Krishna cerca porima di mediare, poi combatte accanto ai Panduidi, camuffandosi da cocchiere di Arjuna, il principale campione dei figli di Pandu.
Krishna non combatterà direttamente la guerra: egli si limita a dare consigli ad Arjuna. Essi sono esplicitati e sintetizzati in un canto del Mahabharata, il Bhagavad Gita o "Canto del Beato", il vertice dell'insegnamento vishnuita.
La vittoria dei Panduidi consentirà la restaurazione dell'ordine e della Dharma.
Krishna troverà la sua morte secondo il computo indiano nel 3102 a.C., quando i suoi sudditi, gli abitanti della città di Dvarka, si danno a tutti i vizi, e nell'ubriachezza si uccidono ta loro.
Anche Balarama muore: dalla sua bocca esce un grande serpente bianco che si dirige verso l'Oceano, scomparendo.
Krishna stesso rimane immobile nello Yoga a meditare sulle disgrazie del suo poplo, viene ucciso per sbaglio da un cacciatore, che lo colpisce con una freccia al calcagno, unico punto vulnerabile dell'Avatara. Il dio lasciò quindi il suo corpo da Avatara e tornò alla sua forma immortale.
Subito dopo Dvarka sprofonda nell'Oceano, la stirpe di Krishna si estingue come era stato predetto, e il mondo entra nella Kali-Yuga.
Alcune piccole note...
Il salvataggio del neonato Krishna ricorda altri miti di bimbi "salvati dalle acque": Sargon di Akkad, Mosè, Romolo e Remo, Perseo...
C'è chi dice che in realtà l'ottavo Avatara di Vishnu sarebbe Balarama, fratellastrio e compagno di avventure di Krishna. Krishna, infatti, non sarebbe un vero e proprio Avatara, ma Iddio "completo" sceso in terra, e quindi sarebbe trascendentalmente superiore agli Avatara stessi.
Si sostiene, inoltre, che il serpente uscito dalla bocca di Balarama alla morte di questi, sarebbe in realtà Ananta, il serpente dalle molte teste che sorregge Vishnu nel suo aspetto di Anantasayin.
Non c'è bisogno di ricordare quale altro personaggio mitico, coinvolto in una grande guerra, fosse vulnerabile solo a un tallone, e morì per una freccia...
domenica 16 maggio 2010
MITOLOGIA INDIANA - Avatar non su Pandora! 8
Con il settimo (Rama) e l'ottavo (Krishna) Avatara di Vishnu entriamo in un territorio vasto e, per così dire, minato.
Vasto perchè la letteratura sui due principali Avatara del Ripristinatore è vastissima: basti solo dire che a Rama è dedicato uno dei due grandi poemi epici dell'india Antica, cioè il Ramayana; e che Krishna occupa una parte molto importante nell'altro garnde poema, l'immenso (e non solo in termini di lunghezza!) Mahabharata.
Minato perchè ancora oggi milioni (anzi: centiania di milioni) di indù vedono ancora oggi in loro non solo un'Avatara, ma un modello, una divinità a sè stante (se questo termine ha un senso nell'induismo), il compimento di un ideale divino. Essi sono il dio nella storia.
Rama e Krishna sono il compimento delle incarnazioni storiche di Vishnu, e con la loro figura emerge e viene definita una volta per tutte la caratterizzazione ideale per gli Indù.
Ci limiteremo, dunque, per entrambi a descrivere i tratti essenziali del mito.
Rama (o Ramachandra) è l'eroe divino del Nord, è il simbolo degli Kshatriya, i guerrieri. Ne consegue che si contrappone a Parasurama (il "Rama con la scure"), il brahmano del Sud. Rama è Vishnu sceso sulla terra a conquistare tutto il subcontinente indiano, compresa l'isola di Sri Lanka, per portare il Dharma (la Legge) degli Arya indù nelle terre dell'Adharma, dei barbari del Sud. Egli porta a compimento ciò che negli antichi miti era stato il compito di Aryaman il Nobile, di Indra e di Vishnu-Hari.
Il mito "definito" di Rama ricalca le tracce delle vicende dei precedenti Avatara: nel Treta-Yuga (il "secondo periodo", l'era degli eroi) l'ordine cosmico è minacciato dal re-demone Ravana. Questi ha ottenuto da Brahma il dono dell'invulnerabilità agli attacchi di dei e demoni, e con esso spadroneggia la Terra a partire da Lanka, sterminando io rishi (santi uomini) e distruggendo gli altari degli dei, e umilia gli dei costringendoli al suo servizio (Vayu dio del vento spazza le sale del suo palazzo; Kubera, dio della ricchezza lo rifornisce d'oro; Varuna, dio delle acque, gliele porta; Agni, dio del fuoco, è il suo cuoco).
Nel frattempo Nord un vecchio re senza figli, Dasaratha, regna su Ayodhya, dopo aver combatturto accanto agli dei contro i demoni: durante una battaglia era stato gravemente ferito e solo le cure della moglie Kaikeya avevano salvato il re da morte certa; per riconoscenza il re aveva promesso alla sua sposa di esaudire due suoi desideri.
Dei e uomini agiscono insieme, secondo le mosse di un destino che si svelerà col tempo: gli altri dei pregano Vishnu di liberarli da Ravana, proprio mentre il vecchio re Dasaratha compie il "sacrificio del Cavallo". Il pio re getta la sua offerta nel fuoco-Agni, e subito si forma una figura armata con un arco d'oro, che invita il vecchio re a dare l'offerta alle sue tre mogli, così che possano finalmente generare
Da questo rito al re nasceranno non uno, ma ben quattro figli dalle tre mogli del re: Rama da Kausilya, Bharata da Kaikeya, Lakshmana e Satruga da Sumitra; i quattro fartelli saranno sempre idealmente uniti, ma Rama è l'Avatara di Vishnu, e solo Lakshmana lo accompagnerà nelle sue imprese.
Dopo uccisioni di diavolesse fatte da bambino, Rama fa il suo apprendistato, prima da santo (nell'eremitaggio del Rishi Visvamita) e solo dopo, e quasi a malavoglia, lascerà la via della saggezza per quella della guerra. E' infatti il saggio Visvamitra a portare il giovane Rama alla corte del re Janaa, per concorrere alla mano della bella Sita, nata da un solco arato e adottata dal re.
Per sposare la principessa occorreva superare una prova, lo swayamvara: solo chi avesse sollevato l'arco di Shiva e fosse riuscito a scagliare una freccia con esso avrebbe avuto la mano di Sita. Solo Rama ci riuscì, anzi con la sua forza spezzò l'arco divino.
Il padre a questo punto lo voleva incoronare erede e re, ma la moglie Kaikeya gli ricordò il giuramento fatto all'epoca della guerra contro i demoni, ed espose le sue richieste: che Rama andasse in esilio ep quattordici anni, e che la corona passasse a Bharat. Seppur sconvolto, il re non venne meno al suo giuramento, ed esiliò Rama.
L'esilio di Rama non fu solitario: con lui andarono Sita e il fedele fratello Lakshman. Fu una vita di meditazione e di lotte contro i demoni. Alla morte per crepacuore di Dasharata, Bharat propose al fratello di prendere il trono, ma Rama rifiutò proprio per onorare la promessa del padre, e Bharat dichiarò quindi che avrebbe regnato in vece del fratello.
Tra le varie imrpese compiute nell'esilio, nel bosco di Dandaka, Rama mutilò il demone Supnaka. Questi, per vendicarsi, chiese aiuto a suo fratello Ravana. Il re-demone, dalle dieci teste e dalle venti braccia, si precipita sulla selva sul suo carro volante Pushpaka, vede Sita, la desidera e la rapisce.
A questo punto Rama va alla ricerca di Sita. Armato dell'arco Dhanu, il miglior arco del mondo, e con l'aiuto del fratello Lakshmana, Rama va verso Sud, dove si guadagna la stima e l'alleanza delle popolazioni locali, ma anche di Sugriva, il re delle Scimmie.
E sarà proprio un generale-scimmia, Hanuman, dopo una missione da "spia" in territorio nemico a scoprire dove è tenuta prigioniera Sita: la sposa di Rama si trova a Lanka, nel ciurore del regno di Ravana. E' ancora Hanuman a concepire il piano che porterà all'assalto finale: le sue scimmie costruiscono un ponte tra l'India e Lanka, così che Rama possa attraversare il mare e affrontare Ravana, con il suo esercito arricchito dagli orsi di re Jambavan.
La battaglia fu furiosa, Rama rischiò di morire a causa della freccia fatata lanciata da Indrajit, figlio di Ravana, ma fu salvato dall'intervento di Garuda, il "veicolo" di Vishnu. Alla fine Ravana stesso dovette uscire ad affrontare i suoi nemici, sicuro della propria invulnerabilità: ogni volta che Rama gli colpiva una delle sue dieci teste, staccandogliele dal corpo, esse ricrescevano. Solo una freccia dritta al cuore lo abbatterà definitivamente.
Ma la saga non finisce qui: per senso dell'onore Rama non può riprendere con sè Sita, poichè non è possibile stabilire con certezza che ella gli sia stata fedele durante la prigionia. Allora Sita fa preparare una pira, per immolarsi come una vedova al funerale del marito nel rito del Sati: ma Agni, che consuma le vedove, la ridà illesa al marito.
la prova della fedeltà di Sita è ormai indubitabile: Rama è re di Lanka, Hanuman e gli dei esultano per la vittoria e Rama e Sita potranno tornare gloriosi ad Ayodhya a regnare felici.
Alcune piccole note...
La cerimonia nota come "Sacrificio del Cavallo" (asvameda) è una affermazione della sovranità universale dei re indù: il cavallo da sacrificare veniva lasciato libero di andare dove volesse per un anno (metà anno, secondo alcuni commentatori) prima di essere sacrificato; se entrava in territori vicini, il re doveva fare di tutto epr sottometterli. Se ne volete sapere di più, potete consultare questa pagina (in inglese).
Il giuramento di Dasaratha alla moglie ripete lo schema tipico della "promessa incauta" che abbiamo già visto altrove nel mito di Vamana (vedi le note).
Si dice che il liquore dato da Vishnu nella fiamma a Dasaratha fu così distribuito tra le sue mogli: metà a Kausilya (che generò Rama) e l'altra metà alle altre due. Lakshmana è così anche egli una parte di Vishnu, ed è una figura "minore" solo al fratello, di cui è un duplicato. nnell'iconografia indiana compare spesso accanto a Rama e Sita, come triade che quasi sempre è umilmente adorato da Hanuman.
Sita, la "figlia della terra" è considerata un Avatara di Lakshmi, la moglie di Vishnu.
Da Bharat discenderanno i Panduidi e i Kuruidi, i due gruppi di cugini che si affronteranno nella grande guerra narrata nel Mahabharata e che vedrà protagonista tra gli altri il successivo Avatara di Vishnu, cioè Krishna. Il nome stesso dell'Unione Indiana (Bharat Ganarajya) deriva da lui.
La prova dello swayamvara per poter sposare la principessa ricorda alla lontana la prova che i Proci dovettero affrontare per sposare Penelope: tendere l'arco di Ulisse. Si tratta forse del residuo di un antico rito (o mito?) indoeuropeo?
In fondo, per Robert Graves il nome Ulisse\Odisseo (l' "iroso") si riferisce al volto rosso del re sacro (I miti greci, 170, 11), e Shiva ha preso gli attributi del dio vedico "Rudra"... ovvero "il Rosso cinghiale del cielo"!
Non dimentichiamo che anche Eracle, per poter sposare Iole, dovette battere il padre Eurito a una gara di tiro con l'arco: si dice che l'arco di Eurito fu dato da suo figlio Ifito ad Odisseo, e sarebbe proprio quello l'arco usato per la strage di Proci.
Il carro Pushpaka e l'arco Dhanu sono due delle "quattordici cose desiderabili" nate dal"frullamento dell'Oceano".
Alcune versioni cingalesi descrivono Ravana come un re giusto che lottò per difendere le sue terre dall'assalto di Rama invasore. Per altre sette indù egli, invece, è il male assoluto. Il demone "buono" si ritrova anche nella figura del re Bali, ucciso da Vamana Avatara.
Alcune versioni successive del mito non hanno l'"happy end" che tanto piace agli sceneggiatori di Bollywood: si dice che il geloso Rama ripudiò di nuovo Sita, e che lei, dopo anni di esilio, morì inghiottita dalla terra da cui era venuta. Rama ne restò amareggiato fino alla morte.
venerdì 14 maggio 2010
EPIC MOVIE - Ma il titano dov'è?
Ok, è un remake.
Ok il cinema non è propriamente un aedo che canta accompagnato dalla cetra.
Ok, l'hanno fatto gli americani, che quanto a Liceo Classico sono messi abbastanza male.
Ok tutto quello che volete, ma "Scontro di Titani" è proprio... brutto!
Cosa dobbiamo dire per giustificare questo nostro velato giudizio?
Che il 3D ci sta a fare poco o niente e che è stato aggiunto solo perchè va di moda ed evita che il film finisca in qualità decente su Torrent trenta secondi prima che esca nelle sale? (e chi ha il pessimo gusto di scaricarselo, tra l'altro?)
Che l'armatura di Zeus (un residuo da "Excalibur" di Boorman) sbrilluccica in certe scene ed in altre no?
Che ci sono buchi di sceneggiatura per cui ci sono un sacco di "frasi fighe" lanciate ("sorriderò quando sputerò in faccia a un dio" o "digli che sono stati gli uomini", "perchè non mi amano più?") ma non riprese nè nelle scene nè nei dialoghi conclusivi?
Che, a proposito dei dialoghi e delle "frasi fighe" credo che la corona poetica dei giochi Nemei possa andare all'immortale sceneggiatore che ha scritto "C'è ancora un semidio in città!".
Che Pegaso (che ci fa Pegaso a metà film????) prima è nero (il film è Warner Bros, attenzione a non far pubblicità alla Columbia Tristar neppure indirettamente!) e poi marrone?
Che a Perseo viene profetizzata una morte che non si realizza manco in versione Neo-di-Matrix?
Che a proposito di Perseo, l'espressività degli attori è davvero eccelsa (specie quelli modellati in 3D)?.
Che ci siamo stancati delle scene di pseudo-azione che sembrano finalizzate solo a un videogioco del film?
Che gli sceneggiatori hanno guardato troppo, nell'ordine:
1) Star Wars (i sarbipodi e i banta)
2) Il Signore degli Anelli (gli Ent, il mostrone che sembra un Troll delle caverne, Argo in versione Minas Tirith...)
3) Macbeth di Orson Wells (per le Graie\Norne\Streghe)
4) Hercules della Disney (per il ruolo di Ade cattivone) e forse i vecchi cartoni di Hercules di Hanna e Barbera (sì, quelli dove un indisponente satiro accompagnavo Superman con il gonnellino e combattevano contro uno cattivo vestito come l'Ade del film)
5) 300 (per tutto il resto)
6) Harry Potter che ha ispirato il nome di uno dei compagni di Perseo, ovvero tal Draco (figlio di Lucius, temo) e Ralph Finnies nel ruolo del Cattivissmo, colui-che-non-si-deve-nominare... ehm, scusate, del Dio degli Inferi...
7) Evil Dead 2 per la mano che si trasforma (o si sono ispirati alla famiglia Addams? Dubbi che solo la Pizia può togliere!)
8) temo il film originale, di cui mi sono perso la visione per inderogabili impegni istituzionali.
E per fortuna non hanno visto Troy (che invece, per mia sfortuna, vidi per la non retroattività di certe leggi sul legittimo impedimento)!
Ma passiamo al lato mitico, che poi è quello che ci interessa in questa sede.
Sono Ammerigani, l'abbiamo detto. Quindi i loro ricordi da High Schol non vanno oltre un'infarinatura di astrologia e di letteratura anglosassone.
Ecco dunque che il titolo inganna un po'. Che c'entrano i Titani se al pippone iniziale ci viene già detto che sono stati sterminati? Che c'entra il nordico Kraken (il Kraken???? e il povero\la povera Ketos???), le Graie chiamate Norne (e con un occhio che è tanto simile all'Occhio di Odino delle storie di Thor della Marvel dell'era pre-Simonson), gl zingari combattenti con accento balcanico (ma questo può essere colpa dei nostri doppatori), gli scorpioni giganti del deserto e i Djinn arabi di libera reinvenzione?
Ok, il Kraken c'era già nel film originale. Ok, appunto. Fonti attendibili da consultare...
Gli errori sono numerosi ed evidenti. Ma il nostro sceneggiatore dice: a che pro mettere un Pegaso che nasce dal tronco decapitato di Medusa e che poi finisce nel film di Bellerofonte, perché nel mito originale scompare? (Uuuuh! Che nome lungo! Come si fa a chiamare un protagonista "Bellerofonte"? "Jack" suona meglio!). Quindi lo mettiamo prima, così come avevano fatto quelli del film originale.
Spostiamo Cefeo ad Argo, se no incasiniamo il pubblico. Acrisio non diventa parente di Perseo: Danae sarebbe la figlia di Acrisio nel mito, ma un babbo USA non fa cose come mettere figlia e nipote in un'arca e gettarla a mare... meglio trasformare Acrisio in un marito cornificato, bruciato, calibanesco, reputato morto e pure blasfemo. E già che ci siamo, evitiamo di turbare giovani menti e togliamo la trasformazione di Zeus in pioggia dorata (sì, lo so che tutto ciò è torbido... ma è il mito!) e usiamo il solito trucco dell' "mo' assumo l'aspetto di Anfitrione... ehm, di Acrisio" che fa tanto concepimento di Eracle.
Inventiamoci un'assistente immortale, cioè Io, cioè miticamente un'antenata di Perseo trasformata in vacca per esserci stata con Zeus (togliamo però il riferimento alla vacca, chissà cosa penserebbero le giovani menti).-
Già che ci siamo togliamo quasi del tutto Ditti (qui divenuto, non si sa perchè, Spyros), Polidette, Danae sopravvissuta, l'uccisione involontaria di Acrisio da parte del nipote, i sandali alati (beh, secondo gli sceneggiatori forse erano inversomili...) e trasformiamo Medusa in un serpentone dalla terminazione femminile, e diamoa , perseo una banda di spartani per-Termopili che sono destinati ad essere carne da macello fin dalla prima inquadratura.
E poi il cattivo... Da Hercules della Disney arriva dritto dritto Ade. La logica è ovviamente 100% made in USA. Se Ade gestisce l'Inferno, è ovviamente l'equivalente greco di Satabna (a proposito: nel film si parla di "peccati"... GHHHHHHHHHHHHHHHHHH!). Quindi è ovviamente il cattivo. E siccome è il fratello di uno Zeus imbecille e desideroso di affetto ("gli uomini mi devono amare!"), ecco che complotta per togliergli il potere e prendersi l'Olimpo.
Ovviamente l'Ade classico stava benissimo nel suo regno, anzi pare disertasse le riunioni degli dei perchè poco intressato...
Quanto agli alleatid el cattivo, un guru indù che predica sacrifici umani mi sembra ridicolo solo come definizione, quindi stendiamo un velo pietoso.
Infine la trama d'amore. Ok, gli eroi greci avevano altri motori dell'azione, ma eccheccazz! Vado ad affrontare Medusa, sconfiggo il mostrone\Kraken e manco mi sposo con Andromeda! E' anche vero che la bellissima Andromeda del mito è interpretata da una ragazza caruccia ma che non può rivaleggiare con le altre donne del film (perfino medusa e la sua servetta sono ben più "hot"), ma che Perseo rinunci al matrimonio, all'assunzione in cielo "solo" per rimanere sulla Terra ed essere un semplice umano (benchè adorato come un dio!) etc etc etc, a noi mitofan sembra decisamente un po' troppo.
In conclusione: un film miticamente (ma anche filmicamente) sballato, che come già accadde con Troy, non rilancerà il genere di peplum mitologici.
E, benchè sappiate bene come siamo favorevoli alla reinterpretazione del mito, al mito non aggiunge proprio niente.
Alcune piccole note...
Pare che il regista abbia trovato come fonte di ispirazione uno che di mitologia greca e precisione filologica se ne intende. Cioè Masami Kurumada, l'autore de "Saint Seya" (da noi "I cavalieri dello Zodiaco")... ogni ulteriore commento è superfluo.
Pare che faranno un sequel... Oh, Zeus, fulminali!
domenica 2 maggio 2010
A VOLTE SI RITROVANO... - Testi mitici
C'è poco da fare: ciò che si legge nell'infanzia rimane più impresso.
Meno distratti, più "affamati" di conoscenza, senza i filtri dell' "utilità" o del "poco tempo" che tanto tolgono al piacere della lettura, le letture giovanili si fissano ben più delle scoperte "intellettuali" da adulti.
Così, ve lo confesserò, un Borges mi prende tutto il cuore e tutta la mente, e vorrei tanto aver avuto la sua cultura, il suo modo di scrivere, e la sua capacità di portarmi in un mondo magico... che però purtroppo svanisce poco dopo la lettura.
Adoro Borges, mi fa sentire tanto bene mentre lo leggo, ma lo dimentico facilmente, e certo non per la difficoltà della sua lettura (col tempo ho letto cose che voi umani non avreste mai immaginato...).
Al contrario ricordo bene (mi piacerebbe dire "benissimo") i favolosi libri della collana "Dei ed Eroi della Mitologia" editi dalla Mondadori 25 anni fa: grande formato hardcover, splendide illustrazioni in bianco e nero e grandi tavole a colori...
Su quelle pagine lisce ho conosciuto le saghe vichinghe, e ho letto per la prima volta la storia dello Scimmiotto, e mi sono chiesto perchè le genealogie delle divinità egizie fossero meno precise di quelle greche. E mi sono arrabbiato perchè il libro sulla mitologia romana non aveva tutti i miti che ricordavo di aver letto in ultima pagina del fascicolo "Conoscere insieme" del "Giornalino" della Editrice San Paolo.
Aprire quei libri era ogni volta (perchè li divorai tante volte...) un entrare in un mondo mitico ed epico avvolgente, coinvolgente, appassionante. Una introduzione epr ragazzi della mia età al magico mondo del mito che, lo scoprivo proprio su quelle pagine, non era solo quello greco.
Bellissimo.
Mi feci regalare tutti quelli della "prima ondata" della collana, tranne quello sulla Mitologia Greca: per anni mi sono giustificato di quella scelta perchè ricordavo di averlo sfogliato in libreria, e avendo scoperto che lì si dava il nome "Iolao" a una donna (sic!) che avrebbe aiutato Eracle contro l'Idra di Lerna, disgustato da tanta superficialità (eccheccazz! Non poteva essere in disaccordo con il fondamentale "Il Grande Libro della Mitologia Greca e Romana" sempre della Mondadori!), rifiutati di comprarlo (anzi: rifiutai di insistere perchè me lo comprassero).
Anni dopo mi accadde di vedere in libreria altri volumi della serie "Dei ed Eroi", forse una "seconda ondata"...
I miti Celti! I Russi! Addirittura dell'India!
Ma la penuria finanziaria (all'epoca incominciavo a comprare i libri da solo...) e un certo pensare che erano libri troppo "per bambini" (le idiozie di quando si hanno quindici anni!), mi spinsero a lasciar perdere.
Poi nulla per anni, anche quando la mia senescenza mi spingeva, invece, a voler recuperare ciò che in fanciullezza avrei desiderato.
Infine poco tempo fa, l'epifania! In una biblioteca scolastica (benedette le biblioteche scolastiche, che come le benedettine abbazie medioevali nascondono tesori di carta spariti in qualunque alto luogo), ecco riapparire la collana!
Incompleta, ahimè (manca la Mitologia russa... grrr!), ma con preziosi testi come "Dei ed eroi della Mitologia Celtica", "Dei, spiriti e re della Mitologia Africana", "Dei, profeti e geni della MItologia Araba" e "Dei, santi ed eroi della mitologia Indiana".
Ovviamente, vista la mia già citata anzianità, me li sto procurando uno ad uno e li leggo forse non con la stessa immersione nel fantastico di quando ero piccolo, ma con un po' di quella chimica che mi faceva sentire tanto bene nella scoperta di tanti modi di raccontare.
E così eccole qui, le copertine di questo tempo ritrovato che sono i volumi sula mitologia Araba, Africana e Celtica.
L'indiana mi aspetta la prossima settimana, la russa... Se non è come l'araba fenice o come libri favolosi, prima o poi lo troverò!
Dovessi prendere la nave Argo o volare sulle ali di Pegaso per farlo!
PS: il libro della Mitologia Greca c'è, ovviamente. E a venticinque anni di distanza, ho scoperto che la memoria dei bambini è implacabile: "Iolao" è davvero dato come nome alla "donna" (ri-sic!) che aiuta Eracle contro l'Idra di Lerna!
Vergogna sui redattori disattenti, e certezza che, quasi sicuramente, quel libro non lo prenderò!
Sgrunt!